Ecco la Rete delle Università per i Parchi

 

domenico-nicoletti

Le Università italiane, dove la cultura dei parchi si è formata (con la sfida del 10%), e consolidata con master e corsi specialistici, hanno tracciato la linea sui processi di condivisione di un nuovo approccio culturale negli atteggiamenti scientifici disciplinari per le Aree Protette italiane.

Il 29 settembre 2016 a Barisciano (AQ) presso il Centro Floristico dell’Appennino, Centro di Eccellenza del Network della Biodiversità italiana, nel Parco Nazionale del Gran Sasso Monti della Laga, sulla scorta di un documento programmatico, predisposto dal Prof. Massimo Sargolini dell’Università di Camerino, e dal Prof. Roberto Gambino, emerito dell’Università di Torino,  si sono confrontate eminenti personalità delle Università italiane per valutare le criticità e le sinergie con i Parchi, sottolineando la necessità di una maggiore integrazione disciplinare e di una effettiva trasposizione, nelle realtà locali, delle migliori conoscenze disponibili per tradurle in pratica gestionale ottimale, partendo da:

1. Lo spostamento di attenzione dagli oggetti ai sistemi di relazione, “dalle isole agli arcipelaghi”, dalle risorse (storico-culturali, architettoniche, paesistiche, ambientali) al loro contesto di appartenenza e quindi all’ambito relazionale che ciascun “bene” instaura con le altre componenti del suo intorno vitale.

2. L’interazione tra saperi diversi (da quelli propri dell’architetto a quelli del geografo, del geologo, del botanico, del faunista, del sociologo, dell’economista, dell’antropologo, ecc.), in vista di  interpretazioni analitiche, valutative e progettuali realmente interdisciplinari, in cui le diverse conoscenze non vengano semplicemente accostate, ma abbiano la possibilità di interagire e di contaminarsi vicendevolmente.

3. Il coordinamento normativo degli strumenti inerenti le aree protette e le altre forme di regolazione paesistico-ambientale. Mentre a livello internazionale valgono (in forma di politiche e strategie) le indicazioni per le “aree naturali protette IUCN…”, si avverte per l’Italia  l’esigenza di rispondere agli obbiettivi delineati dalla Convenzione Europea del Paesaggio (CEP),  approvata all’unanimità dal parlamento e rimasta inattuata.

4. Il radicamento del progetto universitario nella realtà locale.

Il tentativo di promuovere e potenziare il contributo dell’università alle politiche delle aree protette si basa sulla convinzione che un’istituzione universitaria non si qualifica tanto come un’isola “colta”, appannaggio di ristrette élite di studiosi e decontestualizzata rispetto al territorio che la ospita, quanto come agente catalizzatore di idee ed esperienze, in grado di coinvolgere attori pubblici e privati.

A fronte dell’attuale paradigma economico-sociale fondato sulla conoscenza, la ricerca e l’alta formazione hanno acquisito un ruolo cruciale per la crescita dei territori”; si va dunque affermando una nuova mission per gli atenei, come poli dello sviluppo  locale.

In tal senso, l’attenzione progettuale delle nostre università dovrebbe concentrarsi su tematiche che trovano riscontri e applicazioni concrete in aree e contesti territoriali e geografici come in sperimentazione nelle aree dell’Appennino Umbro-Marchigiano.

Alla luce dei segnali provenienti dalle amministrazioni, cresce l’interesse  per il paesaggio inteso come risorsa essenziale per la sopravvivenza stessa del territorio, sia dal punto di vista ecologico che da quello socio economico. 

Questo processo, messo in discussione nell’incontro del 29 settembre porterà al Manifesto di Barisciano con le integrazioni e le valutazioni delle rappresentanze di Federparchi, dei Parchi e delle Associazioni ambientaliste presenti all’incontro. 

Domenico Nicoletti

(Articolo di Domenico Nicoletti, pubblicato con questo titolo il 4 ottobre 2016 sul sito online “greenreport.it”)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Vas