Eike Schmidt “Un brutto segnale” è il commento di Stefano Boeri. Lo storico dell’arte ha risposto alla call per dirigere il Museo viennese dopo solo due anni dal suo arrivo a Firenze. Il nuovo incarico durerà cinque anni e potrebbe essere rinnovabile. Alcuni trascorsi con la città potrebbero avere influito. O forse si tratta solo di una scelta legata alla volontà di proseguire con un’altra scommessa. Fatto sta che alla scadenza del suo mandato agli Uffizi, lo storico dell’arte Eike Schmidt, direttore della straordinaria galleria fiorentina, nata dal corpus della famiglia Medici, lascerà la Toscana per volare a Vienna. In Austria dirigerà, infatti, l’altrettanto importante Kunsthistorisches Museum. Notizia data in sordina, ma trapelata anche in Italia dopo l’ annuncio fatto in conferenza stampa dal Ministro della Cultura austriaco Thomas Drozda. I TRASCORSI A FIRENZE L’incarico comincerà a partire dal 2020, dopo 4 anni di lavoro nell’istituzione fiorentina (Schmidt è agli uffizi da novembre 2015). Nominato tra i 20 superdirettori di Dario Franceschini, ha avuto un iter ricco di successi, ma anche di tribolazioni e di critiche. Il 26 maggio 2016 il direttore si era visto comparire in ufficio un inviato della Polizia Municipale ed era stato multato per 295 euro “per una presunta violazione di un articolo del Codice della strada poiché effettuava pubblicità fonica a mezzo altoparlanti posizionati sotto il loggiato degli Uffizi, privo della prescritta autorizzazione”. Motivo? Aveva fatto trasmettere un messaggio registrato nel piazzale del Museo ricordando ai visitatori il prezzo del biglietto d’ingresso, ricordando la possibilità di ridurre i tempi di attesa effettuando la prenotazione dei titoli di accesso e i luoghi in cui acquistare legittimamente i biglietti per frenare il fenomeno del bagarinaggio. Né deve avergli fatto una bella impressione, nonostante non sia stato minimamente toccato dalla querelle e dalla richiesta di ricorso, l’allusione alla non validità […]
Archivi Giornalieri: 2 Settembre 2017
«Un brutto segnale». Il giudizio di Stefano Boeri, membro del comitato scientifico degli Uffizi, è azzeccato. Chi scrive ha un giudizio radicalmente negativo della riforma che ha portato Eike Schmidt a dirigere il più importante museo italiano. Ma è proprio chi crede in quella riforma che ora dovrebbe porsi alcune domande. Ci è stato detto che bisogna trattare i musei come aziende, scegliendone i direttori sul mercato internazionale. Ebbene, quale amministratore delegato di una grande impresa annuncerebbe — prima ancora della metà del mandato, e con la proprietà che incoraggia pubblicamente a progettarne un secondo — che abbandonerà quel posto per assumerne uno analogo presso un concorrente? Ci è stato detto che bisogna scegliere “il meglio” in astratto, senza riguardo alla storia culturale e professionale dei prescelti. Se avevamo davvero scelto il meglio, perché oggi non ci viene portato via dal Metropolitan di New York o dal Louvre ma da un museo, che seppur meraviglioso, non è paragonabile agli Uffizi, nella carriera di un direttore? Più semplicemente: se davvero avevamo scelto il meglio, perché ora ce lo facciamo sfilare? Se concepiamo il sistema dei musei come una sorta di “calcio mercato” allora non dovremmo anche disporre dei soldi per tenerci stretti i “campioni” che abbiamo “comprato”? Il dubbio è che una riforma affrettata non abbia dato ai direttori gli strumenti, e la serenità, necessari ad attuare i cambiamenti largamente annunciati. Basti pensare alla sentenza del Consiglio di Stato che dovrà decidere sulla legittimità di alcune delle nomine dei direttori non italiani (con potenziali effetti a cascata su tutte, Uffizi inclusi). A fare le spese di tutto questo rischiano ora di essere gli Uffizi: un museo, anzi un complesso museale, delicatissimo. Eike Schmidt ha attuato qualche cambiamento: da quello del nome ufficiale a quello delle tariffe d’ingresso. Ma soprattutto ha […]
In Amazzonia vengono scoperte nuove specie animali e vegetali alla media di una ogni due giorni, un tasso mai osservato in questo secolo, come afferma il nuovo report elaborato da Wwf e Mamirauà Institute for Sustainable Development, appena presentato a San Paolo in Brasile. «Queste scoperte confermano che c’è un’immensa varietà e ricchezza di biodiversità, è il segnale che abbiamo ancora molto da conoscere sull’Amazzonia», spiega il coordinatore del programma Wwf-Brazil Amazon, Riccardo Mello. Dall’Inia araguaiaensis (una nuova specie di delfino di fiume rosa la cui popolazione è valutata in circa 1.000 individui) alla Plecturocebus miltoni – la scimmia dalla coda di fuoco – passando per l’uccello che prende nome dall’ex presidente Usa Barack Obama (il Nystalus obamai), il Wwf documenta che tra il 2014 e il 2015 sono ben 381 le nuove specie scoperte in Amazzonia: 216 piante, 93 pesci, 32 anfibi, 20 mammiferi (due dei quali fossili), 19 rettili e un uccello. Risultati che – auspica il Panda – dovrebbero spingere i responsabili decisionali, sia pubblici che privati, a considerare gli impatti irreversibili causati da progetti su larga scala come le strade, le dighe a scopo idroelettrico, lo sfruttamento minerario. «Questa biodiversità deve essere conosciuta e protetta – conclude Mello – Gli studi indicano che il maggior potenziale economico di una regione come l’Amazzonia non può prescindere dal considerare la biodiversità in funzione di un nuovo modello di sviluppo che consideri questo inestimabile patrimonio per la cura delle malattie e per scopi alimentari». (Articolo pubblicato con questo titolo il 1 settembre 2017 sul sito online “greenreport.it”)
I Guardiani Guajajara, un gruppo di Indios brasiliani acclamati come eroi, perché pattugliano l’Amazzonia e cacciano i taglialegna illegali, ha occupato gli uffici della Fundação Nacional do Índio (Funai – il dipartimento brasiliano agli affari indigeni) a Imperatriz, nello Stato del Maranhão, per chiedere la protezione delle proprie terre. Survival International spiega che «è la prima protesta di questo genere organizzata dagli Indiani, conosciuti come Guardiani Guajajara. Il loro popolo sta affrontando un’emergenza, poiché molta della loro foresta è stata rasa al suolo. I Guardiani lavorano per proteggere la foresta nel nordest dell’Amazzonia brasiliana. Condividono quest’area, conosciuta come il territorio indigeno di Arariboia, con gli Awá incontattati. La foresta degli indigeni è un’isola verde in un mare di deforestazione. I taglialegna illegali pesantemente armati stanno entrando in quest’ultimo rifugio, e il governo non sta facendo molto per fermarli. Uno dei leader dei Guardiani, Tainaky Guajajara, ha detto: “Stiamo occupando il Funai per chiedere i nostri diritti alla terra, e la protezione dell’ambiente. Abbiamo bisogno di aiuto, urgentemente. La nostra terra viene invasa continuamente. Il governo brasiliano si è dimenticato di noi: è come se non esistessimo. Quindi abbiamo raggiunto il limite. Non sopporteremo più il modo in cui ci trattano”». I Guardiani Guajajara hanno deciso di armarsi e di usare le miniere forti per salvare la loro terra dalla distruzione, e per prevenire il genocidio degli Awá. Il coordinatore dei Guardiani, Kaw Guajajara, sottolinea che «gli Awá incontattati non possono vivere senza la loro foresta. Con il nostro lavoro abbiamo fermato molti degli invasori… finché saremo vivi, combatteremo per gli indigeni incontattati, per noi stessi e per la natura». I Guardiani Guajajara sono molto temuti da taglialegna, minatori abusivi e trafficanti. pattugliano la foresta, scoprono gli accampamenti abusivi di chi saccheggia le risorse naturali e sventano le invasioni. «Il loro […]
Secondo le anticipazioni del ministro dell’ecologia francese, Francois Hulot, il governo Macron voterà all’Ue contro il rinnovo dell’autorizzazione all’uso del glifosato, il più diffuso degli erbicidi, sospettato di provocare tumori e di cui è certificata la dannosità sulla salute umana e ambientale. La Commissione Europea dovrebbe prendere una decisione definitiva entro i primi giorni di ottobre e i negoziati sono ripresi il 30 agosto a Bruxelles. Quindi, presto si deciderà sulla vendita e l’utilizzo del pericoloso erbicida per i prossimi 10 anni. Maria Grazia Mammuccini, portavoce della Coalizione StopGlifosato, che riunisce 45 associazioni italiane, sottolinea che «rispettando gli impegni a favore dell’ambiente espressi in campagna elettorale, Macron e il suo ministro dell’ecologia stanno prendendo una decisione a favore della salute umana. Alla fine di luglio abbiamo scritto una lettera appello ai ministri Martina e Lorenzin perché l’Italia si schieri contro il glifosato. Non abbiamo ancora ricevuto risposta. Chiediamo che il Governo italiano dica con chiarezza come intende schierarsi e ci auguriamo veramente che segua l’esempio di Macron e Hulot». La Coalizione StopGlifosato ricorda che «entro settembre la Commissione Ue dovrà decidere se autorizzare senza restrizioni l’utilizzo di una sostanza chimica che l’Istituto internazionale di ricerca sul cancro (Iarc) ha bollato come “probabilmente cancerogeno per l’uomo”. A questo giudizio, le agenzie europee Efsa (sicurezza alimentare) e Echa (prodotti chimici) hanno opposto un parere di non cancerogenicità, pur riconoscendo la dannosità per l’uomo e gli ecosistemi provocati dall’utilizzo agricolo dell’erbicida. Queste conclusioni sono state messe in discussione non solo dalle associazioni ambientaliste e dei consumatori, ma da una parte del mondo scientifico, che contesta i metodi impiegati dalle due agenzie europee che hanno incluso gli studi delle aziende produttrici e consapevolmente ignorato ricerche indipendenti delle università». La Mammuccini conclude: «Per un paese come l’Italia che fonda […]