Pastori contro agricoltori in Nigeria, la spinta climatica sui fattori etno-religiosi

IL CONFLITTO. Nord desertificato al 75% e sotto attacco jihadista, è caccia disperata ai nuovi pascoli a scapito delle popolazioni Yoruba del sud. Gli attacchi della Fulani Ethnic Militia trasformano un’antica diatriba in terrorismo

DI FABRIZIO FLORIS, IL MANIFESTO, 7 GIUGNO 2022

Tra i principali indiziati dell’attacco alla chiesa di St. Francis ci sono i pastori Fulani/Peul, vasta comunità che si muove con le sue mandrie lungo tutto il Sahel e oltre, spesso in conflitto con gli agricoltori. Conflitto che in Nigeria, a partire dal 2010, si è trasformato in terrorismo con l’ascesa della Fulani Ethnic Militia (Fem), gruppo che non ha caratteristiche di movimento armato gerarchico con obiettivi ben definiti e strategie operative.

Dato che la maggior parte dei Fulani sono musulmani e le comunità contadine sono spesso cristiane il conflitto è stato descritto spesso come religioso, altre volte etnico e in altri casi ancora “climatico”. In realtà è l’intersezione di più fattori che agiscono in termini di spinta (desertificazione), di attrazione (nuovi pascoli, mercati più ricchi) e di escalation (crescita per mancanza di un quadro istituzionale).

TRA IL 1997 E IL 2018, sono attribuiti alla Fem, nella sola Nigeria, 1.082 attacchi che hanno causato 7.983 vittime: per capirsi nel 2018, le vittime di attacchi della Fem erano già più numerosi di quelli di Boko Haram. E mentre Boko Haram si concentrava principalmente negli stati nord-orientali del Borno, Adamawa e Yobe, la Fem ha colpito con i soi attacchi gli stati nordorientali di Bauchi, Adamawa, Gombe e le aree denominate Core South (regioni del sud-ovest, sud-est e delta del Niger).

Questi attacchi sembrano inserirsi nelle aree dove vi sono dispute tra pastori e comunità agricole e tendono ad essere, secondo i ricercatori dell’Institute for Economics & Peace «opportunisticamente mirati e ben pianificati». All’origine del conflitto vi sarebbero in primis i cambiamenti ambientali che spingono i pastori a pascolare lontano dalle loro aree di pascolo primarie e questioni di sicurezza come gli attacchi jihadisti che costringono i pastori a lasciare il loro pascoli.

Si tratta, tuttavia, di tensioni che risalgono già alla prima immigrazione verso la Nigeria di diversi clan Fulani (persone dalla pelle chiara) e delle loro mandrie nel XVIII secolo. Nel XX secolo le rotte pastorali si sono spostate ancora più a sud nelle regioni centrali della Nigeria modificandone l’equilibrio demografico mutando i rapporti tra pastori musulmani e comunità agricole sedentarie (spesso cristiane). I Fulani hanno poi iniziato a contestare i diritti di proprietà delle comunità “indigene” che negli anni più recenti si sono sommate alle tensioni sulla distribuzione delle risorse statali, sulle rivendicazioni fondiarie e sul controllo delle autorità di governo locali. La crescita demografica del Paese ha aggiunto ulteriori fattori di pressione sui terreni resi ancora meno fertili dall’uso eccessivo.

NELLA MAGGIOR PARTE degli Stati nel nord, secondo la Fao, tra il 50 al 75% delle aree terrestri sono diventate desertiche. Le popolazioni di pastori si sono spostate in modo permanente verso sud e quello che era il pascolo stagionale si è trasformato in una stagione di pascolo più lunga e, in alcuni casi, permanente. La maggior parte delle 415 riserve di pascolo istituite dal governo negli anni ’60 restano oggi senza un adeguato sostegno legislativo.

L’urbanizzazione e la crescita demografica degli stati del nord e la conseguente domanda di terreni agricoli hanno eroso ulteriormente i pascoli. Secondo i dati diffusi dal Nigeria Security Tracker 3.000 persone sono state uccise e oltre 1.500 sono state rapite nei primi tre mesi del 2022.

C’è stato un tempo in cui pastori e contadini vivevano in una pacifica e simbiotica relazione, con la condivisione della terra e delle relative risorse: dopo il raccolto le mandrie avevano accesso ai campi, fornendo letame e i contadini affidavano ai Fulani il loro bestiame. Ma forse anche in Nigeria il tempo non torna più.

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