Per la Corte Costituzionale si forma il silenzio-assenso anche per le richieste di rilascio di nulla osta per la realizzazione di interventi di edilizia libera, che siano state presentate allo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP)

 

L’art. 5, comma 1, lettera h), della legge regionale del Lazio n. 7 del 22 ottobre 2018 ha introdotto, dopo il comma 1 dell’art. 28 della legge regionale del Lazio n. 29 del 1997, il comma 1-bis, secondo cui «Nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222 (Individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA), silenzio assenso e comunicazione e di definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti, ai sensi dell’articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124), la richiesta per la realizzazione degli interventi di cui all’articolo 6 del D.P.R. 380/2001 è presentata allo sportello unico di cui all’articolo 5 del medesimo decreto.

Per tali fattispecie, il nulla osta di cui al comma 1 è reso entro sessanta giorni dal ricevimento da parte dell’ente gestore della richiesta, decorsi inutilmente i quali il titolo abilitativo si intende reso».

Con nota prot. n. 15 Pres/2018 del 13 novembre 2018 l’associazione VAS ha chiesto al Governo di impugnare la suddetta disposizione presso la Corte Costituzionale per violazione del 1° comma dell’art. 13 della legge quadro n. 394 del 6 dicembre 1991.

VAS ha supportato la richiesta con le seguenti motivazioni.

Il comma aggiuntivo 1 bis dell’art. 28 della legge regionale n. 29/1997 dispone che ogni richiesta di rilascio di nulla osta per la realizzazione di interventi di edilizia libera, che sia presentata allo sportello unico per l’edilizia, deve intendersi accolta dopo “sessanta giorni dal ricevimento da parte dell’ente gestore della richiesta, decorsi inutilmente i quali il titolo abilitativo si intende reso”.

Si fa presente anzitutto che il citato art. 6 del D.P.R. n. 380/2001 disciplina la “Attività edilizia libera”, che riguarda una serie di interventi – fra i quali diversi di quelli citati alla lettera b bis) del comma 1 bis dell’art. 26 della legge regionale n. 29/1997 –  che possono essere “eseguiti senza alcun titolo abilitativo”, per cui non si capisce quale sia il titolo abilitativo che si intende reso una volta decorsi inutilmente 60 giorni dal ricevimento  da parte del gestore della richiesta.

Si mette in risalto in secondo luogo che ai sensi del 1° comma dell’art. 13 della legge regionale n. 394/1991, citato e quindi pienamente recepito dall’art. 1 dell’art. 28 della legge regionale n. 29/1997, la richiesta di nulla osta va presentata e quindi protocollata all’Ente di gestione dell’area naturale protetta, per cui i 60 giorni entro cui rilasciare il nulla osta scattano dalla data di registrazione al protocollo dell’Ente della domanda.

Viene messo in maggior risalto che nel rispetto della suddetta disposizione normativa nazionale la formazione del silenzio-assenso scatta solo e soltanto una volta decorsi inutilmente i 60 giorni dalla data di ricezione della domanda di nulla osta da parte dell’Ente Parco e non certo dalla data di “ricevimento da parte dell’ente gestore della richiesta” che per il caso specifico è lo sportello unico comunale, a cui spetta di trasmettere la domanda di rilascio all’Ente di gestione dell’area naturale protetta, che rilascia o rigetta il nulla osta entro  60 giorni dalla data di registrazione al suo protocollo della istanza.

È di tutta evidenza che se “l’ente gestore della richiesta” trasmette per assurdo la richiesta all’Ente Parco competente dopo un certo lasso di tempo (magari pari o superiore ai 60 giorni) non si può essere formato alcun silenzio-assenso, per giunta per un “titolo abilitativo” che non esiste.

Il Governo ha accolto la richiesta di VAS, ma con motivazioni diverse perché ha sottolineato come la norma regionale impugnata sia generica, «non specificando il tipo di intervento edilizio soggetto a nulla osta come previsto dalla normativa statale», ed ha precisato al riguardo che il nulla osta all’intervento è previsto per le opere ricadenti in un’area naturale protetta, «mentre non riguarda anche la realizzazione di altri interventi non soggetti a titolo abilitativo».

Il Governo ha aggiunto che, ai sensi dell’art. 4, comma 6, del d.P.R. n. 160 del 2010, «[s]alva diversa disposizione dei comuni interessati e ferma restando l’unicità del canale di comunicazione telematico con le imprese da parte del SUAP, sono attribuite al SUAP le competenze dello sportello unico per l’edilizia produttiva».

La norma regionale impugnata, quindi, non distinguerebbe tra le varie tipologie di opere edilizie ai fini del rilascio del nulla osta e, in particolare, non prevedrebbe espressamente le modalità di rilascio del nulla osta per attività produttiva.

