Lo Stato di Minas Gerais è conosciuto come il “quadrilátero ferrífero” per gli immensi scavi che divorano le montagne Tonnellate di materiale di scarto sono abbandonate senza regole: il governo è complice DI JEAN MATHIEU ALBERTINI, IL FATTO QUOTIDIANO, 13 GIUGNO 2022 Lo straripamento della diga della miniera di Pau Branco, a gennaio, ha rischiato di causare un’altra catastrofe come quella del 2019, quando il cedimento della diga di Vale della miniera di Brumadinho provocò la morte di 270 persone. Siamo nello stato brasiliano di Minas Gerais, una regione del sud-est che chiamano il quadrilátero ferrífero per le sue immense miniere che divorano le montagne. Qui l’andirivieni degli autocarri e dei pick-up delle società minerarie entra in contrasto con il verde dei pascoli e le lussureggianti aree boschive. La miniera di Pau appartiene a Vallourec, una società francese che produce tubi senza saldatura. Era l’8 gennaio 2022. Le piogge torrenziali hanno fatto danni in tutto lo Stato. Un’onda di fango è straripata dalla diga della miniera, portando con sé parte della struttura, e si è riversata sulla strada BR-040, inquinando due aree protette, ma senza fare vittime. “La diga era sul punto di cedere”, spiega a un giornale locale un responsabile dell’Agenzia nazionale delle Miniere (ANM).Nell’attesa dei risultati dell’inchiesta, Julio Grillo, ex direttore dell’Istituto brasiliano per l’ambiente e le risorse naturali rinnovabili (Ibama) di questo Stato, ritiene che è il cumulo di residui minerari di scarto ad aver ceduto, provocando lo straripamento della diga situata a valle. “Questi cumuli di rifiuti sono enormi, pesano diverse tonnellate, esercitando un’enorme pressione sul suolo. Serve una base ben preparata, un buon sistema di drenaggio… Le piogge intense non possono servire come pretesto – osserva –. Con la crisi climatica, questi episodi violenti si intensificheranno. Dobbiamo adattarci”. La diga di Pau Branco è costruita […]
admin
DI LUCA MERCALLI, IL FATTO QUOTIDIANO, 12 GIUGNO 2022 In Italia –Il Cnr-Isac comunica che maggio 2022, con 1,8 °C sopra media, è risultato il secondo più caldo nella serie termometrica nazionale iniziata nel 1800, ma solo pochi centesimi di grado sotto il record del maggio 2003, mentre è stato il più caldo in assoluto al Centro e al Nord. Inoltre, deficit semestrale di precipitazioni da dicembre 2021 di circa -45% nell’insieme del Paese e -50% al Settentrione. Giugno sta proseguendo con lo stesso stile, e l’ondata di calore nord-africano dello scorso weekend ha fatto stabilire nuovi primati di temperatura massima per il mese di 40,4 °C ad Alghero e 38,6 °C a Pescara. Al Nord il caldo precoce si è temporaneamente attenuato sotto correnti atlantiche che hanno innescato molti temporali, incapaci di ridurre la siccità padana data la loro diffusione irregolare, ma responsabili di danni per pioggia intensa, vento e grandine. Gli episodi più appariscenti hanno colpito domenica 5 dal Lago Maggiore al Bresciano (innumerevoli alberi abbattuti, interruzioni di strade e linee elettriche) e in Alto Adige (violenta piena del Rio di Ento a Ridanna, 80 mm di pioggia in un’ora). Altri nubifragi nel Comasco nella notte tra lunedì 6 e martedì 7, alluvionato l’abitato di Laglio con le stesse dinamiche del 28 luglio 2021. Giovedì i temporali si propagavano verso il Sud riportando le temperature nella norma anche lì per un paio di giorni. All’estremo Nord-Ovest invece il vento di foehn ha rinfocolato la siccità, che ora promette di aggravarsi ulteriormente con il tempo fattosi di nuovo rovente e asciutto. Venerdì 10 giugno è stata inaugurata la nuova sede di Lecce del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Cmcc), polo internazionale d’eccellenza per la ricerca su clima e oceani e la modellizzazione degli scenari futuri, grazie a una struttura […]
