Secondo lo studio “Unprecedented climate events: Historical changes, aspirational targets, and national commitments”, pubblicato su Science Advances da un team di ricercatori statunitensi, ci dobbiamo aspettare eventi meteorologici estremi più frequenti anche se verrà raggiunto il principale obiettivo dell’Accordo di Parigi: mantenere l’aumento delle temperature globali al di sotto dei 2 gradi centigradi. L’United Nations framework convention on climate change (Unfccc), che ha rilanciato lo studio, fa notare che «le conclusioni dello studio sottolineano il bisogno urgente di accrescere e migliorare il regime assicurativo per le popolazioni più vulnerabili come la InsuResilience Partnership che ha conosciuto un nuovo slancio durante la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di Bonn in Germania». I ricercatori della Standford University hanno analizzato la probabilità di periodi caldi, secchi e eccessivamente piovosi per i prossimi anni, fenomeni già esacerbati dall’aumento della temperatura mondiale e dall’innalzamento del livello degli oceani. L’Unfccc spiega che, secondo queste analisi, «Rispettando gli attuali impegni dell’Accordo di Parigi del 2015, le ondate di caldo sono in grado di prodursi 5 volte di più nel 50% dell’Europa e in più del 25% dell’Asia orientale. Inoltre, piogge molto abbondanti sono tre volte più probabili nel 35% dell’America del Nord, dell’Europa e dell’Est dell’Asia». Prima che Donald Trump decidesse di uscire dall’Accordo di Parigi, tutti i Paesi del mondo (ad esclusione di Siria e Nicaragua, che poi hanno aderito) nel 2015 si sono accordati per limitare l’aumento delle temperature a 1,5° C, massimo 2° C, e lo studio evidenzia che «raggiungere questo obiettivo permetterebbe di ridurre ma non di eliminare il rischio di eventi climatici estremi». E la situazione odierna è ancora peggiore: anche se i governi assicurano di voler aumentare i loro impegni per il clima, i piani nazionali sottoposti all’Unfccc nel quadro dell’Accordo di Parigi, porterebbero il mondo a un […]