Venezia, la protesta dei residenti-panda. “Vogliamo vivere nella nostra città”

 

VENEZIA. I veneziani non vogliono essere una specie in via di estinzione come il panda gigante.

Alla vigilia dell’avvio ufficiale del Carnevale, gli abitanti della città lagunare con un flash-mob dal titolo provocatorio “Un pesce di nome panda?” sul sagrato della Chiesa della Madonna della Salute hanno rivendicato il diritto di vivere, e non solo di lavorare, tra calli e campielli, senza subire il peso di un turismo sempre più soffocante.

Centocinquanta persone dai 3 ai 73 anni si sono improvvisate attori, vestiti da panda, per sottolineare, di fronte alla platea internazionale, il diritto economico a poter risiedere in città e a non vedere trasformato ogni palazzo in un nuovo albergo, ponendo fine all’esodo degli abitanti, quantificato in 2,6 al giorno.

Attualmente sono 54.600 i residenti nei sestieri (a fronte dei quasi 175 mila del 1951), mentre risultano 30 mila i pendolari che oggi giorno dalla terraferma giungono in centro storico per prestare la loro opera.

Facciamo appello alla solidarietà del mondo intero, perché Venezia, con i suoi abitanti e la sua cultura unica, patrimonio dell’umanità – spiega Marco Gasparinetti, uno degli organizzatori dell’evento, promosso dall’associazione ‘Veneziamiofuturo’ – e non la proprietà privata di qualche lobby“.

Un concetto che Gasparinetti chiarisce ulteriormente.

Quello che comincia domani non è più il nostro Carnevale:  una macchina mangiasoldi per spennare i turisti undici mesi su dodici: il solo mese di tregua per noi è gennaio – conclude -.

Per far girare la macchina mangiasoldi al massimo, bisogna svuotare Venezia dei suoi cittadini e la missione è  quasi compiuta.  

Noi non ci stiamo, non intendiamo rassegnarci a fare le valigie“.

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 17 febbraio 2017 su “La Nuova di Venezia e Mestre”)

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