INTERVISTA AL SEGRETARIO FIOM. Il leader dei metalmeccanici Cgil: siamo l’unico paese che non affronta il passaggio all’elettrico: da Giorgetti solo incentivi all’acquisto. Noi sindacati siamo uniti: presto un’assemblea continentale dei delegati. Siamo un sindacato ambientalista, i lavoratori sono consapevoli di essere dentro un cambio storico DI MASSIMO FRANCHI, IL MANIFESTO, 10 GIUGNO 2022 Michele De Palma, da due mesi segretario generale della Fiom, il voto del parlamento europeo sullo stop ai motori endotermici dal 2035 ha provocato molte reazioni negative in Italia, sia da Confindustria che da Fim e Uilm. Voi siete il sindacato più ecologista fra i metalmeccanici: quale giudizio date?Siamo sicuramente il sindacato che punta di più sull’equilibrio ambiente-innovazione ma dobbiamo dirci la verità: il voto di mercoledì non cambia il quadro. Non ha senso imprecare contro l’Ue. È esattamente il contrario: noi in Italia avevamo già 67 milioni di ore di cassa integrazione nel 2021 e anche le grandi multinazionali (Volkswagen e Stellantis) avevano già deciso autonomamente di bloccare le produzioni con motori endotermici. Il problema è che l’Italia arriva tardi: nel passato la Fiat, nel presente il governo hanno rallentato la transizione verso l’elettrico. E l’Italia è l’unico paese europeo a non avere un piano per la gestire la transizione verso l’elettrico. A febbraio con Fim e Uilm e addirittura Federmeccanica formaste un’inedita alleanza per chiedere interventi al governo. Sono passati tre mesi ma i problemi sono rimasti.Sì, a quel grido di dolore il governo con i ministri Giorgetti e Cingolani ha risposto solamente prevedendo degli incentivi all’acquisto di auto. Nessun piano per la transizione: qualcuno evidentemente è rimasto sotto vuoto. Per questo ribadiamo la richiesta che ora sia palazzo Chigi, sia Draghi a convocare un tavolo sull’automotive per recuperare il ritardo accumulato e dare risposte ai lavoratori e alle imprese e gestire la transizione. Ma, […]
INTERVISTA AL PRESIDENTE DI LEGAMBIENTE, STEFANO CIAFANI. «Il governo dovrebbe investire su tutta la filiera: centraline, software, batterie per auto, bus e tir, impianti di riciclo. Di questo non sentiamo mai parlare il ministro Cingolani» DI ADRIANA POLLICE, IL MANIFESTO, 10 GIUGNO 2022 «La presa di posizione del ministro della Transizione ecologica Cingolani, rispetto al voto in Ue sullo stop della vendita dei motori endotermici entro il 2035, è incomprensibile e fa il paio con quello che disse un anno fa quando affermò che la transizione ecologica sarebbe stata un bagno di sangue per l’automotive»: a Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, le parole del ministro non sono piaciute. Perché la via «gradualista» del Mite non vi convince?Cingolani dovrebbe avere il coraggio di affrontare un’onda che sta montando: le grandi aziende stanno decidendo da sole quando smettere di produrre i motori endotermici, i cittadini in giro per il mondo si stanno orientando verso le auto a minori emissioni. Se stiamo fermi saremo travolti, se prendiamo coraggio proviamo a cavalcarla. Siamo un paese che, con altri, ha fatto la storia del settore nel secolo scorso, non si capisce perché il ministro continui a prendere tempo quando tempo non c’è. L’elettrico utilizza un numero inferiore di componenti rispetto all’endotermico e il 30% di manodopera in meno. C’è un tema occupazione?I lavoratori del carbone, quelli che facevano Tv col tubo catodico o telefonia analogica hanno ricollocato le proprie competenze sull’innovazione, lo stesso vale per l’automotive. I ministri dello Sviluppo economico, Lavoro e Infrastrutture con il Mite devono organizzare e gestire la conversione di produzioni e professionalità. C’è il rischio che l’Asia, più avanti su questo terreno, ci sottragga quote di mercato?Se andiamo avanti con calma, come vuole Cingolani, perdiamo la partita con le produzioni asiatiche e tedesche. Il governo deve lavorare alla filiera: dispositivi, […]
