Articolo di Tomaso Montanari pubblicato con questo titolo il 25 agosto 2014 su “Il Fatto Quotidiano” Tomaso Montanari Il tempo liberato dell’estate permette di viaggiare: nello spazio, e dunque anche nel tempo. Usciamo dalle nostre città, anche se solo per qualche giorno, ed abitiamo in luoghi che conosciamo un po’ di meno. E che quindi riescono a tenere viva la nostra curiosità, la nostra voglia di imparare. Quante storie raccontano i paesi di mare, che attraversiamo di corsa, cercando la spiaggia! In Maremma, per esempio, a pochi chilometri, nell’interno, da uno dei più famosi luoghi di mare toscani (Castiglion della Pescaia) sorge la minuscola Vetulonia. Nel 1840 – quando questo paesino si chiamava Colonna di Buriano – fu ritrovato a Cerveteri (non molto più a sud) un bassorilievo romano che rappresentava la città etrusca di Vetulonia. Era stata una città famosa, quella: gli storici antichi dicevano che alcuni simboli del potere imperiale romano, li avevano inventati proprio i re etruschi di Vetulonia. Tra di essi il fascio littorio (simbolo della giustizia, ma destinato a un futuro terribile) e la sella curule, una specie di sgabello pieghevole che oggi si chiama faldistorio, anche se lo usa ancora quasi solo il papa. E allora, dov’era finita Vetulonia, che gli etruschi chiamavano Vatl? Ebbene, il 27 maggio del 1880 Isidoro Falchi (un medico col pallino dell’archeologia) visitò Colonna, e capì che proprio quel paesino maremmano sperduto poteva essere stato una delle città più famose dell’antichità. I suoi scavi lo dimostrarono anche agli increduli: e nel 1887 «Umberto I re d’Italia rese a Colonna l’antico nome di Vetulonia», come ricorda ancora oggi una lapide. Ma cosa colpì la fantasia di Falchi, in quel giorno decisivo del 1880, quando mise piede a Colonna per la prima volta? Certo furono le mura formate da enormi […]