Il via libera agli Ogm in Italia nascosto dietro tre decreti legge?

 

Secondo la campagna  #ItaliaNoOgm, lanciata da decine di associazioni di base e di cittadinanza attiva e nata per opporsi recisamente alla pericolosa ipotesi di utilizzare le biotecnologie in agricoltura,  «la Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, nelle sue segrete stanze, sta valutando l’opportunità di ammettere l’introduzione in Italia dei nuovi OGM, c.d. NBTs (New Breeding Techniques)» e denuncia che «il governo italiano – oltre ad avere votato a favore della riforma “grigio fumo” della Politica Agricola Comune (PAC) – ha predisposto alcuni progetti normativi che mirano a introdurre nel Bel Paese la possibilità di importare e realizzare, riprodurre e immettere sul mercato materiali geneticamente modificati.

Le Commissioni competenti di Camera e Senato si trovano ora a esprimere i propri pareri su tre complessi schemi di decreti legislativi che nascondono una trappola.

Con l’obiettivo di ribaltare la storica posizione dell’Italia in materia di OGM: il legislatore italiano, nel 2004, aveva introdotto un divieto di fatto all’utilizzo di OGM in agricoltura, il governo Conte, nel 2020, prova invece ad aprire la strada ai Franken-seed.

Di soppiatto, senza consultare i cittadini né le parti sociali interessate».

Secondo #ItaliaNoOgm, «i tre cavalli di Troia sono composti di centinaia di pagine tra le cui righe e cavilli si nasconde il via libera all’utilizzo di materiali geneticamente modificati in agricoltura e florovivaistica. 

Sine cura del potenziale impatto sulla biodiversità della loro deliberata immissione nell’ambiente.

I tre atti del governo – trasmessi al Parlamento con urgenza, il 2.11.20, per i pareri delle competenti Commissioni – contengono: “norme per la produzione e la commercializzazione dei materiali di moltiplicazione e delle piante da frutto e delle ortive”, “norme in materia di produzione a scopo di commercializzazione e la commercializzazione di prodotti sementieri”, “ norme per la produzione e la commercializzazione dei materiali di moltiplicazione della vite”. 

Tutti e tre giustificati con l’esigenza di ‘adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/2031 e del regolamento (UE) 2017/625’ (2,3)».

Oggi anche Altragricoltura BIO e Associazione Consumatori e Utenti (ACU) si schierano a sostegno di Cambia la Terra, coalizione che raccoglie FerderBio, Legambiente, Lipu, ISDE – Medici per l’Ambiente e Wwf e denunciano che «i decreti, già approvati il 30 ottobre 2020 dal governo, in attesa dei pareri delle Commissioni agricoltura di Camera e Senato e della Conferenza Stato Regioni, procureranno incalcolabili ed irreversibili danni all’intera nazione, non solo per la scriteriata esaltazione degli organismi geneticamente modificati e dei nuovi progetti sperimentali di editing genomico in agricoltura, che gli schemi in oggetto propongono, ma anche: per i disastrosi riflessi sull’intera immagine della nostra agricoltura di qualità; per l’ignobile assoggettamento ai brevetti su semi e varietà di ortaggi, alberi da frutta e varietà di vitigni che arricchiranno le solite quattro multinazionali; per la chiusura di tante importantissime piccole e medie imprese, spesso a conduzione famigliare, che mantengono viva la biodiversità dei territori collinari e montani; per l’attacco istituzionale a tutto il comparto dell’agricoltura biologica italiana, in costante crescita sia quantitativa che qualitativa, indice di una importante presa di coscienza culturale da parte dei consumatori e degli stessi agricoltori; La legge delega, che richiede di adeguarsi con tali decreti a due specifici regolamenti europei, non prevede assolutamente di normare gli OGM».

Secondo Maurizio Mazzariol  di Altragricoltura BIO e Gianni Cavinato di ACU si sarebbe di fronte a «illeciti e vere e proprie norme illegali che prevedono di fatto: il divieto per le aziende agricole di riseminare le produzioni aziendali (con obbligo quindi di acquistare i semi dalle industri sementiere); un ostacolo economico e burocratrico per i piccoli vivai territoriali,  che riproducono la biodiversità agraria locale, inerente la tradizionale produzione e vendita di piantine di ortaggi e piante da frutto; la reclusione in riserve e musei all’aperto di tutte le riproduzioni inerenti la ricchissima biodiversità agraria italiana, che vanta centinaia di varietà antiche di cereali e migliaia di ortaggi e frutiferi autoctoni, il cui materiale di propagazione, in aperto contrasto con le norme internazionali, potrà essere commercializzato in “modiche quantità” su limitatissime superfici. Il tutto per consentire infine l’utilizzazione di norme definite incostituzionali dalla Corte  Costituzionale gia dal 2006 che l’Ufficio di coordinamento legislativo del Ministero preposto ha completamente ignorato».

(Articolo pubblicato con questo titolo l’11 dicembre 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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