Svolta ‘eco’ stoviglie grazie a giovane indiana

 

Una carriera nell’industria farmaceutica, poi la svolta ambientalista e l’idea che l’ha portata a mettere in piedi la più grande azienda di stoviglie e packaging alimentare “eco” di tutta l’India.

Rhea Singhal, 36enne di Nuova Delhi, è il simbolo della lotta ai rifiuti di plastica che stanno soffocando la Terra.

La sua storia la racconta l’Onu in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente che ricorre il 5 giugno, e che quest’anno si celebra in India puntando il dito contro le plastiche monouso: quell’ammasso colorato di buste, bicchieri, cannucce, bottiglie che punteggia mari e coste uccidendo pesci, uccelli e tartarughe.

Singhal aveva 27 anni, una laurea in farmacologia e un lavoro nel marketing di un’importante casa farmaceutica, la Pfizer, quando ha deciso di cambiare rotta alla sua vita.

Nel 2009 ha fondato Ecoware, una società che produce piatti, bicchieri, vassoi e contenitori per il cibo con una caratteristica comune: sono biodegradabili al 100%.

Al posto della plastica l’azienda usa biomasse, in particolare gli scarti agricoli che, se non fossero riciclati, sarebbero bruciati nei campi a fine raccolta.

Questi prodotti possono essere utilizzati per congelare gli alimenti e cuocerli nel microonde; quando non servono più si buttano nel secchio dell’umido.

E se anche finiscono in discarica, si decompongono senza lasciare inquinanti dietro di sé.

Il beneficio è duplice: per l’ambiente e per l’uomo.

L’impatto sulla salute dell’utilizzo di contenitori non biodegradabili è ben noto“, afferma Singhal. “Se metti cibo caldo in un contenitore caldo, ingerisci le tossine che finiscono nel cibo“.
Dal 2009 a oggi Ecoware è cresciuta fino a diventare la prima azienda indiana nel suo settore.

Tra i clienti annovera anche grandi catene di ristoranti, hotel di lusso e l’Indian Railways, la rete ferroviaria nazionale.

I suoi prodotti costano in media il 15% in più rispetto ai tradizionali di plastica.

Nella nostra esperienza, abbiamo visto che alle persone non importa di pagare un po’ di più.

Non è un problema quando capiscono le implicazioni per l’ambiente e la salute“, spiega l’imprenditrice.

C’è una grande richiesta di alternative.

La sfida è generare la consapevolezza, ma il cambiamento – assicura – sta avvenendo“.

(Articolo di Laura Giannoni, ANSA del 4 giugno 2018, ore 22:47)

 

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