La sinistra e l’ambiente al tempo delle elezioni. Intervista a Rossella Muroni

 

 

Si avvicinano rapidamente le elezioni del 4 marzo e, tra spaesamenti, fedeltà, astensionismo e “voti utili”, l’ambiente sembra essere ancora una volta la cenerentola di una campagna elettorale fatta di promesse irrealizzabili (molte fortunatamente, anche per l’ambiente), mentre il redivivo Berlusconi tira fuori dalla cripta ammuffita della politica più logora la vecchia mummia del condono edilizio.

Anche tra chi, come noi, segue con interesse e passione la politica, lo spettacolo è davvero sconcertante e a volte scostante.

Ne abbiamo parlato con una candidata che rappresenta una delle poche vere novità e volti nuovi e preparati di questa brutta campagna elettorale, l’ex presidente di Legambiente Rossella Muroni, che ha deciso di impegnarsi con Liberi e Uguali e Pietro Grasso.

Ecco le nostre domande e le sue risposte:

 

Da Presidente Nazionale di Legambiente a esponente di punta di Liberi e Uguali.

Come si trova e come è cambiata la sua vita?

Come l’ha presa la sua associazione di fronte a una scelta così improvvisa?

La mia vita è cambiata, sì.

E, cambiare, significa avere a che fare con qualcosa di nuovo.

Anche se la politica per me è da sempre una passione; che in varie forme ho cercato di declinare anche in Legambiente.

Per questo forse il vero passaggio ha riguardato di più l’ingresso all’interno di nuovi processi, direi quasi una morfologia diversa delle relazioni.

Eppure, l’ambientalismo che vorrei portare con me, nel mio impegno politico, guarda a un orizzonte che non voglio, e che non può, essere troppo lontano da quello che ho professato finora. Vorrei avvicinarlo quanto più possibile.

Per questo quando ho comunicato la mia decisione, l’Associazione ha capito i motivi e le ragioni di questa mia scelta che, con sincerità, posso dire: non è stata facile.

Anzi, tutt’altro.

E, soprattutto, Legambiente ha compreso che il mio lavoro, e tutto quello che mi rende quello che sono, aveva bisogno di un nuovo spazio di espressione.

Che la politica poteva offrirmi, adesso.

Anche perché è stata soprattutto una scelta personale.

In Legambiente ci sono sempre state, anche nel gruppo dirigente, sensibilità politiche diverse, cosa che è allo stesso tempo una ricchezza per l’Associazione.

Quello che è sicuro è che Legambiente rimarrà con me per il bagaglio culturale e umano che in tutto questo tempo ha saputo regalarmi, così come per le emozioni, le persone, i viaggi nei territori, le sfide, o semplicemente per l’aria che si respira quando davvero si condividono dei valori.

Farà tutto parte di qualcosa che custodirò e che mi accompagnerà, anche di qui in avanti.

Mentre LeU fa spazio a sinistra ai temi dell’ambientalismo, il PD decide di non ricandidare il presidente della Commissione ambiente della Camera Ermete Realacci, con il quale lei ha collaborato a lungo in Legambiente.

Come giudica questa scelta?

Non avere nel prossimo Parlamento una persona come Ermete Realacci sarà un impoverimento per tutta la politica italiana. 

E non soltanto per i temi ambientali.

Non credo però sia corretto giudicare la scelta di un partito, di quel partito.

Quanto le motivazioni che hanno condotto a prenderla.

L’assenza di Realacci si farà sentire.

Molte delle norme a favore dell’ambiente e non solo, in questa Legislatura, sono giunte fino in fondo anche grazie a lui.

La sua ‘non-candidatura’ significa però che da quelle parti, come ha detto lo stesso Ermete, c’è stata una “sottovalutazione della frontiera ambientale”.

E questo, al di là di tutto, è qualcosa di preoccupante.

Perché l’Italia non può permetterselo: non può permettersi di restare indietro sull’ambiente, sull’economia circolare, sulla ricerca e sull’innovazione legate al mondo delle imprese.

