Nato, il 2% del Pil alle armi costerà 73 mld l’anno in più

Oggi 19 Paesi hanno budget inferiori alle richieste dell’Alleanza. Per adeguarsi a Berlino servono altri 17,9 mld annui, 12,9 a Madrid e 11,2 a Roma

Di NICOLA BORZI, IL FATTO QUOTIDIANO 30 MARZO 2022

Un aumento di 81,4 miliardi di dollari l’anno, 73,3 miliardi di euro al cambio corrente. A tanto ammonterebbe la maggior spesa militare dei 19 Paesi della Nato che non hanno ancora portato le proprie uscite per la difesa al 2% del Pil se, come richiesto nello scenario di base dall’Alleanza Atlantica, si allineassero alle richieste dell’organismo militare di Bruxelles. I tre membri dell’Organizzazione transatlantica che dovrebbero aumentare in maniera maggiore i propri investimenti sarebbero la Germania (+17,9 miliardi di euro l’anno), la Spagna (+12,9 miliardi) e l’Italia, con un incremento della voce di 11,2 miliardi l’anno. Il dato emerge dalle statistiche sul bilancio della Nato pubblicate l’11 giugno dell’anno scorso con i valori di contabilità nazionale aggiornati al 2 giugno 2021. La voce di eserciti e armamenti, se portata al 2% del Pil, per questi 19 Paesi varrebbe 281 miliardi di dollari (253 miliardi di euro). Le cifre per il 2020 e il 2021, sia in termini di Prodotto interno lordo nazionale sia di spese militari di ciascuno dei 29 Paesi dell’Alleanza, erano basate su stime.
Per l’Italia, allinearsi ai desiderata dell’Alleanza guidata dal segretario generale Jens Stoltenberg (nella foto) – come richiesto al governo da due ordini del giorno: uno approvato alla Camera e l’altro accolto ieri dall’esecutivo in Senato – avrà un costo estremamente rilevante. Se si mette a confronto l’aumento prospettico della spesa militare di Roma coi 222,1 miliardi delle risorse messe in campo dal Pnrr per il periodo 2021-2026, a parte i finanziamenti Ue a tassi agevolati – pari a 122,6 miliardi – e i 30,6 miliardi del piano complementare previsto dal decreto del 6 maggio 2021, l’Italia potrà contare su 68,9 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto in sei anni. Ma in un’analoga durata di sei anni, se già da quest’anno portasse la spesa militare al 2% del Prodotto interno lordo, il governo dovrebbe mettere in campo ulteriori uscite militari per una somma superiore agli aiuti del Recovery Plan, ovvero 74,7 miliardi. Il tutto, si badi, in base ai valori previsti per il 2021 ma potenzialmente anche crescenti, in funzione ovviamente dell’andamento dell’economia nazionale. In totale, nell’arco di sei anni – dunque su un orizzonte temporale comparabile a quello del Piano nazionale di ripresa e resilienza – se le uscite italiane per la difesa giungessero stabilmente al 2% richiesto dall’Alleanza atlantica ammonterebbero in totale a 253,3 miliardi, più del totale delle risorse disponibili per rilanciare il Paese dopo la recessione dovuta all’emergenza pandemica e per garantirne il futuro economico sul fronte sociale, su quello ecosostenibile e sulla svolta digitale.
Altri 10 Paesi della Nato, invece, già lo scorso anno avevano spese militari superiori al 2% del Pil. A svettare è a sorpresa la Grecia che, in proporzione al proprio Prodotto interno lordo nazionale, nel 2021 spendeva in armamenti addirittura più degli Usa, con il 3,82% del Pil pari a investimenti nella difesa per 7,2 miliardi di euro l’anno. Un salasso, per le striminzite casse di Atene da anni alle prese con l’austerità dovuta alla crisi del debito sovrano e alle misure draconiane imposte dalla Troika. Interventi che però non hanno impedito alle forze armate greche di continuare un poderoso programma di riarmo, anche alla luce delle tensioni mai cessate con un vicino altro membro della Nato, la Turchia. Per questo la Grecia ha fatto incetta, anche negli ultimi anni segnati dalle pretese crescenti dei creditori e dai tagli al welfare, di 170 Panzer Leopard I e 223 carri armati Leopard II dismessi dalla Bundeswehr tedesca (costati 2,1 miliardi), 18 caccia francesi Rafale (valore 2,5 miliardi) per la propria Aeronautica militare, tre fregate francesi della classe Belharra (di valore ignoto) e 2 sottomarini tedeschi al costo di 1,3 miliardi per la Marina. Guardacaso i principali fornitori di armi di Atene rappresentavano anche i principali creditori: la scelta del riarmo greco pare dunque non essere stata frutto di pura volontà autonoma.
Nella classifica, com’è ovvio, svettano gli Usa che sebbene nel 2021 spendessero per il budget del Pentagono “solo” il 3,52% del proprio Pil mettevano comunque sul piatto, in valore assoluto, oltre 811 miliardi di dollari (730 miliardi di euro), pari al 69% dell’intero bilancio della Nato. Notevole anche il Regno Unito che nel 2021 ha speso 65,5 miliardi di euro, il 2,29% del Pil.

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