STRASBURGO. Maggioranza Ursula spaccata. Sinistra e verdi votano contro: testo iniziale stravolto, accuse con la destra. Del pacchetto clima passa lo stop alle auto a benzina e diesel DI ANNA MARIA MERLO, IL MANIFESTO, 9 GIUGNO 2022 Dal 2035 la vendita di auto nuove a benzina o diesel sarà proibita nella Ue: la proposta è stata approvata ieri dal Parlamento europeo, respingendo un emendamento del Ppe che proponeva di lasciare un 10% al mercato delle non elettriche. Ma poche ore prima a Strasburgo c’è stato un vero colpo di scena sul piano Fit for 55, l’ossatura del Green Deal europeo, su 3 capitoli degli 8 al voto in questa plenaria sui 14 totali del «pacchetto clima», che impegna la Ue a diminuire del 55% le emissioni di Co2 entro il 2030, per arrivare alla neutralità Co2 nel 2050: l’Europarlamento ha bocciato – e rimandato in commissione Ambiente (Envi) per un nuovo negoziato – la riforma del mercato delle emissioni di Co2, con la conseguenza della sospensione del voto che doveva approvare la carbon tax alle frontiere esterne – la contropartita per far passare la riforma del permesso a inquinare – e il punto sull’istituzione del Fondo sociale per il clima, che dovrebbe compensare le difficoltà della transizione climatica per i meno abbienti. LA RIFORMA dell’European Trading System, il sistema di scambio delle quote di emissione di Co2, e la progressiva abolizione delle quote gratuite di cui gode la grande industria, è stata respinta con 340 voti contro, 265 a favore e 34 astensioni. Sono i gruppi di sinistra S&D, Verdi e Left che hanno permesso il blocco di questa parte del Green Deal (con divisioni tra socialisti, per ragioni nazionali, italiani, spagnoli e rumeni in testa): la ragione avanzata è che i compromessi concessi dalla commissione Ambiente alle esigenze dell’industria e delle […]
Immissioni ed emissioni
L’AD MORSELLI SI È PRESENTATA IN FABBRICA NEL GIORNO DELLO SCIOPERO, LA CONTESTAZIONE DEI SINDACATI: «UNA PROVOCAZIONE». A Taranto 2mila dipendenti di Acciaierie d’Italia (che gestisce gli impianti) sono in cassa integrazione da fine marzo, in cig anche 1.700 dell’Ilva in amministrazione straordinaria (a cui è rimasta la proprietà delle strutture) DI ADRIANA POLLICE, IL FATTO QUOTIDIANO, 7 MAGGIO 2022 Il polo di Taranto ieri si è fermato per un giorno intero: hanno incrociato le braccia, presidiando gli ingressi, i dipendenti di Acciaierie d’Italia (che gestisce l’impianto), quelli dell’Ilva in amministrazione straordinaria (la società a cui è rimasta la proprietà degli impianti) e i lavoratori delle aziende dell’appalto e dell’indotto. La protesta è stata indetta da Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Usb. Dai sit in davanti agli accessi si sono poi mossi in direzione della portineria C, la più grande dello stabilimento. Giovedì la Corte Ue ha comminato 4 condanne all’Italia perché a Taranto è ancora in pericolo la salute dei lavoratori e dei cittadini. La qualità dell’aria, secondo Arpa Puglia, è persino peggiorata. E anche il lavoro sta sparendo. A fine marzo Acciaierie d’Italia (controllata da ArcelorMittal e Invitalia) ha messo circa 2mila dipendenti tarantini in cassa integrazione per un anno, in Ilva sono in circa 1.700 in cig straordinaria. «Non è possibile gestire una fabbrica così complessa attraverso il massiccio utilizzo di ammortizzatori sociali con un’assenza di programmazione di manutenzione ordinaria e straordinaria e una crisi dilagante per i lavoratori dell’appalto, che pagano un duro prezzo in termini di ritardi sugli stipendi e di avvio di procedure di cassa integrazione per cessazione di attività» l’accusa delle organizzazioni dei metalmeccanici. Entro maggio la quota di Invitalia sarebbe dovuta salire al 60% ma non accadrà, l’obiettivo dichiarato di portare la produzione a 5,7 milioni nel 2022 (riassorbendo la cig) è lontano nonostante […]
