CASSAZIONE – IL CACCIATORE NON DEVE SPARARE ALLA CIECA

 

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Corte di Cassazione, Sez. IV Penale, Sentenza n. 19217 del 25 giugno 2020 (udienza del 21 gennaio 2020):

 “… l’esercizio della caccia con fucile costituisce attività pericolosa che impone al cacciatore, al fine di preservare l’incolumità di terzi, di accertare, con riferimento alle specifiche peculiarità di luogo e di tempo e alle concrete modalità di svolgimento, anche in base a regole cautelari prudenziali dettate dalla comune esperienza, di avere la sufficiente libertà e sicurezza del campo di tiro al fine di evitare che altre persone si trovino potenzialmente lungo la traiettoria del proiettile; il che preclude il compimento di azioni di fuoco “alla cieca”, anche con l’esplosione di colpi di fucile verso il basso, contro un bersaglio non determinato e coperto da vegetazione che impedisce di avere una completa visibilità della zona (Sez. 4, n. 8361 del 02/06/1981, Tofani, Rv. 150242; Sez. 4, 16/03/1981, Anticelli; Sez. 4, n. 9942 del 19/06/1980, Manti, Rv. 146104).

Nell’ambito dell’attività venatoria di gruppo, coma la battuta di caccia al cinghiale, non costituisce fatto imprevedibile tale da escludere la sussistenza del rapporto di causalità tra la condotta colposa e l’evento lesivo, l’improvviso spostamento di un altro cacciatore dalla originaria posizione al medesimo assegnata (Sez. 4, n. 12948 del 05/03/2013, Mugiri, Rv. 255511; Sez. 4, n. 7029 del 05/02/1982, Comis, Rv. 154660)“

(LAC Liguria, 7 luglio 2020).

 

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