Dai fichi bifari al melo cannamele: in Sicilia un vivaio custodisce 180 antichi alberi da frutto

 

Il primo passo verso il vivaismo è stato l’incontro con il direttore dell’Orto Botanico di Palermo, che regala loro le prime varietà di frutti antichi siciliani raccolti grazie ad una ricerca durata tre anni.

Così ci venne in mente – spiega La Placa – di realizzare un campo da collezione di tutte queste piante nelle Madonie”.

Nel 2013 in cooperativa rimangono in quattro: La Placa, Vittorio Li Puma, Vincenzo David e Damiano Cerami.

Ad un certo punto qualcuno ci fece riflettere su una cosa: senza una gemma di una pianta rara, tipo per esempio il Melo Cannamele, e qualcuno in grado di innestarlo quella pianta si sarebbe comunque estinta anche se i semi venivano conservati”.

Così nel 2014 arriva la decisione di creare il vivaio e si avviano le pratiche per le varie autorizzazioni.

Oggi sono 180 le varietà di piante: pero, mandorlo, ciliegio, pesco, melo e susino raccolte in lungo e in largo per la Sicilia. I soci della coop sono diventati i custodi di un patrimonio di frutti antichi e tradizionali della Sicilia: alcune sono rari e preziosi.

Un lavoro che è anche antropologico e di ricerca: negli anni i componenti della coop hanno parlato con tantissimi anziani contadini per raccogliere la storia di una serie di frutti a rischio estinzione.

Morto l’anziano agricoltore, muore la pianta e muore un pezzo del patrimonio culturale di biodiversità“, spiega La Placa.

Una volta ad esempio cercavamo una varietà di susino, chiamato Coscia di Monaca visto nei libri di botanica – racconta l’agronomo – ma nessuno la conosceva; individuammo un anziano di 85 anni, era cieco ma però ricordava perfettamente il luogo dove era possibile trovare la pianta, e così fu.

L’abbiamo riprodotta e adesso la conserviamo.

Un’altra volta ci chiamarono da Pollina perché c’era l’ultimo esemplare di pero cannatieddo che aveva 250 anni.

Un esemplare bellissimo, anche in quel caso lo abbiamo riprodotto.

Qualche giorno fa abbiamo scoperto che quell’albero è morto e senza il nostro intervento si sarebbe persa per sempre quella varietà”.

(Articolo di Alessia Rotolo, pubblicato con questo titolo il 25 dicembre 2020 sul sito online “Ambiente & Veleni” del quotidiano “Il Fatto Quotidiano”)

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