Consumo di suolo: ecco cosa perde l’Italia. Lo spot Ispra

 

Oggi è il World Soil Day  con il quale l’Onu celebra una risorsa preziosa dalla quale dipende la nostra stessa sopravvivenza, ma anche una risorsa fragile, nascosta e non rinnovabile, il cui valore è poco riconosciuto dalla società.

L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ci ricorda che è un enorme problema anche per l’Italia e che secondo i dati del suo ultimo rapporto nazionale su questo argomento,  «il consumo di suolo, la sua perdita a causa della trasformazione di aree agricole e naturali con la costruzione di edifici, infrastrutture o altre coperture artificiali, viaggia a una velocità di circa 3 metri quadrati al secondo, poco meno di 30 ettari al giorno. 

Negli ultimi sei mesi analizzati (novembre 2015/maggio 2016), le nuove coperture artificiali hanno riguardato ulteriori 50 chilometri quadrati di territorio».

L’Ispra ha deciso di celebrare il World Soil Day  con un videomessaggio in cui quattro testimonial impegnati su vari fronti in questa battaglia – Donatella Bianchi, Luca Mercalli, Paolo Pileri, Andrea Segrè – dicono la loro e ci invitano a stare attenti al suolo che consumiamo e spiega: «Oggi il suolo è minacciato da pressioni naturali e antropiche crescenti che stanno degradando, spesso in maniera irreversibile, le sue insostituibili funzioni produttive, ambientali e socio-culturali.  

La tutela del suolo, del patrimonio ambientale, del paesaggio e il riconoscimento del valore del capitale naturale sono compiti e temi che ci richiama l’Europa, e sono ancor più fondamentali per noi, alla luce delle particolari condizioni di fragilità e di criticità del nostro Paese».

Ispra aggiunge che «il consumo di suolo non possiamo permettercelo neanche dal punto di vista strettamente economico».

Le sue stime evidenziano «come il consumo di suolo degli ultimi quattro anni abbia portato a maggiori costi, a causa di servizi ecosistemici non più assicurati da un territorio ormai artificializzato, che sono valutati tra i 600 e gli 900 milioni di euro l’anno».

Il Wwf individua una delle principali cause del consumo di suolo: «Nelle 14 aree metropolitane italiane la percentuale della superficie urbanizzata dagli anni 50 ad oggi è più che triplicata (si è passati dal 3% di territorio urbanizzato al 10%) e in città come Milano e Napoli si è andati, nello stesso periodo ben oltre, passando dal 10 al 40% del proprio territorio urbanizzato.  

In poco più di 50 anni, nelle 14 aree metropolitane italiane sono stati convertiti ad usi urbani circa 3500 kmq di suolo, un’area di poco superiore all’intero territorio della Val D’Aosta».

Il rapporto inedito del Wwf, realizzato grazie alle elaborazioni del gruppo di ricerca dell’Università dell’Aquila che da anni collabora con l’associazione, si occupa delle 14 aree metropolitane, enti che coprono 50mila kmq e che interessano circa 1300 comuni (16% del totale), dove risiedono 21 milioni di abitanti, pari al 40% della popolazione italiana.

Il Wwf ricorda che «questa crescita impetuosa è dovuta, , ad un incremento demografico che si è concentrato nel territorio dei comuni delle aree metropolitane (Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino, Venezia) facendo registrare dal 1951 al 2001 un aumento di ben 12 milioni di persone (circa 2,5 milioni di abitanti in più ogni 10 anni), mentre nel decennio dal 2001 al 2011 l’energia del fenomeno è diminuita con solo 600mila nuovi abitanti».

I ricercatori dell’Università dell’Aquila, coordinati dal professor Bernardino Romano, membro del comitato scientifico del Wwf,evidenziano «come si sia passati dal 1950 ad oggi da una densità abitativa di 305 ab/kmq agli attuali 426 ab/kmq valori questi sempre superiori alle medie nazionali del periodo (157 ab/km nel 1951 e 197 ab/km su scala nazionale).  

Va sottolineato come nelle aree metropolitane di Napoli e Milano l’indice di densità abitativa raggiunge valori di 10 volte superiori al valore medio nazionale».

Secondo i dati Istat, tra il 1946 e il 2000 sono stati costruiti in queste aree oltre 2.000.000 di edifici ad uso residenziale, pari a 37mila edifici ogni anno, corrispondenti a 100 edifici al giorno e il Wwf sottolinea che «i dati degli ultimi 10 anni (2001-2011) mostrano come l’energia di tale fenomeno sia diminuita (180.000 nuovi edifici contro i 400.000 mediamente realizzati per ogni decennio precedente) ma comunque non del tutto esaurita. Gran parte di questi nuovi involucri edilizi sono concentrati nelle aree metropolitana di Roma (circa 35.000) e di Torino (circa 21.000)».

Nel rapporto il gruppo di ricerca evidenzia alcune situazioni peculiari tra edificazione e variazione demografica: «Ad esempio nel territorio della città metropolitana di Messina a fronte di un aumento di circa 200 abitanti (2001-2011) sono stati realizzati nello stesso periodo oltre 8.300 nuovi edifici, quasi 37 per ogni nuovo abitante mentre nella città metropolitana di Napoli ben tre nuovi edifici sono sorti per ogni abitante perso, Cagliari invece ne ha realizzati 2 per ogni nuovo abitante.  

L’analisi dell’indice di non occupazione delle abitazioni (numero di abitazioni vuote rispetto al totale delle abitazioni calcolato su base comunale) denota un valore medio molto basso pari al 16% (la metà dell’omologo valore rilevato in Appennino). Il valore più basso si registra nell’area metropolitana di Milano (solo il 6% delle abitazioni risulta essere non occupato) mentre i valori più elevati sono stati riscontrati nei territori delle città metropolitane di Reggio Calabria, Palermo e Messina».

La presidente nazionale del WWf, Donatella Bianchi, conclude: «Un’altra legislatura volge al termine ed ancora l’Italia non ha una legge per limitare il consumo del suolo.  

È ormai evidente che gli appelli per approvare un provvedimento fermo da mesi al Senato sono caduti nel vuoto.  

Non solo il 10% del nostro territorio è già occupato da insediamenti urbani o infrastrutture ma quotidianamente s’impoverisce la qualità del nostro patrimonio naturale, dei nostri paesaggi.  

Come evidenzia il lavoro del gruppo di ricerca dell’Università dell’Aquila la polverizzazione delle edificazioni in aree vastissime (sprinkling) ha portato alla frammentazione, alla “insularizzazione” degli habitat naturali più preziosi del nostro Paese: nella fascia chilometrica in immediata adiacenza ai Siti di Interesse Comunitari (SIC), dal 1950 al 2000, l’urbanizzazione è salita da 84mila ettari a 300 mila ettari, con un aumento medio del 260%. 

Se consideriamo che il consumo del suolo in Italia viaggia al ritmo di 30 ettari al giorno (ISPRA 2017) non possiamo non evidenziare come l’inerzia del Parlamento sul disegno di legge sul consumo del suolo (fermo da 553 giorni) ha già provocato la perdita di altri 17mila ettari circa.  

Non resta quindi che appellarsi ai Comuni che da subito potrebbero diventare gli attori di una rivoluzione nella pianificazione urbanistica».

 

https://www.youtube.com/watch?v=2A46eT2fAEI

 

https://www.youtube.com/watch?v=3Yv-inGqjJg

 

 

(Articolo pubblicato con questo titolo oggi 5 dicembre 2017 sul sito online “greenreport.it”)

 

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