Con ricorso notificato il 24-28 dicembre 2018 e depositato il 28 dicembre 2018 il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale della suddetta disposizione della legge della Regione Lazio n. 7/2018.

Con sentenza n. 290 del 20 novembre 2019, depositata il 27 dicembre 2019, la Corte Costituzionale non ha ritenuto fondate le questioni di legittimità costituzionale promosse dal Governo per i seguenti motivi.

Il ricorrente fonda le sue argomentazioni sulla sostanziale sovrapposizione (quanto a fattispecie regolate) del primo e del secondo periodo del nuovo comma 1-bis dell’art. 28 della legge reg. Lazio n. 29 del 1997, che invece hanno ad oggetto interventi diversi.

Il primo periodo si riferisce agli interventi di cui all’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001 al solo fine di prevedere che la richiesta per la loro realizzazione deve essere presentata allo sportello unico.

Il secondo periodo si riferisce invece, con tutta evidenza, agli interventi per i quali è necessario «il nulla osta di cui al comma 1» e prevede che se quest’ultimo non è reso entro sessanta giorni dalla richiesta, il titolo abilitativo si intende reso, riproducendo, per questo aspetto, il meccanismo già previsto dall’art. 13, comma 1, della legge n. 394 del 1991.

La disposizione impugnata non altera dunque il regime del nulla osta, rispetto al quale resta valido quanto disposto dall’art. 28, comma 1, della legge reg. Lazio n. 29 del 1997, e cioè che esso è richiesto per gli interventi soggetti a titolo abilitativo edilizio.

In conclusione, le censure prospettate si fondano su un erroneo presupposto interpretativo, che determina la loro infondatezza nei termini sopra indicati.

Dott. Arch. Rodolfo Bosi

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N.B. – Si riportano di seguito i passi della sentenza che hanno trattato la questione di legittimità costituzionale promossa dal Governo

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Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 24-28 dicembre 2018 e depositato il 28 dicembre 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge della Regione Lazio 22 ottobre 2018, n. 7 (Disposizioni per la semplificazione e lo sviluppo regionale) e, tra queste, degli artt. 5, comma 1, lettere g), numero 2), h) e i), numeri 5) e 7), e comma 6, lettera c), 33, comma 1, lettera a), e 84, comma 1, lettera b), in riferimento agli artt. 97 e 117, commi secondo, lettere l), m) e s), e terzo, della Costituzione.

1.2.– L’art. 5, comma 1, lettera h), della legge reg. Lazio n. 7 del 2018 è impugnato per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere l) e m), Cost., in relazione all’art. 4, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160 (Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, ai sensi dell’articolo 38, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133).

La norma regionale impugnata ha introdotto, dopo il comma 1 dell’art. 28 della legge reg. Lazio n. 29 del 1997, il comma 1-bis, secondo cui «Nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222 (Individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA), silenzio assenso e comunicazione e di definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti, ai sensi dell’articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124), la richiesta per la realizzazione degli interventi di cui all’articolo 6 del D.P.R. 380/2001 è presentata allo sportello unico di cui all’articolo 5 del medesimo decreto.

Per tali fattispecie, il nulla osta di cui al comma 1 è reso entro sessanta giorni dal ricevimento da parte dell’ente gestore della richiesta, decorsi inutilmente i quali il titolo abilitativo si intende reso».

Il ricorrente sottolinea come la norma regionale impugnata sia generica, «non specificando il tipo di intervento edilizio soggetto a nulla osta come previsto dalla normativa statale», e precisa al riguardo che il nulla osta all’intervento è previsto per le opere ricadenti in un’area naturale protetta, «mentre non riguarda anche la realizzazione di altri interventi non soggetti a titolo abilitativo».

La difesa erariale aggiunge che, ai sensi dell’art. 4, comma 6, del d.P.R. n. 160 del 2010, «[s]alva diversa disposizione dei comuni interessati e ferma restando l’unicità del canale di comunicazione telematico con le imprese da parte del SUAP, sono attribuite al SUAP le competenze dello sportello unico per l’edilizia produttiva».

La norma regionale impugnata, quindi, non distinguerebbe tra le varie tipologie di opere edilizie ai fini del rilascio del nulla osta e, in particolare, non prevederebbe espressamente le modalità di rilascio del nulla osta per attività produttiva.

D’altra parte, l’art. 33, comma 1, lettera a), della stessa legge reg. Lazio n. 7 del 2018, richiamando la normativa statale di riferimento, prevede che lo sportello unico per le attività produttive (SUAP) «è l’unico punto di accesso in relazione a tutte le procedure amministrative riguardanti la localizzazione, la realizzazione, l’avvio, l’ampliamento, il trasferimento, la cessione, la concentrazione e l’accorpamento nonché la cessazione» delle attività produttive.

