Ue in pezzi sul greggio russo. E il gas si pagherà “in rubli”

La guerra energetica alla Russia pare già sopita

DI VIRGINIA DELLA SALA, IL FATTO QUOTIDIANO, 17 MAGGIO 2022

La guerra energetica alla Russia pare già sopita. Bruxelles ha fatto sapere che si potrà continuare a pagare il gas di Mosca senza violare le sanzioni e, dopo ormai 13 giorni dalla sua presentazione, non è arrivata a un accordo sul sesto pacchetto di sanzioni, che prevede l’embargo del petrolio russo. La Commissione Ue venerdì ha inviato alle aziende petrolifere una nota in cui precisa che si può aprire un conto bancario presso Gazprombank, ma a patto che i pagamenti non avvengano in Rubli. Un decreto del Cremlino obbliga infatti gli importatori dei Paesi “ostili” a saldare gli acquisti di gas ricorrendo a due conti presso Gazprombank, uno in euro/dollari e uno, appunto, in rubli. Inoltre considerava conclusa la transazione solo nel momento in cui si fosse concluso il cambio.
La bozza delle linee guida della Commissione Ue, però, sembra chiarire che, per non infrangere le sanzioni, alle aziende basterà pagare in euro o dollari, come previsto dai contratti, e dichiarare che con quel versamento avranno adempiuto ai propri obblighi, lasciando ai russi la conversione in rubli. Un modo, insomma, per dare un via libera ‘ufficiale’ ai colossi europei (l’italiana Eni compresa) di procedere ai pagamenti senza però chiarire cosa succeda dopo. Nelle scorse settimane, Gazprom aveva assicurato che la valuta estera ricevuta sarebbe stata cambiata in rubli tramite conti del National Clearing Center russo, senza apparentemente coinvolgere la Banca Centrale (per non violare le sanzioni), mentre a fine aprile la banca centrale aveva chiarito che se gli acquirenti di gas stranieri avessero pagato in buona fede in valuta estera, il gas avrebbe continuato a fluire anche se Gazprombank non fosse riuscita a convertire quei fondi in rubli. Era anche stato stabilito un tempo massimo per la conversione: due giorni lavorativi nel tentativo di alleviare le preoccupazioni dell’Ue sul fatto che i pagamenti potessero essere considerati un prestito alla banca centrale. Tanti equilibri la cui tenuta si vedrà solo strada facendo.
Manca invece un compromesso sul sesto pacchetto di sanzioni. Bruxelles vive alla giornata, che inizia prospettando un accordo imminente e si chiude con l’ipotesi che non veda mai la luce: è il balletto andato in scena ieri al vertice dei ministri degli Esteri dell’Ue. “Faremo il massimo per sbloccare la situazione, ma non posso garantire che si arrivi ad un accordo perché le posizioni sono abbastanza forti – ha detto l’Alto rappresentante per la politica estera Ue Josep Borrell – il mio ruolo non è assegnare le colpe ma costruire il consenso”. In pratica, l’Ungheria non ha ancora cambiato idea, la proroga di due anni concessa per l’embargo del petrolio dalla Russia non hanno sortito effetto, così come l’assicurazione della solidarietà tra Stati in caso di crisi energetica. “L’Europa oggi non ha mezzi per affrontare il conflitto – ha detto ieri il primo ministro Viktor Orban – Sulla carta è possibile che le sanzioni possano mettere in ginocchio la Russia ma, per quanto mi sforzi di ricordare, non mi viene in mente un blocco continentale efficace. In compenso, ho visto come chi lo ha introdotto abbia fallito”. Poi ha aggiunto che “l’Ungheria non bloccherà le sanzioni dell’Ue purché non rappresentino un rischio per la sicurezza energetica ungherese. La guerra durerà a lungo e rappresenterà un rischio permanente”. La dichiarazione pare alzare il tiro nell’attesa della presentazione, domani, del piano RepowerEu che con i suoi 200 miliardi dovrebbe potenziare gli obiettivi del Green Deal nell’ottica dell’emancipazione da Mosca ma al tempo stesso anche inserire dettagli su come garantire a Orban i fondi che chiede: almeno 15 miliardi e l’esenzione del greggio via oleodotto. Kiev non ha preso bene il flop delle trattative. “Non posso credere che il sesto pacchetto di sanzioni sia approvato senza l’embargo al petrolio”, ha detto il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba.

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