A SCOPPIO RITARDATO. L’anomalia del ministro della transizione ecologica DI GIULIANO SANTORO, IL MANIFESTO, 10 GIUGNO 2022 Dopo il voto del Parlamento europeo di mercoledì che ha approvato il bando per i motori a combustione delle auto a partire dal 2035 la palla passa ai ministri competenti. Si incontreranno il 28 giugno al Consiglio europeo. In seguito, prima della fine dell’anno, spetta a Commissione, Parlamento e ministri dei singoli stati cercare una sintesi sulle emissioni. Ciò significa che in questa fase per l’Italia il ruolo del pivot spetta al ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani. Cioè una figura dai tratti paradossali: la conformazione stessa della sua delega e la scelta della sua persona si devono a Beppe Grillo e al Movimento 5 Stelle, che ne fecero motivo dirimente per far nascere la maggioranza Draghi. È tuttavia evidente da tempo che su molti dossier Cingolani esprima sensibilità diverse dalla forza politica che lo ha espresso. IN QUESTA OCCASIONE ha manifestato vicinanza alla proposta dei popolari di attenuare il passaggio ai motori a zero emissioni. Tanto che è a lui che si appella, il giorno successivo, il vicepresidente del Ppe e coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani,. «Ho chiesto un incontro al presidente del consiglio – fa sapere Tajani – Chiediamo al governo di seguire Cingolani, che condivide quello che noi abbiamo votato al Parlamento europeo. Si può bloccare questa scellerata decisione della sinistra». Le destre contrappongono la ragione economica a quella ambientale. «Chi ha votato a favore di questo scempio vuole smontare il nostro sistema pezzo per pezzo e rappresenta un pericolo per il nostro paese», aggiungono i capigruppo della Lega Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo. L’ANOMALIA CINGOLANI balza agli occhi dei portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli ed Eleonora Evi: «È bizzarro vedere un ministro della transizione ecologica fare la guerra alla transizione […]
La riforma delle quote di Co2. Pressioni e scontri: va riscritta DI VIRGINIA DELLA SALA, IL FATTO QUOTIDIANO, 10 GIUGNO 2022 Anche se l’attenzione mediatica è stata assorbita dallo stop alle auto a diesel e benzina dal 2035, la bocciatura di mercoledì dell’Europarlamento alla riforma del sistema di tassazione delle emissioni di C02 (Ets, Emission trading scheme) è stata un duro colpo per l’immagine delle ambizioni ambientali dell’Ue. La proposta del pacchetto Fit for 55 dovrà infatti tornare in commissione Ambiente, i tempi si allungheranno (c’è chi dice che il riesame della proposta potrebbe non arrivare prima di settembre, ma in generale si punta a riuscire per luglio) e senza non potranno iniziare i negoziati con il Consiglio europeo. Lo stop, poi, si è esteso anche al Fondo sociale per il clima che è connesso alla riforma e che avrebbe dovuto essere alimentato dal 25% degli incassi dell’Ets nonché alla tassa alle frontiere sulle importazioni di prodotti ad alto contenuto di CO2, il cosiddetto Cbam, Carbon border adjustment mechanism, bocciato anch’esso.La frenata è ovviamente il frutto dell’attivarsi di diverse forze, quelle dei portatori di interesse e quelle dei Paesi in cui quegli interessi sono preponderanti, ancor più in un momento in cui governi e industrie affrontano la crescente preoccupazione per l’inflazione e l’aumento dei costi energetici. La riforma, ad esempio, prevedeva la graduale eliminazione delle quote gratuite di Co2 di cui beneficia la grande industria europea. Christian Ehler, un membro tedesco del Ppe (che era riuscito a far approvare un emendamento che la spostasse dal 2030 al 2034, portando così la maggioranza a preferire un testo bocciato anziché annacquato) ha ad esempio sostenuto che la sinistra “volesse promuovere un’agenda radicale” che avrebbe danneggiato l’economia europea. Altri, come Michael Bloss (Verdi, Germania) e Delara Burkhardt (S&D, Germania) si sono lamentati delle […]
