La tutela del paesaggio sardo sancita dalla Corte Costituzionale

 

Immagine.logo Regione Sardegna Il parco naturale regionale Molentargius – Saline è un parco regionale della Sardegna istituito con la legge regionale n. 5 del 26 febbraio 1999: “Is molentargius” erano i conduttori di asini che caricavano il sale.

Immagine.parcio Molentargius

È una delle più importanti aree umide d’Europea.

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Lo stagno di Molentargius è riconosciuto negli elenchi ufficiali delle aree umide da sottoporre a tutela: è classificato come Sito di Importanza Comunitaria (SIC) ai sensi della Direttiva dell’Unione Europea n. 43 del 1992 (cosiddetta direttiva Habitat), nonché come Zona di Protezione Speciale (ZPS) ai sensi della direttiva dell’Unione europea n. 409 del 1979 (cosiddetta direttiva Uccelli, abrogata e sostituita dalla direttiva n. 147 del 2009[]) e come Zona umida di importanza internazionale ai sensi della convenzione di Ramsar.

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Lo stagno dei Molentargius, una delle più importanti oasi del Mediterraneo, è situato tra la città di Cagliari, quella di Quartu Sant’Elena e il lungomare Poetto (più esattamente confina con le località Medau Su Cramu e Is Arenas): il suo nome deriva dalla parola sarda “su molenti” ovvero l’asino, animale utilizzato in passato per il trasporto del sale.

Immagine.stagno Molentargius

L’estrazione del sale all’interno dello stagno è sempre stata un attività praticata e una risorsa importante, dai tempi dei fenici fino a pochi anni fa.

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In questa importante riserva naturale vivono numerose specie di volatili, tra cui il famoso fenicottero rosa, protagonista dello stagno e simbolo della città: il piumaggio bianco con le sfumature rosa, collo lungo, becco ricurvo e zampe rosa sono le sue caratteristiche.

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La gallinella d’acqua, il falco di palude, il cormorano e il cavaliere d’Italia sono solo alcune tra le specie che vivono nello stagno di Molentargius: è possibile praticare anche il birdwatching (l’osservazione degli uccelli).

Immagine.Molentargius

Con Decreto del Presidente della Regione Sardegna n. 82 del 7 settembre 2006 è stato approvato il Piano Paesaggistico Regionale (P.P.R.) che ha rafforzato la tutela di tutte le zone umide, istituendo una fascia di rispetto di 300 metri: le saline, quale “bene identitario”, rientrerebbero nella categoria dei beni identitari di cui all’articolo 48, comma 1°, lettera b) delle N.T.A. del P.P.R., con la conseguenza che le saline sarebbero sottoposte alla disciplina di cui all’articolo 49 delle N.T.A. del P.P.R..

Prima ancora della istituzione del parco di Molentargius, in data 3 marzo 1965, rep. n. 55568, il Comune di Cagliarti ha approvato un piano di lottizzazione convenzionata che prevedeva la realizzazione, nei singoli lotti, di residenze unifamiliari con un piano fuori terra e uno rialzato, così come consentito dall’indice di fabbricabilità imposto da quello strumento esecutivo.

Il 4 luglio del 2007 in altro confinante lotto della medesima lottizzazione il Comune di Cagliari ha rilasciato la concessione edilizia per la realizzazione in via Gallinara, a poche decine di metri dallo stagno di Molentargius, di un edificio di sette piani, della cubatura di 3915 mc., senza curarsi del previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, che pure ai sensi del 4° comma dell’art. 146 del “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” (emanato con D. Lgs. n. 42/2004) “costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio”.

L’atto è stato impugnato presso il TAR Sardegna dal proprietario di uno stabile confinante con destinazione residenziale, posto all’interno del piano di lottizzazione convenzionato.

Con Sentenza del TAR Sardegna n. 562 del 1 aprile 2008 il ricorso è stato dichiarato  in parte inammissibile e nella restante parte respinto.

Il proprietario ricorrente ha allora presentato appello che è stato accolto con Sentenza del Consiglio di Stato n. 5188 del 28 ottobre 2013 che “per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento oggetto del ricorso di primo grado”.

