L’allarme del direttore dell’AIE per il prossimo inverno. Il governo ha stilato una lista di misure e ha preallertato i prefetti DI MARCO PALOMBI, IL FATTO QUOTIDIANO, 10 GIUGNO 2022 Non siamo ancora lì, ma in giro se ne comincia a parlare e al più alto livello: non è affatto escluso che l’Europa debba razionare l’energia il prossimo inverno. Alla fine lo ha detto esplicitamente al Financial Times il direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia (AIE) Fatih Birol: “Se abbiamo un inverno rigido o lungo e non vengono prese misure di contenimento della domanda, non posso escludere il razionamento del gas in Europa, a partire dai grandi impianti industriali”.La tesi dell’AIE, in sostanza, è che se la domanda cinese sarà sostenuta, il conflitto in Ucraina continuasse a lungo e il meteo non ci venisse in soccorso ci troveremmo “corti” nelle forniture di gas (ma, bisogna aggiungere, a questi prezzi e con le sanzioni anche di prodotti petroliferi). Tanto più che Mosca ha già “staccato” il metano a Polonia, Bulgaria, Finlandia, Olanda e Danimarca: il piano RePowerEu prevede solidarietà intra-Ue sulle forniture e, in caso servano, pure razionamenti concordati a livello europeo.A chi ha buona memoria, questo ricorderà una frase di Mario Draghi di metà marzo: finora tutto bene, ma “se le cose dovessero peggiorare dovremmo sicuramente entrare in una logica di razionamento”. E le cose stanno peggiorando se non altro perché la guerra russa in Ucraina non accenna a finire e le sanzioni Ue hanno coinvolto il settore energetico: per questo, coordinati da Palazzo Chigi, alcuni ministeri – a partire da quelli della Transizione ecologica (che ha le deleghe all’energia), dello Sviluppo economico e dell’Economia – stanno mettendo insieme le modalità operative e i vari passi degli eventuali razionamenti. Niente di male, anzi un’iniziativa doverosa, che nel merito ricorda la famigerata […]
GUERRE
SARDEGNA. Nel 2001 il sindaco del comune sardo di Villaputzu, l’oncologo Antonio Pili, denunciava una incidenza elevata in misura anomala di tumori del sistema emolinfatico tra gli abitanti di Quirra, una frazione che allora contava 150 residenti, nei pressi del Poligono sperimentale di addestramento interforze di Salto di Quirra DI SERENA TARABINI, EXTRATERRESTRE-IL MANIFESTO, 9 GIUGNO 2022 Nel 2001 il sindaco del comune sardo di Villaputzu, l’oncologo Antonio Pili, denunciava una incidenza elevata in misura anomala di tumori del sistema emolinfatico tra gli abitanti di Quirra, una frazione che allora contava 150 residenti, posta nei pressi del Poligono sperimentale di addestramento interforze di Salto di Quirra. ATTIVO DAL 1956, è uno dei tributi più cari che la Sardegna paga al trono militare. A novembre 2021 si è concluso il processo dove 8 generali che hanno guidato il Poligono dal 2002 al 2010 sono stati assolti. Erano accusati di omissione dolosa aggravata di cautele contro infortuni e disastri per non aver interdetto le aree dove si svolgevano brillamenti e lanci di missili. In questi 20 anni si sono susseguite denunce, inchieste, archiviazioni, commissioni, perizie, monitoraggi, studi. Ma nonostante le evidenze della contaminazione e dei comportamenti illeciti che l’hanno provocata (discariche abusive, smaltimenti illegali, mancanza di bonifiche) l’inquinamento, le morti, gli infortuni, le malattie, le malformazioni sono rimasti senza colpevoli. UN DISASTRO AMBIENTALE e sanitario, quello di Quirra, documentato nel libro scritto a più a mani Ambiente e salute nel territorio del poligono interforze Salto di Quirra, pubblicato da Editori Riuniti. Un lavoro immane che attraverso la raccolta e l’elaborazione di moltissimi dati, testimonianze, informazioni, ricostruisce una vicenda lunga e tortuosa. Un libro che non sarebbe mai venuto alla luce se il biologo Mauro Cristaldi, che dei numerosi tecnici e scienziati che si sono occupati nel tempo di Quirra è stato il primo, non vi […]
