Audizioni alla Camera per la Legge sui Parchi. Il documento di Federparchi

 

Sono iniziate oggi alla Commissione ambiente della Camera le audizioni, con le Associazioni ambientaliste e Federparchi,  per la riforma della legge quadro 394/91 sulle Aree protette.

Ecco il documento presentato in Commissione da Giampiero Sammuri, presidente di Federparchi, e approvato nel corso dell’ultima seduta del consiglio direttivo di Federparchi:

In primo luogo vorremmo ringraziare la commissione ambiente per avere iniziato a lavorare celermente su questo DDL.

Come cercheremo di argomentare, le aree protette italiane ne hanno tremendamente bisogno e sarebbe molto importante arrivare all’approvazione definitiva prima della fine della legislatura.

Molto apprezzabile è anche il metodo di svolgere una serie di consultazioni, cosa peraltro già avvenuta al Senato, per avere contributi utili alle decisioni che deve prendere la commissione.

Federparchi

Federparchi è l’associazione di categoria che rappresenta i gestori delle aree protette italiane.

Sono associati il 100% dei parchi nazionali, il 77% dei quelli regionali, il 78% delle aree marine protette, oltre a regioni, enti locali ed associazioni ambientaliste.

Per spiegarlo in termini veloci la Federparchi sta ai parchi come l’ANCI sta ai comuni.

Inoltre siamo la sezione italiana di Europarc Federation, l’analoga associazione di livello europeo.

Il fatto di rappresentare i soggetti gestori, forzatamente, influenza il nostro approccio alle modifiche alla 394/91.

Infatti operiamo sempre con un duplice sguardo: da un lato sostenere modifiche che possano incidere positivamente ed immediatamente sui problemi che dobbiamo affrontare quotidianamente nella gestione di un’area protetta, dall’altro lato riflettere su un approccio di più ampio respiro attorno ai valori positivi ed originali che le aree protette rappresentano per il nostro paese.

I nostri soci ci chiedono, soprattutto, di poter gestire meglio e in maniera più efficiente le aree protette, ma anche di avere un riferimento culturale ed una “ragione forte” per il proprio agire.

Le nostre ragioni

Le modifiche della legge 394 (che ha dato buona prova di sé in tutti questi anni) sono necessarie, come già in qualche modo dicevamo prima, per riuscire a dare funzionalità e operatività migliori alle nostre politiche quotidiane di tutela e promozione territoriale.

Utilizziamo “tutela e promozione” – quasi un binomio inscindibile- proprio perché, sulla scorta dell’esperienza cumulata nella gestione diretta ed in prima fila delle aree protette sia nazionali che regionali, riteniamo proprio questo binomio la carta vincente.

Due, a nostro avviso, le grandi tematiche da realizzare, che sono un po’ la sintesi della osservazioni puntuali che di seguito avanziamo sui singoli aspetti della legge.

La prima è proprio il senso della definizione “tutela e promozione”, che intende attualizzare le scelte originarie delle politiche di tutele territoriale, quando l’approccio era fondato prevalentemente sulla “separatezza”, individuando le aree da proteggere come perimetri, appunto, separati e diversi dal resto del territorio.

Per dirla ieri in soldoni: la filosofia iniziale era che dentro i parchi non si facesse quello che si fa fuori (da qui la tutela della biodiversità dentro i parchi, ma il consumo abnorme di suolo e la cementificazione fuori, per stare sul sin troppo noto).

Per dirla oggi ancora in soldoni : dentro i parchi , si fa quello che sarebbe opportuno fare anche fuori, in un rapporto positivo con la natura ed il paesaggio, in un equilibrio fra rigorosa tutela della biodiversità e dinamiche umane legate alle attività sostenibili ed al rapporto, storicamente fortissimo e ricchissimo nel nostro paese, fra uomo e territorio.

È il rovesciamento di un paradigma ormai datato: trasformare i parchi da “isole” più o meno felici a realtà esportabili, anticipatrici di un modello che vorremmo fosse più diffuso.

La seconda è la ricostruzione di una connessione forte e strutturata di tutta la realtà dei parchi e di altre forme di tutela sparse sul territorio, a partire dal raccordo fra parchi nazionali e parchi regionali, passando per tutta la rete natura 2000 (Sic, Zps…).

Se questo ricco e articolato tessuto territoriale non viene intrecciato e connesso, reso vero e proprio “sistema” (comunicante, capace di scambio e conoscenza reciproca, forte di linguaggio comune) l’efficacia forza del “binomio” di cui si diceva prima viene meno.

