L’estinzione delle piante: sono già scomparse 571 specie, soprattutto nelle isole e ai tropici

 

Con il nuovo studio “Global dataset shows geography and life form predict modern plant extinction and rediscovery”’ pubblicato su Nature, Ecology & Evolution, un team di scienziati dei Royal Botanic Gardens, Kew e della Stockholms Universitet, ha realizzato un’analisi globale di tutti i dati sule estinzioni delle piante documentate in tutto il mondo. 

Si tratta di un eccezionale dataset che mette insieme dati provenienti dal campo, dalla letteratura scientifica e dagli erbari per cercare di capire quante e quali specie di piante si sono estinte negli ultimi 250 anni, dove sono scomparse e cosa possiamo imparare da questo per fermare l’estinzione futura.

Come spiegano i ricercatori britannici e svedesi, «lo studio ha rilevato che negli ultimi due secoli e mezzo sono scomparse 571 specie vegetali. 

Questa cifra è stata calcolata dopo uno degli autori dello studio, lo scienziato dei Kew Rafaël Govaerts, ha rivisto tutte le pubblicazioni sulle estinzioni di piante di più di tre decenni e ha scoperto un numero 4 volte superiore di quello dell’attuale lista di piante estinte». 

Una cifra che è anche «più del doppio del numero di uccelli, mammiferi e anfibi registrati come estinti (un totale complessivo di 217 specie).»

Una delle autrici dello studio, Aelys M Humphreys  del Dipartimento di ecologia, ambiente e scienze delle piante dell’università di Stoccolma, sottolinea che «la maggior parte delle persone può nominare un mammifero o un uccello che si è estinto negli ultimi secoli, ma pochi possono nominare una pianta estinta.

Con questo studio è la prima volta che abbiamo una panoramica sulle piante si sono già estinte, da dove sono scomparse e quanto rapidamente sta avvenendo.

Ci preoccupiamo molto del numero di specie che si trovano ad affrontare l’estinzione, ma queste cifre riguardano piante che abbiamo già perso, quindi forniscono una finestra senza precedenti sull’estinzione delle piante nei tempi moderni».

Mettendo insieme questi dati, gli scienziati hanno scoperto che «l’estinzione delle piante si verifica molto più rapidamente dei tassi di estinzione di fondo “naturali” (il normale tasso di perdita nella storia della Terra prima dell’intervento umano), fino a 500 volte più velocemente». 

Anche gli animali stanno scomparendo molto più velocemente dei tassi di fondo, almeno 1000 volte più velocemente, ma gli autori dello studio ritengono che «questi numeri sottostimano i veri livelli di estinzione delle piante in corso».

I più alti tassi di estinzione delle piante si trovano nelle isole, ai tropici e nelle aree con clima mediterraneo, regioni hotspot della biodiversità che ospitano molte specie uniche vulnerabili alle attività umane. 

Gli autori  dello studio hanno anche scoperto che «le specie vegetali legnose (come alberi e arbusti) e con un piccolo areale geografico (come quelle confinate nelle piccole isole) sono più probabilmente segnalate come estinte. 

Questi risultati suggeriscono che l’aumento del tasso di estinzione delle piante potrebbe essere dovuto agli stessi fattori documentati come minacce per molte piante sopravvissute: frammentazione e distruzione della vegetazione autoctona, con conseguente riduzione o perdita dell’habitat di molte specie ad areale limitato».

Ma perché dovremmo preoccuparci per l’estinzione di quasi 600 specie di piante delle quali non conoscevamo neanche l’esistenza? 

I ricercatori rispondono che «le informazioni raccolte da questa analisi saranno fondamentali per aiutare a prevedere e prevenire l’estinzione futura. 

Per la previsione delle estinzioni future, la località è più importante dell’identità: se una pianta si trova su un’isola o meno è più utile per prevedere l’estinzione che se la pianta è una rosa, un’orchidea o una palma. 

Dato che il cambiamento dell’uso del suolo tende a spazzare via la maggior parte, se non tutti, gli habitat delle piante autoctone, indipendentemente dalle loro caratteristiche, la località rimane fondamentale per valutare le vite future delle piante e come possiamo proteggerle. 

Questo conferma la nozione secondo cui “gli hotspot della biodiversità” – aree con un numero eccezionale di piante endemiche che stanno subendo vasti cambiamenti di habitat – sono fondamentali per comprendere i modelli globali delle estinzioni recenti e future».
Eimear Nic Lughadha, coautrice dello studio e conservation scientist dei Royal Botanic Gardens, Kew, ricorda che «le piante sono alla base di tutta la vita sulla terra, forniscono l’ossigeno che respiriamo e il cibo che mangiamo, oltre a costituire la spina dorsale degli ecosistemi del mondo, quindi l’estinzione delle piante è una cattiva notizia per tutte le specie.

Questa nuova comprensione dell’estinzione delle piante ci aiuterà a prevedere (e cercare di prevenire) le future estinzioni delle piante, così come di altri organismi.

Milioni di altre specie dipendono dalle piante per la loro sopravvivenza, esseri umani inclusi, quindi conoscendo quali piante stiamo perdendo e dove, realizzeremo programmi di conservazione rivolti anche ad altri organismi».

