Il tanto reclamizzato aumento della spesa per la Cultura la avvicina soltanto a quella del 2000, governi D’Alema/Amato

 

Vittorio Emiliani

Vittorio Emiliani

La televendita.

È ormai un metodo di comunicazione dell’intero governo.

I beni culturali non sfuggono a questa logica.

Anzi ne sono al centro.

Le Domus restaurate e riaperte nei giorni scorsi a Pompei?

Tutto merito di Renzi e Franceschini.

Non è vero, il merito risale al governo Letta e al ministro Bray.

Ma lo sanno e lo dicono in pochi.

Non sto a continuare.

Nei giorni scorsi il ministro Franceschini ha divulgato la lieta novella: nel 2016 le risorse per i Beni culturali aumenteranno del 27% e saliremo oltre i 2 miliardi. Vero, ma nel 2015, già col governo Renzi-Franceschini, il settore aveva avuto in assoluto una delle cifre più basse della storia: soltanto 1 miliardo e 521 milioni.

Aveva fatto peggio di così soltanto Berlusconi nel 2011.

Seconda osservazione: il bilancio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (dal 2014 anche per il Turismo), non segna certo un record, in realtà torna col 2016 al di sopra dei 2 miliardi di euro dopo anni e anni di tagli.

Ma al di sopra di questa quota – tanto reclamizzata dal ministro Franceschini – il MiBAC era già arrivato nell’ormai lontano 2000, esattamente a 2,103 miliardi quando si avvicendarono alla guida del governo di centrosinistra, Massimo D’Alema e Giuliano Amato.

Già allora erano 18 i milioni di euro in più.

Che, con l’inflazione intercorsa, salgono verso una settantina di milioni di differenza in più.

Coi governi Berlusconi, dal 2001 al 2006, ci fu un primo calo che fece scendere di qualche punto – e questo è il dato più significativo – l’incidenza percentuale della spesa per i Beni culturali sul bilancio dello Stato, dallo 0,39 del 2000 allo 0,29 del 2006.

Il crollo vero e proprio tuttavia lo si registrava col nuovo governo Berlusconi (quello del 2008, dopo la burrascosa parentesi Prodi/Ulivo, durato sino al 2011) con tagli pesantissimi che portarono il bilancio annuo del MiBAC ad appena 1,4 miliardi di euro e ad un miserevole 0,19 per cento del bilancio dello Stato, meno della metà dell’incidenza del 2000.

Un autentico dissanguamento che ha portato, volutamente, questo Ministero allo stremo: a dover mendicare sussidi e interventi privati, a non avere personale tecnico-scientifico sufficiente per le incombenze quotidiane della tutela e della conservazione, a non poter indire concorsi, ad avere funzionari di età mediamente elevata (circa 52 anni).

Con un personale di custodia pure inadeguato.

Tutti poi sottopagati, naturalmente: dal soprintendente al custode.

Coi governi Monti e Letta si è registrata una leggera ripresa dei finanziamenti per la cultura.

Del tutto insufficiente però per le esigenze della rete della tutela. 

Alla fine del 2013 ai Beni e alle Attività Culturali è stato accorpato anche il Turismo che, dopo l’abolizione del Ministero del Turismo e dello Spettacolo, era rientrato nelle competenze della Presidenza del Consiglio.

Ovviamente dal bilancio di previsione 2014 il MiBAC, diventato nel frattempo MiBACT, si è portato dietro i finanziamenti previsti per il personale (531.971 euro) e quelli concernenti le politiche turistiche (qualche decina di milioni).

Quindi questo trasferimento di competenze ha incrementato in cifra assoluta le risorse del Ministero che però deve pensare a finanziare anche il turismo. 

Per il 2016 la legge di stabilità prevede di aumentare le risorse complessive del Ministero – come ho già detto – sino a 2,085 miliardi di euro.

Con ciò il governo Renzi non fa che riportare il bilancio dei Beni culturali (più Turismo) un po’ al di sotto i livelli 2000.

Come incidenza sul bilancio dello Stato siamo ancora a 5 punti percentuali sotto la spesa prevista dai governi D’Alema e Amato 2000.

Un primo risarcimento insomma.

Ma nelle tabelle della legge di bilancio stabilità lo stesso governo in carica indica per il 2017 e per il 2018 cifre nettamente inferiori: 1,7 e 1,6 miliardi di euro.

Cresceranno?

Probabilmente sì.

Se non altro per annunciare con le trombe: abbiamo provveduto ad aumentare le risorse per la cultura rispetto alle previsioni…

Ps: tanto per memoria, la Francia destina alla Cultura lo 0,75 % del bilancio dello Stato, cioè 2-3 volte tanto l’Italia, la Spagna lo 0,67 e altrettanto l’Austria.

Per farla breve soltanto Grecia, ma non sempre, e Romania vi destinano meno di noi che risultiamo al 22° posto in Europa.

 

(Articolo di Vittorio Emiliani pubblicato con questo titolo il 29 dicembre 2015 su “Eddyburg”)

 

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