Si trova nel Dna dell’orzo la chiave per avere colture adatte a ogni clima

 

MILANO – Hanno trovato nel Dna dell’orzo decine di geni che consentono alla pianta di adattarsi a ogni condizione ambientale, tanto da poter essere coltivata dalla Lapponia fino in Medio Oriente.

La scoperta, che aiuterà a selezionare le coltivazioni più resilienti per l’agricoltura del futuro, è pubblicata sulla rivista The Plant Journal dal consorzio europeo Whealbi (Wheat and barley legacy for breeding improvement) con il contributo italiano dell’Università degli Studi di Milano, del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea) e del Ptp Science Park.

Integrando dati di una rete internazionale di campi e quelli derivanti dalla sequenza parziale del genoma di circa 400 varietà di orzo provenienti da più di 70 Paesi, i ricercatori hanno identificato decine di geni che controllano i meccanismi grazie ai quali la pianta ‘legge’ le condizioni ambientali e adatta il proprio ciclo vitale.

Di fronte ai cambiamenti climatici in atto, comprendere la straordinaria capacità di adattamento dell’orzo è fondamentale per selezionare le piante da coltivare nei prossimi anni“, afferma Luigi Cattivelli, direttore del Centro di ricerca Genomica e Bioinformatica del Crea.

Il clima cambia e l’agricoltura globale deve rispondere alla sfida con piante che cambino di conseguenza, per garantire i fabbisogni di cibo e di altri prodotti di origine agricola“.
L’orzo è una coltura molto diffusa in Europa, in tutta l’area mediterranea e in Italia, dove è usata sia per l’alimentazione animale sia per la produzione della birra.

La collezione di varietà del progetto Whealbi e i relativi dati genomici rappresentano una risorsa unica per future ricerche sulla risposta delle piante agli stress“, commenta Laura Rossini del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali della Statale di Milano, che ha coordinato il lavoro di sequenziamento in collaborazione con il Ptp.

Per esempio, potranno essere impiegati per studiare la resistenza alle malattie o alla ridotta disponibilità di acqua, così da applicare queste conoscenze per ottenere varietà migliorate“.

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 28 giugno 2019 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)

 

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