I ricercatori britannici e svedesi sperano che «questi dati saranno utilizzati per concentrare gli sforzi di conservazione sulle isole e nei tropici, dove la perdita di piante è comune, e in aree dove si sa meno dell’estinzione delle piante come l’Africa e il Sud America».

Un’altra autrice dello studio, Maria S Vorontsova, tassonomista delle piante al Kew, aggiunge: «Per fermare l’estinzione delle piante, dobbiamo registrare tutte le piante in tutto il mondo: la denominazione di nuove specie è un pezzo fondamentale del puzzle nella spinta più ampia a dare priorità alla conservazione del nostro prezioso mondo naturale per le generazioni a venire. 

Per fare questo dobbiamo sostenere gli erbari e la produzione di guide per l’identificazione delle piante, dobbiamo insegnare ai nostri figli a vedere e riconoscere le loro piante locali e soprattutto abbiamo bisogno dei botanici per gli anni a venire».

Molti hanno sentito parlare di specie animali che si sono estinti negli ultimi 250 anni, come il dodo che viveva a Mauritius fino al XVII secolo,  o il delfino dello Yangtze, dichiarato estinto nel 2006, ma negli ultimi 25° anni si sono estinte anche le piante, anche se, per la carenza di dati e di analisi, poche persone sono consapevoli della portata del problema. 

All’università di Stoccolma fanno alcuni esempi di piante scomparse in natura.

Il sandalo del Cile (Santalum fernandezianum), era un albero che cresceva sulle isole Juan Fernández, tra il Cile e l’isola di Pasqua, a partire dal 1624 circa, l’albero cominciò a essere pesantemente sfruttato per il legno profumato di sandalo e già alla fine del XIX  secolo la maggior parte degli alberi era stata abbattuta. 

L’ultimo sandalo del Cile venne fotografato il 28 agosto 1908 sull’isola di Robinson Crusoe da Carl Skottsberg. Da allora l’albero è scomparso da quell’isola. 

Nel corso degli anni ci sono state segnalazioni che la specie sarebbe stata trovata anche sull’isola di Alejandro Selkirk, anche se la cosa non è stata mai confermate e le ricerche partite per ritrovarlo sono tornate a mani vuote.

La thismia o bandita Trinity (Thismia americana) era forse una delle piante più straordinarie che siano mai state scoperte. Non aveva foglie ed erano visibili solo i fiori.

Venne scoperta nel 1912 lungo Torrence Avenue a sud di Chicago. Ma il sito dove viveva fu distrutto solo 5 anni dopo e questa straordinaria pianta non fu mai più vista. 

La thismia apparteneva a un gruppo di piante  (il genere Thismia ) di 65 specie che vivono quasi tutte nelle foreste pluviali. 

Alcune specie, compresi i suoi parenti più stretti, vivono in Nuova Zelanda. 

Come una pianta della Nuova Zelanda fosse finita a South Chicago rimarrà per sempre un mistero.

L’olivo di Sant’Elena (Nesiota elliptica) fu scoperto nel 1805 nell’isola di Sant’Elena, spersa nell’Oceano Atlantico e dove finì i suoi giorni in esilio Napoleane Bonaparte.

Nel 1994 era sopravvissuto un solo albero  dal quale il Kew e gli ambientalisti locali sono riusciti a raccogliere delle talee prima che morisse.

La Nesiota elliptica era l’unica specie sconosciuta del genere Nesiota, quindi con l’estinzione della specie in natura nel 2003 è scomparso un intero genere.

Ma ci sono anche buone notizie: lo studio ha scoperto che 430 specie considerate estinte sono state ritrovate. 

Ma i ricercatori avvertono che «la riscoperta di una specie ritenuta estinta spesso significa trovare solo pochi individui sopravvissuti e il 90% delle piante riscoperte ha ancora un alto rischio di estinzione. 

Documentare la riscoperta è importante in quanto migliora la precisione degli elenchi delle estinzioni e consente anche un potenziale lavoro correttivo di conservazione.

Sfortunatamente, tuttavia, di solito non significa che una specie è “viva e vegeta”, come dimostra l’esempio del croco cileno».

Il croco blu cileno (Tecophilaea cyanocrocus), è originario delle colline che dominano Santiago, la capitale del Cile. 

Era un fiore molto popolare, con molte varianti di colore selezionate dai giardinieri in epoca vittoriana. 

Dato che la specie era difficile da coltivare e a lenta propagazione, per soddisfare la domanda, un gran numero di bulbi vennero dissotterrati e importati dal Cile in Gran Bretagna.

Sembrava che questa raccolta eccessiva e il sovrapascolo del bestiame negli anni ’50 avessero portato  all’estinzione del croco blu cileno ma, nel 2001, dopo ripetute ricerche, una sua piccola popolazione è stata riscoperta su terreni privati ​​a sud di Santiago. 

Questa specie continua ad essere coltivata in Gran Bretagna e la sua popolazione autoctona sopravvissuta è ora protetta dal bestiame, anche perché la Lista Rossa dell’ International Union for Conservation of Nature la classifica come “in grave pericolo” di estinzione.

 

(Articolo pubblicato con questo titolo l’11 giugno 2019 sul sito online greenreport.it”)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Vas