IL CONFLITTO. Nord desertificato al 75% e sotto attacco jihadista, è caccia disperata ai nuovi pascoli a scapito delle popolazioni Yoruba del sud. Gli attacchi della Fulani Ethnic Militia trasformano un’antica diatriba in terrorismo DI FABRIZIO FLORIS, IL MANIFESTO, 7 GIUGNO 2022 Tra i principali indiziati dell’attacco alla chiesa di St. Francis ci sono i pastori Fulani/Peul, vasta comunità che si muove con le sue mandrie lungo tutto il Sahel e oltre, spesso in conflitto con gli agricoltori. Conflitto che in Nigeria, a partire dal 2010, si è trasformato in terrorismo con l’ascesa della Fulani Ethnic Militia (Fem), gruppo che non ha caratteristiche di movimento armato gerarchico con obiettivi ben definiti e strategie operative. Dato che la maggior parte dei Fulani sono musulmani e le comunità contadine sono spesso cristiane il conflitto è stato descritto spesso come religioso, altre volte etnico e in altri casi ancora “climatico”. In realtà è l’intersezione di più fattori che agiscono in termini di spinta (desertificazione), di attrazione (nuovi pascoli, mercati più ricchi) e di escalation (crescita per mancanza di un quadro istituzionale). TRA IL 1997 E IL 2018, sono attribuiti alla Fem, nella sola Nigeria, 1.082 attacchi che hanno causato 7.983 vittime: per capirsi nel 2018, le vittime di attacchi della Fem erano già più numerosi di quelli di Boko Haram. E mentre Boko Haram si concentrava principalmente negli stati nord-orientali del Borno, Adamawa e Yobe, la Fem ha colpito con i soi attacchi gli stati nordorientali di Bauchi, Adamawa, Gombe e le aree denominate Core South (regioni del sud-ovest, sud-est e delta del Niger). Questi attacchi sembrano inserirsi nelle aree dove vi sono dispute tra pastori e comunità agricole e tendono ad essere, secondo i ricercatori dell’Institute for Economics & Peace «opportunisticamente mirati e ben pianificati». All’origine del conflitto vi sarebbero in primis i […]
LA CRISI. Il Dipartimento di Stato americano: «Navi russe cariche di cereali rubati verso le coste africane, non dovete comprarli». Con 14 milioni di affamati solo nel Corno d’Africa DI ROBERTO ZANINI, IL MANIFESTO, 7 GIUGNO 2022 Il grano c’è, a milioni di tonnellate. Nei porti contesi tra Russia e Ucraina. Su camion che viaggiano verso la Russia, Su misteriose navi russe che spengono il transponder in mezzo al mare e non si sa più dove facciano prua. Nei depositi di stoccaggio dei grandi produttori mondiali, mai così pieni. Il grano c’è, ovunque. Ma non sulla tavola di milioni di abitanti di nazioni povere, per lo più in Africa e Medio Oriente. E’ la battaglia del grano, la carestia senza che manchi il cibo. Ed è appena cominciata. Ieri è stato annunciato un accordo preliminare tra Mosca e Kiev, con la mediazione della Turchia di Erdogan, per le 25 milioni di tonnellate di grano accatastate nei silos ucraini: genieri turchi smineranno il Mar Nero (minato dagli ucraini dopo l’invasione russa dei loro porti, dice Mosca) e potrebbero metterci un mese, poi la marina militare di Ankara scorterebbe i cargo dai porti ucraini catturati fino ad acque neutrali, e da qui versi i mercati della fame. Tra Bosforo e Dardanelli, secondo la Convenzione di Montreux del 1936, solo la Turchia decide chi più passare, e solo Bulgaria e Romania (rivieraschi e membri della Nato) potrebbero scortare i convogli. Per ora limitato a Odessa, l’accordo è stato annunciato dal giornale russo Izvestia come raggiunto tra Russia e Ucraina e dall’agenzia americana Bloomberg come raggiunto solo da Russia e Turchia. L’Ucraina in effetti non si fida. «Putin dice che non userà le vie commerciali per attaccare Odessa? È lo stesso Putin – afferma il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba – che diceva al […]
