I Cinque Stelle votano la proroga della Bolkenstein: “Salviamo gli ambulanti di Roma”

 

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Ottenere la proroga delle concessioni fino al 2020, pressando il Governo perché escluda gli ambulanti dalla direttiva.

È quanto richiesto alla sindaca Raggi dall’aula Giulio Cesare con apposita mozione approvata in mattinata.

Un atto che fissa di fatto la posizione della maggioranza sulla Bolkenstein.

I tempi stringono e la direttiva europea 2006/123/CE impone agli stati membri la regolamentazione in materia di servizi del mercato interno, in particolare stabilendo all’articolo 12 la rimessa a bando delle autorizzazioni commerciali su area pubblica, entro maggio 2017.

Il 31 dicembre la dead line di partenza per le gare. 

Ma Roma non è pronta”.

Ha esordito così in Aula il presidente della commissione Commercio Andrea Coia, primo firmatario della mozione.

O almeno, non lo è a queste condizioni.

Serve tempo per sollecitare il governo Renzi all’inserimento di una serie di modifiche al decreto legislativo che ha recepito la Bolkenstein, il 59 del 2010: escludere gli ambulanti dalle categorie interessate e garantire l’accesso ai bandi solo a piccole aziende. 

“Non si può pensare di mettere in mano alle Spa il commercio ambulante – chiosa ancora Coia – il nostro obiettivo è prima di tutto combattere per i diritti delle aziende a conduzione familiare”.

Il che non significa non cambiare niente.

“Sicuramente dobbiamo apportare delle modifiche alla 35 (delibera comunale sul commercio), lo faremo di concerto con le associazioni di categoria, istituendo un osservatorio e delle consulte municipali”.

Tradotto: risolvere i problemi del settore è una questione di volontà politica.  

“Si può e si deve fare a prescindere dalla direttiva” spiega ancora il consigliere di Fratelli d’Italia, membro della commissione, Maurizio Politi.

“È fondamentale sedersi con gli operatori e ridisegnare il settore eliminando le irregolarità che sono molte.  

Quindi guardando, faccio un esempio, che le bancarelle rispettino il codice della strada o rispondano a quanto previsto a salvaguardia delle aree monumentali.  

Ma sempre ricordandoci che parliamo di persone e di famiglie, niente di tutto questo può essere demandato agli uffici. Deve intervenire la politica”.  

VOTI CONTRARI – Che la Capitale non sia pronta per ribaltare in poche settimane un settore che sfama 10mila operatori e le loro famiglie, oltre a essere crogiuolo di interessi fortemente radicati sul territorio, è un punto di partenza quasi unanime.

Ma dagli scranni c’è chi si scaglia contro tutto il resto.

Salvare in toto gli ambulanti in quanto tali non è una strada che piace a tutti.

Perché va bene il costo sociale messo sul piatto della rivoluzione, ma occorre distinguere.

“Alcune postazioni in centro storico fisse e intoccabili non possono essere paragonate a chi si ammazza per arrivare a fine mese in qualche mercato dei quartieri di periferia.  

Alcuni fasce di operatori sono da tutelare, quelle deboli, taglieggiate da normi folli che andrebbero riviste, non chi è andato avanti per furbizia o prepotenza”.

Sempre ricordando che “di proroghe questa città è morta”.

A parlare è Alessandro Onorato, consigliere della lista Marchini, inondato di fischi e insulti dalla platea di uditori.

“Non siamo tutti Tredicine” si legge su un cartello esposto dagli operatori presenti per assistere al Consiglio.

E a Onorato: “Sei un buffone”. 

In parte dello stesso avviso (“condivido all’80 per cento”) anche il consigliere Pd, Orlando Corsetti, ex presidente della commissione Commercio sotto il governo Marino.

“Sono d’accordo con la proroga, ma attenzione a far passare ai cittadini che così si risolve il problema.  

È una soluzione inesistente.  

Il tempo serve per avviare un percorso insieme arrivando più preparati alla stesura dei bandi”, con paletti sui criteri di assegnazione in linea con quanto già stabilito della conferenza Stato Regioni del 2012: per il primo rinnovo priorità all’anzianità di servizio per il 40% dei punti totali.

Insieme a tutte quelle situazioni da mettere a norma, perché altrimenti non possono andare nemmeno a bando.

“Vengo dall’Esquilino, dove il mercato è stato chiuso per irregolarità igienico-sanitarie proprio ieri.  

Ce ne sono decine in condizioni ben peggiori, dove si deve intervenire con lavori di messa a norma, altrimenti non posso nemmeno andare a gara”.

Toni ancora più accesi arrivano dal capogruppo Michela Di Biase: “Il governo Raggi prende in giro i cittadini.  

Davvero pensiamo con una mozione di andare contro una direttiva europea?  

È una follia, come folle è l’intera gestione della macchina amministrativa.  

Senza contare che la sindaca, come potete vedere, non è presente”.

Ma la sua risposta sul tema arriva comunque.

“Noi favoriamo i Tredicine?  

Leggete meglio la mozione”.

 

(Articolo di Ginevra Nozzoli, pubblicato con questo titolo il 3 novembre 2016 sul sito online “Roma Today”)

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A giustificazione del rifiuto di rispettare in tutto e per tutto la Bolkenstein si stanno riportando da parte degli operatori del settore e da chi li appoggia politicamente le stesse non dimostrate ragioni portate all’epoca dalle ditte pubblicitarie contro la necessità di rilasciare le autorizzazioni scadute il 31 dicembre del 2014 tramite regolari bandi di gara.

Con la scusa che si andrebbero a favorire le multinazionali ed in generale le Società per Azioni e quindi il loro monopolio, si puntava – come si punta tuttora – a mantenere di fatto un inaccettabile regime di monopolio assoluto ieri nel settore degli impianti pubblicitari ed oggi nel settore del commercio ambulante (ed in quello degli stabilimenti balneari, che ha provocato già una procedura di infrazione contro il Governo italiano per avere rinnovato le concessioni fino al 2010, violando il principio della libera concorrenza) . 

La direttiva europea  2006/123/CE è stata emanata 10 anni fa e non può di certo essere portata come scusa che “Roma non sia pronta” dopo tutto questo tempo, che non è stato nemmeno dedicato in modo irresponsabile a trovare una soluzione mediata, che per il caso in questione può essere la stessa trovata per la riforma dei cartelloni pubblicitari: quella cioè di riservare (con un procedimento di evidenza pubblica) una certa quantità di impianti pubblicitari del Comune (i cosiddetti SPQR) a quelle ditte che hanno operato da sempre a Roma nel rispetto della legalità.

Una soluzione analoga potrebbe essere applicata per tutti gli ambulanti con un procedimento di evidenza pubblica che riservi un certo numero di spazi pubblici esclusivamente a quei commercianti che hanno operato anch’essi a Roma nel rispetto della legalità.

Stupisce che i consiglieri del M5S dell’epoca di Marino (Raggi, De Vito, Frongia e Stèfano), che all’epoca hanno votato a favore della soluzione suddetta, non si siano opposti al blocco dei consiglieri 5 Stelle in carica (con in testa Andrea Coia) e non abbiano comunque ritenuto di consigliare la stessa soluzione, preferendo incorrere in sicure procedure di infrazione.

 

Dott. Arch. Rodolfo Bosi

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