La norma impugnata si porrebbe, dunque, in contrasto con l’art. 4, comma 6, del d.P.R. n. 160 del 2010 e quindi con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla legge statale la competenza in materia di ordinamento civile, oltre che con l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., in quanto la disciplina in materia di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) rientrerebbe nei livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dell’art. 29, comma 2-ter, della legge n. 241 del 1990.

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge della Regione Lazio 22 ottobre 2018, n. 7 (Disposizioni per la semplificazione e lo sviluppo regionale) e, tra queste, degli artt. 5, comma 1, lettere g), numero 2), h) e i), numeri 5) e 7), e comma 6, lettera c), 33, comma 1, lettera a), e 84, comma 1, lettera b), in riferimento agli artt. 97 e 117, commi secondo, lettere l), m) e s), e terzo, della Costituzione.

2.– Resta riservata a separata pronuncia la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso indicato in epigrafe.

4.– L’art. 5, comma 1, lettera h), della legge reg. Lazio n. 7 del 2018 è impugnato per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere l) e m), Cost., in relazione all’art. 4, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160 (Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, ai sensi dell’articolo 38, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133).

Il comma 1-bis, introdotto dalla norma impugnata nell’art. 28 della legge reg. Lazio n. 29 del 1997, prevede che «[n]el rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222 (Individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA), silenzio assenso e comunicazione e di definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti, ai sensi dell’articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124), la richiesta per la realizzazione degli interventi di cui all’articolo 6 del D.P.R. 380/2001 è presentata allo sportello unico di cui all’articolo 5 del medesimo decreto. Per tali fattispecie, il nulla osta di cui al comma 1 è reso entro sessanta giorni dal ricevimento da parte dell’ente gestore della richiesta, decorsi inutilmente i quali il titolo abilitativo si intende reso».

4.1.– Il ricorrente si duole della genericità della norma regionale, che sottoporrebbe a nulla osta un insieme indefinito di interventi, compresi quelli di «[a]ttività edilizia libera» ai sensi dell’art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)».

Tale previsione risulterebbe in contraddizione con quanto previsto dal comma 1 dell’art. 28 della stessa legge reg. Lazio n. 29 del 1997 e soprattutto dall’art. 13 della legge n. 394 del 1991, che sottopongono a preventivo nulla osta da parte dell’ente di gestione il solo «rilascio di concessioni o autorizzazioni, relative ad interventi, impianti ed opere all’interno» del parco nazionale (art. 13, comma 1, della legge n. 394 del 1991) o dell’area protetta regionale (art. 28, comma 1, della legge reg. Lazio n. 29 del 1997).

Di conseguenza, la previsione del nulla osta riguarderebbe i soli interventi, impianti e opere per i quali è necessario il rilascio di concessioni o autorizzazioni e tra questi non rientrerebbero gli interventi di attività edilizia libera, che «sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo» (art. 6 d.P.R. n. 380 del 2001).

4.2.– Le questioni non sono fondate, nei termini di seguito indicati.

Il ricorrente formula le censure per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere l) e m), Cost., muovendo dal presupposto che il carattere generale della norma impugnata comporti, per un verso, che anche gli interventi non soggetti a titolo abilitativo siano sottoposti al regime del nulla osta, e, per altro verso, che le modalità di rilascio del nulla osta per attività produttiva non siano determinate.

Tale presupposto interpretativo deve essere, però, escluso.

Il ricorrente fonda le sue argomentazioni sulla sostanziale sovrapposizione (quanto a fattispecie regolate) del primo e del secondo periodo del nuovo comma 1-bis dell’art. 28 della legge reg. Lazio n. 29 del 1997, che invece hanno ad oggetto interventi diversi.

Il primo periodo si riferisce agli interventi di cui all’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001 al solo fine di prevedere che la richiesta per la loro realizzazione deve essere presentata allo sportello unico.

Il secondo periodo si riferisce invece, con tutta evidenza, agli interventi per i quali è necessario «il nulla osta di cui al comma 1» e prevede che se quest’ultimo non è reso entro sessanta giorni dalla richiesta, il titolo abilitativo si intende reso, riproducendo, per questo aspetto, il meccanismo già previsto dall’art. 13, comma 1, della legge n. 394 del 1991.

La disposizione impugnata non altera dunque il regime del nulla osta, rispetto al quale resta valido quanto disposto dall’art. 28, comma 1, della legge reg. Lazio n. 29 del 1997, e cioè che esso è richiesto per gli interventi soggetti a titolo abilitativo edilizio.

In conclusione, le censure prospettate si fondano su un erroneo presupposto interpretativo, che determina la loro infondatezza nei termini sopra indicati.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separata pronuncia la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri indicato in epigrafe;

5) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, lettera h), della legge reg. Lazio n. 7 del 2018, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere l) e m), Cost., con il ricorso indicato in epigrafe;

 

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