Chernobyl, per ora infondato l’allarme sulla radioattività

CRISI UCRAINA. Il rapporto di Petro Kotin di Energoatom parla di livelli alti ma non dannosi per la salute. L’Aiea valuta l’invio di un team per verificare la reale situazione e ridisegnare le mappe degli hotspot dopo che il terreno è stato smosso

DI PIERGIORGIO PESCALI, IL MANIFESTO 12 APRILE 2022

L’Agenzia ucraina per la gestione della Zona di esclusione di Chernobyl ha denunciato che dai due laboratori dell’Istituto di sicurezza della centrale nucleare sarebbero state rubate 133 sostanze radioattive utilizzate per le operazioni di calibrazione degli strumenti, oltre a diversi campioni di prelievi ambientali. La notizia dei giorni scorsi del furto, del saccheggio e degli atti vandalici compiuti da parte delle forze russe non è nuova. La stessa agenzia ucraina, già il mese scorso aveva inviato un rapporto all’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) in cui notificava la distruzione di apparecchiature presenti nei laboratori e del furto di sostanze in essi presenti, tra cui campioni radioattivi. L’AIEA aveva però valutato che l’incidente non presentava rischi radiologici significativi in quanto, stando alla lista delle sostanze ufficialmente dichiarate e conservate a Chernobyl, non vi sono campioni con attività radioattiva tale da mettere in pericolo la salute umana.

ANCHE L’ANNUNCIO fatto da Valeriy Simyonov, ingegnere capo della sicurezza alla centrale di Chernobyl, secondo cui un soldato russo appartenente all’unità NBC (Nucleare, biologica e chimica) avrebbe manipolato una sorgente di cobalto-60 senza adeguate protezioni è poco significativo: campioni di tal genere vengono maneggiati quotidianamente senza problemi nei laboratori radiologici e nei reparti di medicina nucleari nelle strutture ospedaliere. Più che il tipo di sostanza trattata, in questo caso è importante indicare il suo utilizzo e l’intensità dell’attività da essa emessa; informazioni che non sono state comunicate da Simyonov.

Notevolmente ampliato, probabilmente a scopo propagandistico, è stato anche l’allarme, ripreso da New York Times e Bbc, lanciato dal ministro dell’Energia, German Galushchenko (non nuovo a questo genere di comunicazioni), secondo cui soldati russi avrebbero assorbito radiazioni tali da non lasciare loro più di un anno di vita. Pochi giorni prima, un altro funzionario, Yaroslav Yemelianenko, direttore dell’agenzia Chernobyl-Tour e membro dell’Agenzia ucraina per la gestione della Zona di esclusione aveva invece affermato che alcuni soldati erano stati colpiti da SAR (sindrome da radiazione acuta) e inviati al centro di medicina nucleare di Gomel, in Bielorussia. Entrambe le notizie sono state ridimensionate anche sulla base di video rilasciati dalla televisione ucraina a seguito della visita di Petro Kotin, presidente dell’Energoatom nella zona della Foresta rossa, l’area più contaminata di Chernobyl al di fuori dal sito nucleare. Le trincee scavate dai russi (in realtà spianamenti del terreno per installare depositi e magazzini di materiale) sono state realizzate ai margini della Foresta rossa in cui il livello di radiazioni è relativamente basso. Sono aree regolarmente visitate da turisti e da scienziati sino a pochi giorni prima che le truppe di Mosca varcassero la frontiera ucraina entrando dalla Bielorussia.

SECONDO TIM MOSSEAU, biologo e professore di ecologia alla University of South Carolina che dal 2000 studia gli effetti delle radiazioni ionizzanti sugli organismi viventi a Chernobyl e Fukushima, «anche calcolando la radioattività massima presente nella Foresta rossa non si avrebbero effetti sulla salute neppure in caso di permanenza continua per un mese». La tesi di Mosseau è confermata anche da Kathryn Higley, professoressa di Scienze e ingegneria nucleare alla Oregon State University e vicepresidentessa della Commissione internazionale per la protezione radiologica, la quale spiega che, anche restando un mese nella zona scavando e campeggiando, il rischio di prendersi un cancro a lungo termine è comunque «molto, molto basso».

CHE LE NOTIZIE inquietanti provenienti da Chernobyl siano da prendere con le pinze lo dimostra anche il rapporto redatto dallo stesso Kotin, in cui attesta che la radioattività misurata nella zona è di 3,2-4 microSv/h (35 milliSv/anno, pari a 5 TAC). Livelli alti, ma non tali da causare danni gravi alla salute nel breve-medio periodo (il limite oltre il quale si ha evidenza di un rischio di aumento di cancro è di 100 mSv/anno).
Nello stesso documento si legge che anche il deposito centrale che raccoglie i rifiuti nucleari, più volte dichiarato danneggiato durante il periodo di occupazione russa, è in realtà intatto e che tutte le attrezzature sono funzionanti.

L’AIEA sta ora valutando assieme alle autorità ucraine la possibilità di inviare a Chernobyl un team di esperti per verificare la reale situazione della zona e ridisegnare le mappe degli hotspot, quelle zone ristrette dove si concentrano i radioisotopi. La presenza militare e il continuo passaggio di mezzi pesanti hanno infatti smosso parte del terreno liberando nell’atmosfera i radioisotopi (in particolare stronzio-90 e cesio-137) che si sono depositati sul terreno in punti differenti da quelli segnalati oggi.

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