Oggi, nei paesi sviluppati, la maggior parte delle emissioni urbane di CO2 viene da due settori: l’edilizia e i trasporti. Dato che il 60-70% delle emissioni globali è generato dalle città, per centrare l’obiettivo europeo del taglio del 55% entro il 2030, sono questi i due settori su cui puntare. Per quanto riguarda gli edifici, le emissioni derivano principalmente dai consumi per il riscaldamento e, per ridurli occorre ridurre le dispersioni di calore, cioè cappotto e infissi più isolanti. Ma non basta, l’altro passo è la sostituzione della caldaia con la pompa di calore perché è molto più efficiente. L’ultimo passo è quello di mettere un impianto fotovoltaico capace di produrre tutta o in parte l’energia elettrica occorrente per il riscaldamento con la pompa di calore (e il condizionamento, se c’è). In questo modo, se il consumo annuale di energia elettrica per la climatizzazione eguaglia la produzione annuale mediante l’impianto fotovoltaico, le emissioni di CO2 sono azzerate. Ulteriore vantaggio è che tutti questi interventi (cappotto, infissi performanti, fotovoltaico), ormai si ripagano in pochi anni, grazie alla riduzione, quasi azzeramento, della bolletta energetica. Bolletta energetica che oggi è sentita come particolarmente pesante specie per i meno abbienti, per quali costituisce una larga fetta del bilancio familiare. Secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Italiano sulla povertà energetica, 2,2 milioni di famiglie (l’8,7% del totale) nel 2017 si trovavano nelle condizioni di povertà energetica, cioè non erano in grado di riscaldare adeguatamente le loro abitazioni e/o erano in ritardo nel pagamento delle bollette del gas e dell’elettricità. Le cose non sono certo migliorate oggi, specialmente a causa degli effetti economici della pandemia. Vantaggio ambientale, quindi, vantaggio economico e vantaggio sociale combinati, e a questo mira il bonus detto del 110%, che permette di fare tutte le trasformazioni necessarie senza alcun investimento, che è a […]