IL RAPPORTO MOBILITARIA 2022. Kyoto Club e Cnr-IIA: «Investire sui trasporti sostenibili» DI RED.INT, IL MANIFESTO, 6 MAGGIO 2022 «A livello nazionale i gas serra nei trasporti sono cresciuti dal 1990 al 2019 del 3,9%, e anche nelle città metropolitane si evidenzia una tendenza alla crescita». Lo denuncia il Rapporto MobilitAria 2022, realizzato da Kyoto Club e dall’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-LiA), in collaborazione con Isfort. Nelle 14 città metropolitane si evidenzia il peso enorme dei trasporti stradali sul totale delle emissioni (mediamente dal 30% al 60%) e di questo segmento l’automobile ne determina in genere almeno due terzi. Nel 2019, prosegue l’analisi, nel settore dei trasporti su strada i contributi più rilevanti alle emissioni di CO2 provengono infatti dal traffico automobilistico, con un livello che varia nelle città metropolitane da un minimo del 58% a un massimo del 78%, rispetto alle emissioni totali dei trasporti. Il contributo medio nelle città metropolitane derivato dai veicoli commerciali leggeri è pari al 10%, quello dei veicoli commerciali pesanti 17%, mentre per i ciclomotori e motocicli è pari al 3%. Considerando le emissioni pro capite di CO2, relative al settore trasporti su strada, emerge che le città con i valori più alti sono Bologna (2.383 kg/anno) e Firenze (2.055 kg/anno), a cui seguono Venezia (1.953 kg/anno) e Genova (1.883 kg/anno). «Per il futuro servono cambiamenti strutturali e forti innovazioni, accelerando la decarbonizzazione con una offerta intelligente di mobilità», avvertono Kyoto Club e Cnr-Iia che. Tra le misure proposte: «Colmare il gap del trasporto ferroviario locale e la cura del ferro; potenziare il trasporto collettivo di massa nelle città realizzando nuove reti tramviarie e ampliando i filobus e i bus già esistenti, investire sulle reti ciclabili per 5.000 km di percorsi, rafforzare i servizi di sharing mobility, puntare sul trasporto pubblico […]
DI GIANFRANCO AMENDOLA, IL FATTO QUOTIDIANO, 24 APRILE 2022 Sono diverse le inesattezze dette in merito a un futuro inceneritore a Roma. Ecco quali.1) Ce lo chiede l’EuropaFalso. La normativa europea in materia di rifiuti è coerente con la gerarchia dei rifiuti dell’Ue e mira a elevare il livello della gestione dei rifiuti privilegiando la prevenzione, il riutilizzo e il riciclaggio e non la termovalorizzazione o, peggio, la discarica.2) Favorisce l’economia circolareFalso. Secondo la Commissione europea, “i processi di termovalorizzazione possono svolgere un ruolo nella transizione a un’economia circolare a condizione che la gerarchia dei rifiuti dell’Ue funga da principio guida e che le scelte fatte non ostacolino il raggiungimento di livelli più elevati di prevenzione, riutilizzo e riciclaggio”. Proprio quello che non avviene a Roma.3) Serve per la transizione ecologicaFalso. Secondo la Commissione europea lo smaltimento, in discariche o tramite incenerimento, “è di solito l’opzione meno favorevole ai fini della riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra; viceversa, la prevenzione, il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti offrono il maggiore potenziale di riduzione di tali emissioni. Non a caso, nel Regolamento Ue 2020/852 la tassonomia Ue non include l’incenerimento tra le tecnologie che prevengono i cambiamenti climatici.4) Zero emissioniFalso. Sulla base di dati dell’Unione europea l’incenerimento dei rifiuti, anche in assetto cogenerativo con produzione di elettricità e di calore, registra emissioni di Co2 superiori addirittura a una turbogas a metano, ovvero 625/500 g per kWh prodotto (energia e calore) rispetto a 365 per il metano.5) Può usufruire dei fondi europei PnrrFalso. Nelle recenti linee guida pubblicate dalla Commissione europea sull’interpretazione del principio “non arrecare danno significativo all’ambiente” l’incenerimento dei rifiuti è considerato un’attività che arreca un danno significativo all’ambiente. Proprio per questo, gli impianti che bruciano rifiuti per produrre energia, sono esclusi totalmente dalla tassonomia della finanza Ue.6) […]