Bombe in Ucraina mentre il Pianeta boccheggia. Con grande fatica si era riusciti a portare i temi ambientali all’attenzione del mondo, ora il conflitto ha azzerato tutto DI LUCA MERCALLI, IL FATTO QUOTIDIANO, 5 GIUGNO 2022 Da oltre trent’anni a inizio giugno salgo ai tremila metri del Ghiacciaio Ciardoney, nel Parco nazionale del Gran Paradiso, per effettuare le misure d’innevamento: a questa quota la fine della primavera rappresenta il momento con il maggior spessore di neve dell’anno, tutta quella caduta dall’autunno precedente si trova accumulata in un materasso che di norma è spesso tra i due e i sei metri. È il nutrimento del ghiacciaio e costituisce la riserva d’acqua estiva per i fiumi padani. Non credevo ai miei occhi quando lo scorso primo giugno camminavo sulle pietre tra cespi di sassifraghe rosa già in piena fioritura: mai così poca neve caduta nell’inverno, mai una scomparsa così precoce, un mese e mezzo prima del normale.Per decenni abbiamo avvertito sulle conseguenze del riscaldamento globale, per decenni abbiamo osservato cambiamenti lenti e preoccupanti, ma poi improvviso come un ladro nella notte arriva l’evento estremo che trasforma le previsioni astratte dei grafici a computer in una dirompente realtà. Come i primi missili russi che all’alba del 24 febbraio esplodevano sulle città ucraine. E proprio questa assurda guerra è motivo di grande frustrazione per l’intera comunità scientifica che si occupa di transizione ecologica. Se con grandissima fatica, tra pandemia e interessi economici divergenti, si era comunque riusciti a portare i temi climatici e ambientali all’attenzione del mondo, ora quella consapevolezza, quel senso di urgenza, appaiono totalmente offuscati dalle cronache belliche e dai precari equilibri geopolitici del mondo. La guerra stessa è un potente agente distruttore dell’ambiente, dissipatore di risorse – metalli, esplosivi, carburanti – e produttore di emissioni e rifiuti, anche per quella che […]
MYANMAR. Il rapporto di Amnesty International: negli stati Kayin e Kayah omicidi, torture, detenzioni arbitrarie e già 150mila sfollati DI EMANUELE GIORDANA, IL MANIFESTO, 2 GIUGNO 2022 Già solo il titolo del rapporto dato ieri alle stampe da Amnesty International dice tutto: Pallottole piovute dal cielo: Crimini di guerra e sfollamento nell’Est del Myanmar. È un’indagine condotta da Amnesty nei due stati Kayin e Kayah nell’area orientale birmana al confine con la Thailandia, dove l’esercito (Tatmadaw) che risponde alla giunta golpista ha «sottoposto i civili Karen e Karenni a punizioni collettive attraverso diffusi attacchi aerei e terrestri, detenzioni arbitrarie che spesso sfociano in torture o esecuzioni extragiudiziali e il sistematico saccheggio e incendio di villaggi». Secondo AI, che ha parlato con un centinaio di testimoni e visitato la zona del confine, negli ultimi mesi Tatmadaw «ha commesso sistematicamente atrocità diffuse, tra cui l’uccisione illegale, la detenzione arbitraria e lo sfollamento forzato di civili». L’AZIONE DEI MILITARI è passibile dell’accusa di «crimini di guerra e probabili crimini contro l’umanità». Sono attualmente oltre 150mila gli sfollati in questi due soli stati «con interi villaggi svuotati e dati alle fiamme».Dal primo febbraio del 2021 il golpe militare che ha rovesciato il governo di Aung San Suu Kyi, la premier de facto, dopo che le elezioni le avevano garantito una ancora più solida maggioranza, ha riacceso la guerra in tutto il Paese dove, oltre all’esercito «regolare», ci sono decine di formazioni militari autonomiste della periferia da sempre in lotta col governo centrale. Una guerra che, dal golpe, si è nutrita del reclutamento volontario di migliaia di giovani birmani sia nelle file delle autonomie armate sia nei gruppi di autodifesa organizzati dal governo ombra clandestino (Nug). Secondo il sito Assistance Association for Political Prisoners a oggi si registrano 1.280 persone uccise dalla giunta e quasi 14mila arresti. […]