L’allarme del direttore dell’AIE per il prossimo inverno. Il governo ha stilato una lista di misure e ha preallertato i prefetti DI MARCO PALOMBI, IL FATTO QUOTIDIANO, 10 GIUGNO 2022 Non siamo ancora lì, ma in giro se ne comincia a parlare e al più alto livello: non è affatto escluso che l’Europa debba razionare l’energia il prossimo inverno. Alla fine lo ha detto esplicitamente al Financial Times il direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia (AIE) Fatih Birol: “Se abbiamo un inverno rigido o lungo e non vengono prese misure di contenimento della domanda, non posso escludere il razionamento del gas in Europa, a partire dai grandi impianti industriali”.La tesi dell’AIE, in sostanza, è che se la domanda cinese sarà sostenuta, il conflitto in Ucraina continuasse a lungo e il meteo non ci venisse in soccorso ci troveremmo “corti” nelle forniture di gas (ma, bisogna aggiungere, a questi prezzi e con le sanzioni anche di prodotti petroliferi). Tanto più che Mosca ha già “staccato” il metano a Polonia, Bulgaria, Finlandia, Olanda e Danimarca: il piano RePowerEu prevede solidarietà intra-Ue sulle forniture e, in caso servano, pure razionamenti concordati a livello europeo.A chi ha buona memoria, questo ricorderà una frase di Mario Draghi di metà marzo: finora tutto bene, ma “se le cose dovessero peggiorare dovremmo sicuramente entrare in una logica di razionamento”. E le cose stanno peggiorando se non altro perché la guerra russa in Ucraina non accenna a finire e le sanzioni Ue hanno coinvolto il settore energetico: per questo, coordinati da Palazzo Chigi, alcuni ministeri – a partire da quelli della Transizione ecologica (che ha le deleghe all’energia), dello Sviluppo economico e dell’Economia – stanno mettendo insieme le modalità operative e i vari passi degli eventuali razionamenti. Niente di male, anzi un’iniziativa doverosa, che nel merito ricorda la famigerata […]
SARDEGNA. Nel 2001 il sindaco del comune sardo di Villaputzu, l’oncologo Antonio Pili, denunciava una incidenza elevata in misura anomala di tumori del sistema emolinfatico tra gli abitanti di Quirra, una frazione che allora contava 150 residenti, nei pressi del Poligono sperimentale di addestramento interforze di Salto di Quirra DI SERENA TARABINI, EXTRATERRESTRE-IL MANIFESTO, 9 GIUGNO 2022 Nel 2001 il sindaco del comune sardo di Villaputzu, l’oncologo Antonio Pili, denunciava una incidenza elevata in misura anomala di tumori del sistema emolinfatico tra gli abitanti di Quirra, una frazione che allora contava 150 residenti, posta nei pressi del Poligono sperimentale di addestramento interforze di Salto di Quirra. ATTIVO DAL 1956, è uno dei tributi più cari che la Sardegna paga al trono militare. A novembre 2021 si è concluso il processo dove 8 generali che hanno guidato il Poligono dal 2002 al 2010 sono stati assolti. Erano accusati di omissione dolosa aggravata di cautele contro infortuni e disastri per non aver interdetto le aree dove si svolgevano brillamenti e lanci di missili. In questi 20 anni si sono susseguite denunce, inchieste, archiviazioni, commissioni, perizie, monitoraggi, studi. Ma nonostante le evidenze della contaminazione e dei comportamenti illeciti che l’hanno provocata (discariche abusive, smaltimenti illegali, mancanza di bonifiche) l’inquinamento, le morti, gli infortuni, le malattie, le malformazioni sono rimasti senza colpevoli. UN DISASTRO AMBIENTALE e sanitario, quello di Quirra, documentato nel libro scritto a più a mani Ambiente e salute nel territorio del poligono interforze Salto di Quirra, pubblicato da Editori Riuniti. Un lavoro immane che attraverso la raccolta e l’elaborazione di moltissimi dati, testimonianze, informazioni, ricostruisce una vicenda lunga e tortuosa. Un libro che non sarebbe mai venuto alla luce se il biologo Mauro Cristaldi, che dei numerosi tecnici e scienziati che si sono occupati nel tempo di Quirra è stato il primo, non vi […]
