In Asia 554 milioni di persone non hanno accesso ad acqua potabile sicura

 

Il 12,5% degli abitanti dell’Asia – ovvero 554 milioni di persone, un numero vicino all’intera popolazione del Nord America – non hanno ancora accesso ad acqua potabile sicura.

E mentre la disponibilità di acqua pro capite in Asia è la più bassa al mondo, gli scarichi domestici rappresentano uno dei problemi principali perché impattano sugli ecosistemi delle aree urbane più popolose: si stima infatti che dai 150 ai 250 milioni di metri cubi di acque reflue non trattate provenienti da aree urbane vengano scaricate nei bacini idrici o dispersi nel sottosuolo, compromettendo la crescita economica dell’area e soprattutto impattando in modo negativo sulla salute di miliardi di persone.

Sono queste le criticità emerse durante il terzo Asia-Pacific Water Summit, appena conclusosi a Yangon, in Myanmar: la conferenza ha riunito capi di governo e attori della comunità dell’acqua dell’area geografica asia-pacifica, con lo scopo di trattare i temi legati all’acqua e allo sviluppo sostenibile in vista del World water forum, che si terrà a Brasilia nel 2018.

«Lo scopo del World water forum – ha spiegato Kanupriya Harish, membro del bureau del Consiglio mondiale dell’acqua – è di riunire allo stesso tavolo professionisti del settore idrico e i decision-maker appartenenti alla classe politica.

Vogliamo che al Forum partecipino ministri, capi di stato, parlamentari, sindaci e presidenti degli enti locali, perché possano condividere le conoscenze acquisite e mobilitarsi per un uso razionale dell’acqua e la sicurezza idrica globale».

Un tema che, naturalmente, non riguarda “solo” gli abitanti dell’Asia-Pacifico, dove vivono i due terzi della popolazione mondiale, ma si usa solo un terzo delle risorse idriche globali.

«La situazione dei paesi in via di sviluppo in Africa, Asia e America Latina è quanto mai complicata – ha sottolineato Benedito Braga, presidente del Consiglio mondiale dell’acqua – Se non troviamo meccanismi di finanziamento per le infrastrutture, questi paesi soffriranno più di quanto non soffrano oggi.

È fondamentale che vi sia un flusso di investimenti che permetta a questi paesi di avere una qualità della vita minima compatibile con gli standard del ventunesimo secolo».

 

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 15 dicembre 2017 sul sito online “greenreport.it”)

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