MIGRANTI. Ieri il «digiuno di giustizia» in solidarietà ai profughi di ogni guerra DI GIANSANDRO MERLI, IL MANIFESTO 2 GIUGMO 2022 «Giuste le inchieste sui crimini di guerra in Ucraina, anche se andrebbero fatte dopo, ma bisogna aprirne altrettante per ciò che accade nel Mediterraneo, in Libia e lungo le rotte africane. Anche i finanziamenti alle milizie e ai centri di prigionia sono crimini contro l’umanità». Padre Alex Zanotelli siede ai piedi del Pantheon davanti allo striscione «Digiuno di giustizia in solidarietà ai migranti». È venuto da Napoli per portarlo a Montecitorio, ma al piccolo presidio non è stata data l’autorizzazione. «Non è giusto negarci il diritto costituzionale di manifestare sotto il parlamento italiano contro le criminali politiche migratorie del nostro governo e della Ue», dice Zanotelli. Intorno a lui e alle altre digiunanti scorre l’ordinaria quotidianità del centro capitolino: selfie e turisti a passeggio. Fa caldo nel mezzo del secondo anticiclone subtropicale: «Scipione l’Africano» sta battendo «Hannibal» a colpi di gradi centigradi. Più che il sole, però, è il cambiamento climatico a preoccupare il padre comboniano. «Nel Sahel la desertificazione ha trasformato la terra in sabbia. Il pericolo più grande viene da questa crisi, maggiore di quella del grano. Molta gente non può coltivare più nulla. In quell’area, poi, c’è un grosso problema politico: si stanno creando le condizioni per un altro stato islamico», continua. Il digiuno del primo mercoledì del mese è praticato contemporaneamente da laici e religiosi, nei monasteri e nelle famiglie. «È un atto di protesta contro le politiche criminali e discriminatorie nei confronti dei profughi provenienti dall’Asia e dall’Africa, che fuggono da guerre spaventose come in Iraq, Siria, Afghanistan, Yemen, ma anche da Etiopia, Sud Sudan, Sudan mentre la Ue e l’Italia hanno subito aperto i confini per chi fugge dalla guerra in Ucraina», dicono gli […]
Incontro con Alex Zanotelli, una vita dalla parte degli ultimi: «Con una mano diamo aiuti, con l’altra vendiamo armi». Ucraina e non-violenza? «Dovevamo pensarci nel 2014» DI ASCANIO CELESTINI, IL MANIFESTO, 31 MAGGIO 2022 Pubblicato circa 10 ore faEdizione del 31 maggio 2022 Ascanio Celestini «È sbalorditivo questo fatto che siamo tornati di nuovo al concetto di guerra giusta. E soprattutto in difesa della civiltà occidentale. Io pensavo che certe cose le avessimo ormai digerite, e invece no».Sono le prime parole che pronuncia Alex Zanotelli, poi si interrompe, ci pensa e mi chiede se voglio un decaffeinato. Ringrazio. L’ho già preso al bar appena arrivato alla stazione di Napoli. Mentre accendo il registratore si mette seduto nell’angolo della stanzetta dietro al tavolino. Io dico «registro così posso usare proprio le tue parole». «Sì, sì, tranquillo» e riprende il discorso. «Papa Francesco è stato chiarissimo nell’enciclica Fratelli Tutti. Cioè che oggi con lo “sviluppo delle armi nucleari, chimiche e biologiche”, ma anche con la Cyberwarfare “si è dato alla guerra un potere distruttivo incontrollabile” ed è diventato assurdo “parlare di una possibile guerra giusta”. Così l’unico vincitore di questa guerra è il complesso militare industriale. Questa è la cosa veramente paradossale della nostra storia. Con il problema che se effettivamente la Russia viene incastrata è capacissima di usare l’atomica. Stiamo ballando letteralmente sul baratro di un’esplosione atomica e dell’inverno nucleare. Io non riesco a capire perché la gente non lo comprende». Caro Alex – gli suggerisco – la gente non lo comprende++++ perché non è facile spiegare che rispondere alla violenza con la violenza è un suicidio oltre che un omicidio. Le televisioni hanno cominciato subito dopo Natale a mostrare gli ucraini che si esercitavano coi fucili di legno e i ragazzini che preparavano le molotov. Era la storia di Davide […]
