Il cambiamento necessario del nostro paesaggio

AMBIENTE. Se non vogliamo correre il rischio di estinguerci, dobbiamo modificare i criteri di valutazione accettando che il Paesaggio futuro sia diverso da quello attuale

DI ENZO SCANDURRA, IL MANIFESTO, 2 GIUGNO 2022

La Comunità scientifica internazionale, nelle sue varie articolazioni (Ipcc, Cop), è ormai unanime nel ritenere che l’energia del futuro non possa che essere di provenienza solare, pena l’apocalisse climatica. La Transizione ecologica prevede che nel 2030 il 72% dell’energia elettrica dovrà provenire da fonti rinnovabili. Del resto la biosfera, il luogo unico dell’universo (conosciuto) dove si è sviluppata la vita, è opera del sole (fotosintesi). Il sole è l’unica centrale nucleare (a fusione) che produce energia pulita e rinnovabile da miliardi di anni, e lo farà ancora per molti altri ancora.

Dunque il Paesaggio prossimo futuro sarà caratterizzato dall’abbandono delle energie fossili, dalla scomparsa delle ciminiere delle grandi fabbriche, da motori silenziosi che anziché produrre CO2 lasceranno sull’asfalto scie d’acqua (motori a idrogeno). E da campi sterminati che da lontano sembrano laghi ma che in realtà sono distese di fotovoltaici. E come nei paesaggi di don Chisciotte, nelle campagne si vedranno pale meccaniche sulle vette delle montagne sferzate dal vento.

La prospettiva di un cambio di Paesaggio, come altri ce ne sono stati in passato, letti e interpretati dai grandi narratori che annunciarono i cambiamenti allora appena visibili. Baudelaire, per esempio ne Le Fluers du Mal e Benjamin ne Les Passages descrissero le grandi trasformazioni di Parigi, e poi a Poe col suo fantastico racconto dell’Uomo della folla, per primo descrisse l’anonimato della folla che invadeva le città. I primi due inventarono una nuova figura, il flaneur, personaggio emblematico delle città in via di modernizzazione a cavallo del XIX e XX secolo. E l’avvento dell’illuminazione elettrica certamente cambiò di molto il paesaggio quotidiano degli abitanti della città moderna.

Per arrivare ai nostri giorni, dove anche il paesaggio agrario sta cambiando, in parte per le direttive comunitarie (giuste o no che siano), in parte per i fenomeni di migrazione verso la costa: ormai più della metà degli abitanti mondiali vive nelle grandi città.
Il Paesaggio cambia, è sempre cambiato, sia nelle grandi città che nelle campagne. E ora siamo costretti a cambiarlo ancora e con urgenza, questa volta.

Quello che chiamiamo Paesaggio è un processo di adattamento e coevoluzione tra uomo e ambiente e dunque modificabile nel tempo. Se non vogliamo correre il rischio di estinguerci allora dobbiamo modificare i nostri criteri di valutazione accettando che il Paesaggio prossimo futuro sia diverso da quello attuale. Se non lo facciamo comunque questo Paesaggio futuro sarà diverso ma in un modo che non ci piacerà perché ci vedrà soccombere all’apocalisse.

Molti, onesti sostenitori delle ragioni dell’ambiente, trovano inaccettabili le caratteristiche che dovrà avere il nuovo Paesaggio. Eppure si tratta di una sfida nuova che potrebbe risolversi in una nuova coevoluzione tra uomo e ambiente.
Qui la parola resilienza (presa in prestito dalla scienza metallurgica) non ha più senso. Non si tratta di adattarci, più o meno drammaticamente, alle nuove e più sfavorevoli condizioni climatiche. Si tratta di pensare un ambiente rinnovato che ci ri-allinei con le leggi della natura, un ambiente che finalmente trae la sua energia dall’unica fonte rinnovabile: il sole. E forse non erano così infondate le leggende degli antichi che dicevano che siamo figli del Sole. Già nel 1931 Edison affermava: “Metterei miei soldi nell’energia solare. Che formidabile fonte di energia! Spero non dovremo aspettare la fine delle riserve di petrolio e di carbone prima di poterla utilizzare”.

Proprio quello che sta accadendo non tanto per l’esauribilità dei fossili (che comunque prima o poi si realizzerà), ma anche per la dipendenza dei paesi europei dai giacimenti di altri paesi e ancor di più per la produzione di CO2 principale causa del riscaldamento planetario.

Dopo la sbornia delle magnifiche sorti e progressive, la specie umana “scopre” che continuare a disseppellire i fossili è uno stupro alla natura, oltre che una tecnica pericolosissima che rischia di alterare gli equilibri del pianeta (effetto serra).

Ma non basta passare alle rinnovabili se i gruppi che ne controlleranno la gestione saranno gli stessi che per anni hanno estratto i fossili (Enel, Eni, ecc.). Per avere successo occorre una partecipazione ampia di tutte le associazioni di base, delle Comunità energetiche presenti sul territorio, le uniche in possesso della sapienza necessaria per dimensionare e collocare gli impianti nei luoghi opportuni, senza deturpare i territori.

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