Il modello previsto a Roma brucia rifiuti “sporchi” DI VINCENZO BISBIGLIA, IL FATTO QUOTIDIANO, 24 APRILE 2022 Il termovalorizzatore che propone Roberto Gualtieri per Roma è già vecchio. E potrebbe essere una tecnologia superata nel 2026, quando – è l’obiettivo dichiarato dal sindaco – il nuovo impianto dovrebbe essere avviato. L’Ue non ne ha previsto il finanziamento con i fondi del Pnrr – non lo ritiene in linea con gli obiettivi sui gas serra – e lo posiziona al penultimo posto (prima solo delle discariche) nelle priorità per la chiusura del ciclo dei rifiuti. Negli altri paesi europei, infatti, è già iniziata la “decarbonizzazione”, che porterà alla chiusura di parte degli inceneritori. Quello immaginato per Roma, invece, prevede l’emissione di 720mila tonnellate annue di Co2 nell’atmosfera (a fronte di 600mila tonnellate di rifiuti bruciati) e 6 miliardi di metri cubi di fumi caldi a una temperatura compresa tra i 160 e i 200 gradi.“Tal quale”Il sacchetto nel “forno”Il modello citato da Gualtieri è quello di Copenaghen, con il famoso inceneritore con pista da sci inaugurato nel 2017. E poi c’è Brescia, costruito da A2A e aperto addirittura nel 1998. Entrambi gli impianti bruciano (anche) il cosiddetto “tal quale”. Cosa significa? Che l’inceneritore romano avrà la possibilità di mandare “in griglia” i sacchetti dell’immondizia così come si raccolgono in strada, e non solo il combustibile (Css) prodotto negli impianti di trattamento meccanico-biologico. È stato lo stesso Gualtieri, martedì scorso, a dire che il Tmb di Rocca Cencia (uno dei tre funzionanti in città) sarà chiuso. E che i dati forniti dalla sua predecessora, Virginia Raggi (obiettivo 70% di raccolta differenziata), erano “sbagliati”, in una città dove oggi l’immondizia non riciclata tocca quota 55%. “Bruciare il ‘tal quale’ ha un impatto sui costi – dice al Fatto Alessandro Marangoni, economista specializzato nei […]
COMUNICATO STAMPA ENI: NON BASTA UNA “ROMANELLA” DI ENERGIA PULITA Verdi Ambiente e Società è a fianco di chi oggi sta manifestando in occasione dell’assemblea degli azionisti della prima azienda italiana di idrocarburi. Stefano Zuppello, Presidente di VAS, ha dichiarato: “ENI sta tentando di darsi un’immagine di azienda green che punta sulle rinnovabili. Ma i fatti dimostrano il contrario. ENI continua ad investire in oleodotti e gasdotti e nel mondo è portatrice di devastazioni di aree naturali con conseguenze anche sulla salute delle persone. La richiesta di fondi pubblici per realizzare il progetto di cattura della CO2 (il CCS) a Ravenna e per la produzione di idrogeno dal metano non è accettabile. Si deve farla finita con il finanziamento delle aziende che continuano a perpetuare l’attività estrattiva e il modello fossile. Anche il progetto di stoccare milioni di tonnellate di CO2 sotto il mare davanti a Ravenna va fermato. Basterebbe studiare i risultati di progetti simili già realizzati nel mondo per capire che questi sono inefficaci perché molto costosi e che presentano una tecnologia con una grossa inefficienza nella cattura. Non è questa certamente la strada per andare verso una vera transizione ecologica!Per questo oggi VAS – conclude Zuppello – è a fianco delle associazioni come Fridays For Future, Greenpeace, Extinction Rebellion che stanno manifestando in tante città italiane per chiedere al Governo di puntare realmente alla decarbonizzazione e alla costruzione di impianti di energia rinnovabile”. Roma, 12 maggio 2021