Al fine di salvare l’edificio che nel frattempo era stato effettivamente realizzato, la Regione Sardegna ha approvato una legge con la quale, a sei anni di distanza dal piano paesaggistico regionale, ha dato mandato alla Giunta Regionale di assumere una deliberazione di interpretazione autentica del piano stesso al fine di stabilire che la fascia di rispetto non si applica alle zone umide, ma solo ai laghi naturali ed agli invasi artificiali, con conseguente esclusione della predetta fascia dal regime di autorizzazione paesaggistica.

Con Legge della Regione Sardegna n. 20 del 12 ottobre 2012 è stato infatti stabilito all’art. 1 che “la Giunta regionale, …. , assume una deliberazione di interpretazione autentica dell’articolo 17, comma 3, lettera g), delle norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale nel senso che la fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia è da riferirsi esclusivamente, come in tali disposizioni già stabilito, ai laghi naturali e agli invasi artificiali, e non si applica alle zone umide.”

Alla suddetta disposizione è stato dato carattere retroattivo, poiché l’art. 2 della legge imponeva ai Comuni e agli altri enti competenti di “adottare i necessari atti conseguenti con riferimento ai titoli abilitativi rilasciati a decorrere dal 24 maggio 2006, data di entrata in vigore del Piano paesaggistico regionale”, in conformità alla delibera di interpretazione autentica.

La legge è stata impugnata dal Governo Monti presso la Corte costituzionale che non si è lasciata ingannare dalla prospettazione della legge regionale.

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Con Sentenza della Corte Costituzionale n. 308 del 17 dicembre 2013 la Suprema Corte ha ricordato i propri precedenti, secondo cui le leggi di interpretazione autentica con efficacia retroattiva non sono del tutto escluse ma devono trovare adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza.

Immagine.Corte Costituzionale

La Corte ha ricordato altresì che la preminenza del diritto e il diritto a un equo processo stabilito dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo ostano, in linea di principio, all’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia al fine di influenzare l’esito giudiziario di una controversia: l’unica eccezione, tale da legittimare interventi retroattivi del legislatore, è costituita dalla sussistenza di “motivi imperativi di interesse generale” che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ravvisato al verificarsi di specifiche condizioni, fra le quali la sussistenza di “ragioni storiche epocali” o anche la necessità di porre rimedio a una imperfezione tecnica della legge interpretata, ristabilendo un’interpretazione più aderente all’originaria volontà del legislatore, o di “riaffermare l’intento originale del Parlamento”. La norma regionale della Sardegna impugnata non è stata considerata riconducibile alle fattispecie di leggi retroattive fatte salve dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Il suo effetto era quello di una riduzione dell’ambito di protezione riferita a una categoria di beni paesaggistici, le zone umide, senza che ciò fosse imposto dal necessario soddisfacimento di preminenti interessi costituzionali: e ciò, peraltro, in violazione dei limiti che la giurisprudenza costituzionale ha ravvisato alla portata retroattiva delle leggi, con particolare riferimento al rispetto delle funzioni riservate al potere giudiziario. La Corte ha dunque dichiarato illegittima la norma impugnata, ma ha anche fatto cadere la legge regionale nella sua interezza, estendendo in via conseguenziale la pronuncia di illegittimità anche alla diposizione che imponeva ai Comuni e agli altri enti competenti di adottare, in conformità alla deliberazione di interpretazione autentica della Giunta regionale, i necessari atti conseguenti con riferimento ai titoli abilitativi edilizi rilasciati a decorrere dal 24 maggio 2006, data di adozione del Piano paesaggistico regionale.

Quest’ultima disposizione era infatti strettamente e inscindibilmente connessa alla disposizione precedente, non solo perché ne confermava la portata retroattiva, ma anche in quanto ne presupponeva l’applicazione. La motivazione della sentenza è ancora più persuasiva per l’ampio e felice intreccio tra i princìpi della giurisprudenza costituzionale interna e quelli della giurisprudenza sulla Convenzione europea dei diritti dell’uomo: la legge regionale è risultata in violazione dei princìpi della Costituzione italiana, ma anche e contemporaneamente di quelli del patrimonio costituzionale sovranazionale europeo.

Ma la sentenza è anche di buon auspicio per la definizione degli altri contenziosi di costituzionalità in tema di paesaggio nella Regione Sardegna.

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