Solo se la grande rete delle varie forme di tutela (giuridicamente differenziate, ma operativamente omogenee) diventa vitale e dinamica, può prendere corpo e forza l’idea di una grande “rete” di protezione del territorio che non si limita a “difendersi”, ma si propone come grande innervatura green capace di garantire naturalità , di fare paesaggio, di produrre cultura, di costruire economia: di provare ad essere, insomma, un soggetto originale forte e innovativo nella dinamica complessiva del nostro paese.

Per queste ragioni serve una legge rinnovata, ad anche un rinnovato ruolo del ministero dell’ambiente che deve provare ad essere, anziché il soggetto che guarda una parte del sistema (le aree protette nazionali), il promotore di una politica territoriale “di sistema”, in un rapporto positivo e dinamico con le regioni, in un recupero di ruolo rispetto alla rete di Natura 2000, assumendo, insomma, la funzione di un vero e proprio volano che renda intrecciate tutte, ripetiamo, tutte, le politiche territoriali di tutela e promozione e che veda l’intero sistema delle aree protette nazionali o regionali che siano, come cardine centrale del progetto.

Il testo uscito dal Senato

l testo che la commissione ambiente della Camera si appresta ad esaminare è complessivamente positivo e molto migliorativo rispetto al testo vigente.

Ci sono alcune innovazioni che noi riteniamo debbano essere assolutamente mantenute, ma c’è anche lo spazio per delle modifiche che andremo a proporre e che ci auguriamo che, la commissione prima e la Camera dei Deputati poi, possano valutare positivamente.

PUNTI SALIENTI DELLA RIFORMA DA MANTENERE

1. INTRODUZIONE DI ALCUNI CRITERI NELLA NOMINA DEI PRESIDENTI DEGLI ENTI PARCO

Nel DDL si introduce il criterio dell’esperienza di gestione di enti pubblici o privati quale presupposto necessario per essere nominato Presidente di parco, da parte del Ministro dell’Ambiente.

Nella vigente legge 394, invece, non vi è alcun criterio, neanche di esperienza.

I parchi si pongono al centro di una geometria di relazioni istituzionali piuttosto complessa e delicata; talché il requisito dell’esperienza di direzione, ovvero di indirizzo in enti pubblici o privati, sembra costituire un giusto criterio per assicurare ai parchi che i Presidenti possano essere idonei alle funzioni di programmazione e indirizzo da svolgere.

Resta ferma, in ogni caso, la competenza del Ministro sulla nomina assicurando l’intesa delle regioni o delle province autonome, introducendo però un sistema che renda il processo più veloce con tempi certi.

Non ci dimentichiamo che nei 25 anni di vigenza della 394 abbiamo assistito a lunghissimi, oseremmo dire imbarazzanti, commissariamenti, alcuni durati più di 5 anni.

Tutt’ora abbiamo due parchi commissariati (uno da oltre due anni) e due nei quali non si riesce a nominare il presidente le cui funzioni vengono svolte dal vice (uno in questa situazione da due anni).

Sembra, altresì, significativo aver introdotto una disciplina dello status del presidente del parco per alcuni versi simile a quella dei sindaci, poiché risultano applicabili sia le ipotesi di incompatibilità degli incarichi che i permessi sul lavoro secondo la disciplina dell’articolo 79 TUEL (d. lgs. n. 267/00 e ss.mm.ii.) e spettanti ai sindaci di comuni al di sopra di 30 mila abitanti.

2. NOMINA DEI DIRETTORI DEI PARCHI

L’attuale 394 non prevede un’indicazione normativa per l’ingresso nell’albo dei direttori che ha sempre suscitato diverse critiche per la sua gestione e l’inclusione in esso di personale senza alcuna competenza in materia organizzativo-gestionale e di direzione di strutture complesse.

Il DDL prevede che il direttore di un parco sia selezionato come tutti i dirigenti pubblici: mediante selezione pubblica, per titoli, esperienza e, se necessario, prove.

Nell’attuale 394 si accoglie un indirizzo di fondo, cioè che la gestione del parco debba essere garantita da un direttore idoneo per le caratteristiche professionali da moderno dirigente pubblico, privilegiando esperienze e capacità gestionali-organizzative, in buona sostanza, manageriali.

Distinguendo le funzioni del direttore da quelle delle figure professionali esperte di biodiversità, ma anche di forestazione, agronomia, veterinaria, beni culturali e sviluppo socio-economico che dovranno, in ogni caso, essere presenti all’interno della dotazione organica dell’ente.

Visto che figure di questo tipo non sono sempre presenti all’interno dei parchi è una delle modiche al testo che vorremmo proporre e che espliciteremo meglio nella parte relativa.

