Depredati 400 chili di corallo in Costiera Amalfitana: ci vorranno 50 anni per riparare al danno

 

Hanno distrutto barriere coralline e fauna nei luoghi più caratteristici della Costiera Amalfitana, per raccogliere e commercializzare illegalmente corallo rosso.

In dieci sono stati sorpresi dalla Capitaneria di Porto di Salerno, dopo una articolata attività di indagine coordinata dai pm Elena Cosentino e Mariacarmela Polito della Procura di Salerno.

Tutti gli indagati sono stati destinatari dell’obbligo di dimora con prescrizioni nel comune di residenza, quasi tutti nel napoletano.

Rispondono di inquinamento ambientale, ed alcuni anche di ricettazione.

In due anni sono stati raccolti 400 chili di corallo per un valore di un circa un milione di euro“, ha spiegato il comandante della Capitaneria di Porto di Salerno, Giuseppe Menna nel corso della conferenza stampa svoltasi negli uffici della Procura.

I pescatori operavano attraverso una società di copertura che, utilizzando un oggetto sociale fittizio, permetteva di compiere l’attività illecita.

Le indagini partono nel 2018 dopo il sequestro di corallo a seguito di un controllo di una imbarcazione al porto di Salerno.

Da qui i successivi riscontri della Guardia Costiera e le intercettazioni hanno consentito di individuare l’organizzazione composta da pescatori napoletani che dietro società formalmente costituite per la ricerca scientifica e lo sviluppo sperimentale nel campo delle scienze naturali, commercializzavano il “Corallium rubrum”, specie a rischio di estinzione, estratto dai fondali della Costiera Amalfitana.

Un giro d’affari che secondo la Procura di Salerno ha fruttato quasi un milione di euro.

Le zone costiere danneggiate sono i siti di Punta Campanella, gli isolotti de Li Galli a Positano, lo Scoglio dell’Isca di Praiano e Conca dei Marini, tutte aree di interesse ambientale sottoposte a vincolo.

Circa 90 chilogrammi di corallo recuperato dai depositi dei pescatori che illecitamente praticavano la pesca nell’area della Costiera Amalfitana.

Un danno, che secondo i consulenti tecnici incaricati dalla Procura, potrà essere sanato in 50 anni.

La pesca di corallo, infatti, prevede l’impiego di bombole ed attrezzi da profondità che minano notevolmente il substrato roccioso.  

(Articolo di Andrea Pellegrino, pubblicato con questo titolo il 9 settembre 2019 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Vas