Brucia perfino la Groenlandia: “insoliti” incendi nelle torbiere

 

In Groenlandia, un’isola enorme ricoperta per l’80% da ghiacciai, gli incendi sono rari, ma dal 31 luglio  i satelliti mostrano le immagini di colonne di fumo a nord-est di Sisimiut, un centro abitato della costa occidentale groenlandese.

Secondo gli esperti sarebbero in corso almeno due incendi nelle torbiere seccate dalle temperature in aumento nell’Artico.

Quel che secondo i ricercatori è certo è che in tutta la Groenlandia c’è ora meno acqua superficiale che in passato, cosa che potrebbe rendere la vegetazione più vulnerabile  al fuoco.

Le ultime immagini satellitari mostrano diversi pennacchi di fumo e la polizia della Groenlandia ha avvertito gli escursionisti e i turisti di tenersi lontani dalla regione per i pericoli rappresentati dal fumo. 

Si teme anche  che il fuoco danneggi i pascoli dei caribù.

Ma gli scienziati non credono che si tratti di incendi che interessano la tundra e i licheni artici, ma che le fonti più probabili siano le torbiere , che possono bruciare solo quando sono secche.

La ricercatrice statunitense Jessica McCarty, dell’università di Miami, ha spiegato a  BBC News che «di solito quando un incendio viene fuori così  è perché c’è molto carburante sottoterra, materiale fatto di carbonio organico, e per questo suppongo che sia la torba. 

Il fronte del fuoco non si sposta, il fuoco non  sta avanzando come avremmo visto in un incendio boschivo, quindi significa che sta bruciando un qualche  combustibile nel terreno».

La   McCarthy ritiene che «probabilmente, lo scioglimento del permafrost ha  contribuito a questo focolaio».

Ipotesi confermata dagli studi condotti nella regione dall’Arctic research of the United States (Arcus) che mostrano un forte degrado del permafrost intorno a  Sisimiut.

I locali dicono che ciò che essi chiamano “fuoco del suolo” è un fenomeno già accaduto prima, ma soprattutto negli ultimi 20-30 anni.

Per capire se è vero, i ricercatori hanno esaminato attentamente i dati satellitari alla ricerca di duraturi incendi precedenti e precedenti e l’olandese Stef Lhermitte dell’università Delft ha detto all BBC che «l’unico dato che ho trovato è il MODIS active fire record. 

Questo satellite misura la temperatura della superficie e può individuare gli hotspots degli incendi. 

Penso che incendi ci siano stati anche prima, ma quel che è diverso è che questo incendio è grosso e, in termini groenlandesi, è insolito. 

È il più grande che abbiamo nel dato satellitare».

Secondo la ricerca di Lhermitte, il satellite, solo nel 2017,  ha rilevato in Groenlandia più incendi che in tutti i 15 anni della sua precedente attività e un grosso incendio era osservato solo nel 2015.

La domanda fondamentale che ci si riguardo a questi incendi è: quanto sono influenzati dal cambiamento climatico?

E la  McCarty risponde: «Questa torbiera è a meno di 70 km dalla calotta glaciale. 

È un po’difficile credere che si sia già degradata senza l’aumento dello scioglimento [dei ghiacciai] e l’innalzamento delle temperature. 

Ma come scienziati non possiamo dire che sia sicuramente il cambiamento climatico finché non abbiamo fatto un’analisi dopo l’incendio».

Gli incendi della torba preoccupano i ricercatori perché le torbiere stoccano grandi quantità di CO2 che viene rilasciato attraverso gli incendi e sono preoccupati perché la fuliggine “black carbon” prodotta dagli incendi potrebbe ricadere sulla calotta glaciale incrementandone lo scioglimento già in corso e causare ulteriori fusioni.

I ricercatori sperano che le piogge attese sulla Groenlandia occidentale possano spegnere gli incendi, ma la  McCarty conclude: «Lavoro molto in questo campo e posso dire che nessuno aveva mai pensato di dover fare uno studio sugli incendi in Groenlandia!».
(Articolo pubblicato con questo titolo l’11 agosto 2017 sul sito online greenreport.it”)

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