CARO PANE. La siccità, il cambiamento climatico, l’insicurezza, la pandemia e, oggi, il conflitto russo-ucraino, che ha chiuso l’ultimo canale cerealicolo, sta portando il continente sull’orlo del baratro. Secondo Oxfam le persone che soffrono la fame aumenteranno a 38 milioni entro la fine di giugno DI ANDREA SPINELLI BARRILE, IL MANIFESTO, 29 MAGGIO 2022 La scorsa settimana il sindacato dei fornai del Burkina Faso ha indetto una serrata in segno di protesta contro il blocco imposto dal governo sugli aumenti del prezzo del pane. In Burkina Faso una baguette da 200 grammi costa 150 franchi Cfa (circa 0,23 euro), un prezzo calmierato e uguale per tutti gli esercenti. Con il recente aumento del costo del grano d’importazione i prezzi all’ingrosso sono lievitati e gli artigiani non riescono più a fare fronte ai costi. Il sindacato dei fornai aveva deciso unilateralmente di aumentare il prezzo del pane, da 150 a 200 franchi (circa 0,30 euro) per ogni baguette, facendo montare una polemica enorme sui giornali e tra le associazioni di consumatori. IL GOVERNO di Ouagadougou, due giorni dopo, ha deciso di bloccare gli aumenti con un decreto legge, imposizione che ha portato i fornai a dichiarare uno sciopero per giovedì 26 maggio: «Siamo tra l’incudine e il martello: a monte il prezzo delle materie prime continua a salire e a valle abbiamo un decreto che fissa il prezzo del pane a 150 franchi. O aumentiamo i prezzi o chiudiamo i negozi» ha dichiarato a LeFaso Nina Sori, segretaria generale della federazione dei fornai. Giovedì mattina, la gendarmeria ha riaperto con la forza le panetterie e costretto i fornai non solo a tornare al lavoro ma a continuare a vendere il pane al prezzo di prima. Da settimane i fornai e il ministero del Commercio burkinabé discutono dell’impennata dei prezzi delle materie prime e dei modi […]
LE MACERIE DELL’UCRAINA. L’esercito russo ha raso al suolo alcune realtà urbane e produttive, ha inferto danni enormi a città e paesi, sventrato quartieri residenziali e villaggi rurali. DI PANCHO PARDI, IL MANIFESTO, 17 MAGGIO 2022 Solo una domanda: chi pagherà? Il presidente francese Emmanuel Macron ha riportato in primo piano il rilievo strategico dell’umiliazione: tutti i passi politico-diplomatici per spegnere la guerra e aprire il negoziato saranno efficaci solo se si vorrà evitare l’umiliazione di Putin. C’è saggezza in questo modo di guardare allo scenario bellico e alle possibili soluzioni, ma ce ne vorrà altra per stabilire i termini del negoziato. Sempre che Putin non preferisca invece una guerra di lunga durata. Ma alla fine comunque si dovrà prendere di petto la questione delle riparazioni di guerra. Sulle responsabilità complessive del conflitto chi vorrà potrà continuare a discutere a lungo. Ma solo l’esercito russo ha la responsabilità diretta di aver distrutto in Ucraina aeroporti, ferrovie, infrastrutture vitali, ospedali, scuole, industrie, porti, depositi di carburanti e viveri, centri commerciali. Solo l’esercito russo ha raso al suolo alcune realtà urbane e produttive, ha inferto danni enormi a città e paesi, sventrato quartieri residenziali e villaggi rurali. Ha reso inabitabile una porzione cospicua del territorio ucraino. Ha impedito l’esercizio attivo dell’agricoltura in vaste aree e bloccato l’esportazione dei grani, con gravi ripercussioni di carestia per i paesi poveri. Negli ultimi tempi sembra poi accanirsi con pioggia di missili sui depositi di mais destinato all’estero. E non si elenca in questa contabilità economica il peso delle morti procurate, le stragi perpetrate, le torture inflitte ai prigionieri, il rapimento di minori avviati all’est, l’esodo forzato di milioni di donne con bambini. E’ un capitolo diverso che dovrà essere considerato a parte con altra logica. Ma si dovrà rispondere sempre alla domanda: chi pagherà tutto questo? […]