Io, da ecologista convinta anche se con una ‘sede’ politica che adesso è diversa, penso che la presenza di Ermete, su questi e su altri argomenti, sarebbe stata determinante.

E che ci sarebbe stato, non ho dubbi, un dialogo costruttivo e migliorativo con Liberi e Uguali. Sicuramente con me ci sarà a prescindere, siamo innanzitutto legambientini.

Il programma di Liberi e Uguali ha una forte connotazione ambientalista, o meglio di economia ecologica; come pensate di far contare questi temi in un Parlamento dove le forze di destra – a volte dichiaratamente schierate con il negazionismo climatico di Trump – conteranno molto e forse saranno al governo, magari di Grosse Koalition?

Intanto il mio auspicio è che ci sia un governo che abbia al centro un’Agenda a tinte verdi: che guardi alle persone cominciando dal livello di salute alla garanzia di un lavoro, che possa avere come cardine l’economia circolare declinata all’interno dei diversi settori – che tenga conto per esempio anche della lotta ai cambiamenti climatici, all’inquinamento atmosferico, al dissesto idrogeologico – e che riesca a migliorare la qualità della vita del nostro Paese.

Se il centrodestra non riesce a vederle determinate cose è un problema per l’Italia.

È l’ennesima dimostrazione del carattere politico retrivo e inadeguato della destra italiana.

E una grande coalizione di certo non aiuterebbe, forse potrebbe addirittura far scivolare in fondo i temi principali.

Liberi e uguali porterà avanti i punti del programma.

In modo chiaro e puntuale.

Soprattutto, controlleremo.

E coerentemente difenderemo quei principi che riteniamo giusti.

Lo farò io per prima, battendomi per le cose in cui credo.

È abbastanza chiaro che il suo ingresso in LeU ha tinto di verde la nuova compagine politica, ma come convivono queste idee con il “rosso antico” di alcuni autorevoli esponenti di LeU che negli anni passati non hanno certo dato prova di innovazione ambientalista?

Siete riusciti davvero a contaminare e mutare una sinistra che l’ambiente lo metteva troppo spesso solo in un breve capitolo di un chilometrico programma?

Questo è vero soltanto in parte.

I valori del sano ambientalismo non credo di averli mai visti nell’altra metà del palcoscenico politico.

Mi spiego.

Non riesco a immaginarli in una posizione che non sia quella occupata da una sinistra progressista, e riformista, che riesca allo stesso tempo a mantenere ben saldi i valori fondanti e costituenti della nostra Repubblica.

Un connubio che, da solo, credo possa rispondere alle esigenze dei cittadini e del Paese.

Verde e rosso, del resto, sono tra i colori della nostra bandiera.

La sfida oggi è riuscire a comprendere – una parola fondamentale per me – che l’ambiente non può esser letto come un singolo aspetto; non è più così, e probabilmente non lo è mai stato.

Oggi puntare sulla qualità ambientale contempla al suo interno un’idea di sviluppo del Paese che è ora diventi qualcosa di più.

È ora che diventi pratica.

Penso alla conversione ecologica dell’economia.

O al semplice, ma anche complesso, concetto della sostenibilità: una chiave per aprire le porte che ora sono chiuse, quelle del lavoro e dell’occupazione puntando sulla tecnologie, sull’economia circolare, sull’energia rinnovabile, sulla lotta al consumo di suolo e al dissesto idrogeologico, e sulla rigenerazione delle nostre città dove ci si dovrebbe concentrare per farne, ognuna a suo modo, delle ‘fabbriche di felicità’.

Quello che, allora, potrebbe sembrare avere un’impostazione solo ambientalista, a ben guardare, diventa così una formula vincente, e non soltanto per l’ecologia ‘tout court’ ma per l’intera società, perché incastonata in una visione integrale posta al servizio di tutti. 

Messa così l’ambiente non è un ‘punto’ di un lungo programma.

Ma diventa lo sfondo culturale e politico con cui relazionarsi e imparare a confrontare ogni parola; diventa il foglio su cui scriverlo quel programma.

 

(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con questo titolo il 9 febbraio 2018 sul sito online “greenreport.it”)

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