3. CONTRIBUTI ECONOMICI DA PARTE DI GESTORI DI ATTIVITA’

Nel ddl viene previsto che, da parte dei soggetti che gestiscono un impianto produttivo, già esistente al momento dell’entrata in vigore della legge, all’interno del perimetro dell’area protetta, sia corrisposto un contributo economico finanziario a favore dei parchi per interventi di conservazione e tutela della biodiversità.

La disposizione, senza introdurre alcuna facilitazione per l’autorizzazione di nuovi impianti (eventuali autorizzazioni di nuovi impianti rimangono subordinati alle norme esistenti in base alle singole tipologie), colma un vuoto normativo ed una assurda discriminazione.

Infatti, numerosi soggetti pubblici incassano canoni e contributi, mentre il parco non ha alcun ristoro, nonostante sia l’unico ente che investe per mitigare gli effetti negativi di tali attività sulla biodiversità.

Va meglio equilibrata la ripartizione di detto fondo tra stato, regioni e parchi e di questo tratterremo nelle parte delle modifiche che proponiamo, ma è fondamentale mantenere la norma nel suo complesso, per garantire un equilibrio sostanziale, al momento inesistente, fra i vari soggetti pubblici.

4. DIVIETO DI CACCIA NEI PARCHI NAZIONALI E REGIONALI

Nel DDL viene sancito che la caccia è vietata, senza possibilità di deroghe, sia nei parchi nazionali che nei parchi regionali.

Anche se, di fatto, la caccia era già vietata con chiarezza, ma non in virtù della 394/91, ma bensì della successiva 157/92.

Ora la norma è inserita in modo chiaro nel luogo più appropriato, la legge quadro sui parchi, il che influenza anche eventuali modifiche future della 157/92 ed opera una migliore “pulizia normativa”.

5. GESTIONE FAUNISTICA

L’articolo 11.1 del DDL, totalmente nuovo, affronta in modo corretto e scientificamente ineccepibile il problema della gestione delle specie problematiche ed aliene.

Non va dimenticato che le più importanti organizzazioni e convenzioni mondiali per la conservazione della natura (IUCN e CBD su tutte) individuano nelle specie aliene la seconda causa per la perdita di biodiversità nel mondo, dopo la prima che è la distruzione/alterazione dell’habitat e più importante di altre come l’inquinamento, i cambiamenti climatici, la caccia e la pesca eccessive ed indiscriminate.

La normativa italiana è complessivamente inadeguata ad affrontare il problema nonostante il regolamento 1143/2104 UE, per quanto riguarda le specie aliene, detti importanti indicazioni per gli stati membri.

Il DDL affronta, almeno per le aree protette, per la prima volta in maniera organica la problematica dando un forte ruolo di apporto tecnico-scientifico all’ISPRA.

Complessivamente è un articolo, secondo noi, da non toccare salvo una correzione che più avanti illustreremo.

6. SANZIONI IN AREE MARINE PROTETTE

Le aree marine protette rappresentano una eccezionale risorsa di biodiversità e una grande opportunità per il turismo sostenibile in Italia.

Il ddl interviene introducendo nuove sanzioni per i reati perpetrati all’interno delle AMP, come la confisca del mezzo del reato e vengono adeguata e innalzate le sanzioni pecuniarie.

7. AREE CONTIGUE

Una delle innovazioni più importanti del DDL è la nuova disciplina delle aree contigue, strumento utilizzato relativamente poco in Italia, a differenza di quello che avviene in Europa e nel mondo, con le cosiddette buffer-zone.

Il fatto che sia il parco a proporle attraverso lo strumento del piano ed a regolamentarle le mette, appunto, in linea con il resto del mondo, anche perché dette aree hanno un senso se sono funzionali e coordinate con i valori da conservare nel parco.

Alle regioni, attraverso l’approvazione del piano del parco, resta comunque l’ultima parola sulla costituzione e perimetrazione di un’area contigua.

8. SEDE PARCO GRAN PARADISO

Il DDL prevede finalmente, dopo varie richieste della Comunità del Parco, petizioni popolari e infruttuose iniziative parlamentari, la possibilità di un eventuale trasferimento delle sedi legale e amministrativa del Parco Nazionale Gran Paradiso da Torino e Aosta ad un comune del versante piemontese e a un comune del versante valdostano del Parco, avvicinando così l’Ente Parco al suo territorio in analogia a quanto già avviene in tutti gli altri parchi nazionali che hanno la sede nel territorio del Parco.

 

(Articolo pubblicato con questo titolo l’11 gennaio 2017 sul sito online “greenreport.it”)

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