ALIMENTAZIONE. Ogni italiano consuma 29 kg di pesce all’anno. Se fosse pescato solo nei nostri mari, le scorte finirebbero a marzo. Mediterraneo troppo sfruttato DI MICHELA MAZZALI, EXTRATERRESTRE-IL MANIFESTO, 9 GIUGNO 2022 A forza di raschiare il fondo del mare, ci troveremo con un pugno di sabbia in mano. Il pesce sta finendo, e non è una battuta ma la triste verità. Il mare è in grande sofferenza, sempre più malato, impoverito e preso d’assalto da più fronti: inquinamento, microplastiche, cambiamenti climatici, ma soprattutto una pesca sempre più intensiva che, utilizzando metodi impattanti come lo strascico, sta depauperando il mare a un ritmo molto più veloce di quanto questo sia in grado di rigenerarsi. I dati raccolti nel libro Il pesce è finito, di Gabriele Bertacchini, recentemente pubblicato, parlano chiaro: se noi italiani – si legge – dovessimo mangiare solo pesce che proviene dalle nostre acque, questo finirebbe intorno a fine marzo di ogni anno. Mentre un cittadino europeo l’avrebbe terminato i primi di luglio. Si chiama Fish Dependance Day ed è la data in cui le scorte interne di pesce si esauriscono. Un giorno che sta arrivando sempre prima proprio a causa di dell’ingordigia di un mondo che, complice il mercato globale, tratta il pianeta come un enorme supermercato nel quale basta pagare per soddisfare la voglia del momento, a prescindere da ciò che le risorse naturali sono effettivamente in grado di offrire. Bertacchini cita dati Fao che parlano di un consumo procapite di prodotti ittici in costante aumento, dai 9 chili all’anno nel 1961 ai 20 di oggi. «Tra acquacoltura e catture si parla di oltre centosettanta milioni di tonnellate complessive. L’Italia, secondo dati Ismea ed Eumofa, è uno dei paesi Ue che, a livello procapite, ne fa maggiore uso. Sommando pesci, molluschi e crostacei, ogni italiano ne ha consumati, […]
L’ARTICOLO. Gli habitat naturali dei poveri sono presi di mira dallo sfruttamento delle risorse DI WOLFGANG SACHS, EXTRATERRESTRE-IL MANIFESTO, 9 GIUGNO 2022 Èun’immagine che ha fatto la storia. Una foto, scattata dallo spazio, mostra la Terra illuminata dal sole, vortici di nuvole, con oceani e continenti chiaramente visibili. Eccola, l’unica e sola Terra, la casa di tutti noi. L’immagine del pianeta blu, riportata da una spedizione lunare, ha innescato il movimento ambientalista americano e poi mondiale. Venti milioni di americani sono scesi in piazza per la prima Giornata della Terra nel 1970 e, nel 1972, l’immagine era nella copertina del bestseller mondiale Rapporto sui limiti dello sviluppo del Mit e ha ispirato il logo della prima conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente a Stoccolma. Eppure, la foto distorce la nostra percezione. Non sono visibili persone, culture o società. Ha lanciato la narrazione di numerosi rapporti ambientali in cui noi – l’umanità – siamo di fronte al pianeta. Ma chi siamo noi? Non sorprende che la questione della giustizia non abbia avuto un ruolo negli anni ’70, né l’abisso che separa i paesi del sud da quelli del nord, né i diritti di esistenza delle persone che vivono direttamente della natura. Nella migliore delle ipotesi, ha avuto inizio il discorso della giustizia intergenerazionale sulla falsariga di «Abbiamo solo preso in prestito la Terra dai nostri figli» – che, in retrospettiva, è però stato un colossale fallimento. Al contrario, il discorso di Indira Gandhi a Stoccolma – in cui ha affermato che la povertà è il più grande inquinatore – risuona ancora oggi. A quel punto è diventato impossibile ignorare il punto dolente della politica ambientale – e con esso la questione della giustizia internazionale: il divario Nord-Sud. Non doveva essere risolto fino all’annuncio degli Obiettivi di sviluppo sostenibile nel 2015, che si applicano […]