Carta e bellezza non fanno rima

Articolo di Tomaso Montanari pubblicato il 25 giugno 2014 con questo titolo su “Il Fatto Quotidiano”.

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Tomaso Montanari

L’Italia è una Repubblica democratica fondata sulla bellezza”. 

Dopodomani un certo numero di persone con un’agenda sorprendentemente libera si incontrerà a Roma per discutere (sembra seriamente) sull’opportunità di cambiare in questo modo l’articolo 1 della nostra Costituzione. 

Da settimane un incalzante mailbombing annuncia l’evento, promosso dalla deputata Sel, Serena Pellegrino, e condiviso da molte associazioni, anche serie e rispettabili.

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Serena Pellegrino

Tutti, a partire dalla promotrice, sembrano in ottima fede. 

E si presume che in buona fede sia anche il giornalista di Report Emilio Casalini, che è il vero autore dell’idea, contenuta in un suo ebook (Fondata sulla bellezza. Come far rinascere l’Italia a partire dalla sua vera ricchezza) appena uscito da Sperling&Kupfer. 

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Emilio Casalini

Gli stralci di questo testo, tuttavia, confermano come dietro l’apparente ingenuità della proposta ci sia la solita retorica del petrolio d’Italia: una retorica che ha in mente una bellezza da sfruttare, se non da prostituire. 

E non stupisce che sia stato Oscar Farinetti a lanciare l’idea, nel marzo scorso.

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Oscar Farinetti

Ma quali che siano i sottintesi, l’idea merita di essere (velocissimamente) archiviata. 

Intanto i principi fondamentali della Costituzione sono un sistema perfettamente equilibrato, che non c’è alcun motivo di alterare. 

E poi questa retorica stucchevole ed estetizzante della “bellezza” (che “salverà il mondo”, secondo una frase di Dostoevskij decontestualizzata e ripetuta a vanvera) è superficiale, melensa, deresponsabilizzante, sviante. 

La Repubblica non tutela il patrimonio perché sia “bello”, ma perché ci fa eguali, liberi, umani. 

Il valore in gioco non è la bellezza, ma la cittadinanza. 

E poi: chi non vede quanto sarebbe devastante sostituire al pane del lavoro la brioche della bellezza? 

Non ci potrebbe essere un messaggio più autolesionista e privo di mordente e di futuro. 

Dopo un simile cambiamento non ci resterebbe che dire ai nostri ragazzi: “Non hai lavoro? È l’Italia, bellezza”.

 

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