Siamo ormai abituati a gettare nell’umido i prodotti monouso in plastica compostabile. «Posate biodegradabili e compostabili», «Piatti green», «Imballaggio da gettare nell’umido»: sono le stesse etichette a chiedere ai consumatori […] DI GIUSEPPE UNGHERESE, EXTRATERRESTRE-IL MANIFESTO, 26 MAGGIO 22 Siamo ormai abituati a gettare nell’umido i prodotti monouso in plastica compostabile. «Posate biodegradabili e compostabili», «Piatti green», «Imballaggio da gettare nell’umido»: sono le stesse etichette a chiedere ai consumatori di mettere questi manufatti nella raccolta degli scarti alimentari. E così i cittadini credono di essere di fronte a un’opzione a «impatto zero» capace di decomporsi come la buccia di una mela. Peccato che la realtà sia ben diversa. Stando all’ultima indagine della nostra Unità Investigativa, la maggior parte dei rifiuti organici in Italia finisce in impianti che non sono in grado di trattare i manufatti e gli imballaggi rigidi in plastica compostabile, che così finiscono in inceneritori o in discarica. Greenpeace Italia ha svelato l’ennesimo cortocircuito di questa presunta svolta green che, non a caso, è presente in pochissimi Stati europei. Nella maggior parte dell’Europa, infatti, è normale che i prodotti in plastica compostabile (quelli realizzati, parzialmente, modificando chimicamente polimeri naturali derivanti, ad esempio, da canna da zucchero o mais) siano gettati nell’indifferenziato. Al contrario, in Italia si fa credere che la plastica certificata come compostabile secondo la Uni En 13432 non abbia alcun impatto sull’ambiente, ma non è così. Stando ai dati del Catasto rifiuti di Ispra, nel nostro Paese il 63% della frazione organica è inviata in impianti che difficilmente riescono a degradare la plastica compostabile. E il restante? Confluisce in siti di compostaggio dove non è detto che resti il tempo necessario a degradarsi, rappresentando un problema. Dati alla mano, tutti gli impianti contattati da Greenpeace Italia segnalano problematiche nel trattare questi prodotti, che nella maggior parte […]
Reati Ambientali
DI FRANCESCO CASULA, IL FATTO QUOTIDIANO, 17 MAGGIO 2022 Benzoapirene, benzene e biossido di zolfo. Sono alcune delle sostanze nocive che ancora si sprigionano dall’ex Ilva di Taranto al punto da renderla ancora pericolosa per i cittadini. Lo ha evidenziato la Procura di Taranto nel documento con cui ha espresso parere contrario all’istanza di dissequestro avanzata dai legali dai commissari di Ilva in As. Per questi l’Ilva è ormai una struttura nuova che non danneggia più la salute dei cittadini, ma i pubblici ministeri hanno spiegato che, oltre alla sentenza della corte Europea dei diritti dell’uomo, la Valutazione del Danno Sanitario e altri documenti già noti, ci sono dei dati di Arpa Puglia che dimostrano il superamento di dei limiti di emissione di alcuni inquinanti anche cancerogeni. Come il benzoapirene che a dicembre 2021 e a gennaio 2022 ha superato limite stabilito dalla legge: non avveniva dal 2012, anno del sequestro della fabbrica. La parola ora passa alla Corte d’assise che dovrà decidere se accogliere o meno l’istanza di dissequestro.
A rischio il finanziamento Ue del 50%. L’ex commissario Foietta in una riunione ha rivelato che l’Europa vuole l’impegno per tutta l’opera o addio soldi: Parigi però ha mollato la linea nazionale DI GIANNI BARBACETTO, IL FATTO QUOTIDIANO, 15 MAGGIO 2022 “Il Tav riparte”, annuncia il commissario del governo Draghi, Calogero Mauceri. Ma l’annuncio, ripetuto troppe volte negli ultimi dieci anni, mostra esattamente il contrario, che il progetto è fermo. E ora rischia addirittura di naufragare. A dirlo non sono i no-Tav ma, in Francia, la lobby del Tav e, in Italia, l’ex commissario Paolo Foietta.Il comitato La Transalpine, che in Francia raggruppa i sostenitori istituzionali e imprenditoriali della nuova linea Torino-Lione, il 9 maggio ha lanciato un allarme drammatico (ripreso dal quotidiano l’Opinion e poi rilanciato in Italia dal Foglio sotto il titolo: “Ora a fermare la Tav è la Francia”). Parigi non si sta impegnando a realizzare la tratta della linea sul suo territorio, anzi sembra aver di fatto abbandonato il progetto. “Assistiamo a una costernante impasse francese”, ha dichiarato il delegato generale di La Transalpine, Stéphane Guggino. Niente nuova linea: “A oggi, la priorità dello Stato rimane la modernizzazione della linea storica Digione-Modane, per raggiungere una capacità di trasporto merci di 10 milioni di tonnellate all’anno e meno di 100 treni al giorno”. Ha aggiunto l’Opinion: “Poiché dal punto di vista politico nessuno ha trovato il modo di trarre beneficio dal progetto e il ministero dell’Economia dice che ci vorrà molto tempo per trarne benefici economici, lo Stato ha scelto di fregarsene”. Dalla Francia arriva dunque la notizia di uno stop di fatto; e la conferma della sostanziale inutilità del Tav, privo di benefici economici visto che sulla tratta Torino-Lione i passeggeri scarseggiano e le merci trasportate, tanto su treno quanto su strada, negli anni diminuiscono.Dall’Italia, per […]
Non solo pesticidi. L’esposizione ad agenti chimici pericolosi è da considerarsi uno dei più grandi problemi per l’ambiente e la salute umana. Secondo l’Oms, circa due milioni di persone all’anno […] A.MASTRANDREA-M. MASUCCI, IL MANIFESTO, 12 MAGGIO 2022 Non solo pesticidi. L’esposizione ad agenti chimici pericolosi è da considerarsi uno dei più grandi problemi per l’ambiente e la salute umana. Secondo l’Oms, circa due milioni di persone all’anno perdono la vita nel mondo a causa dell’esposizione ad agenti chimici. Secondo un rapporto Onu, l’inquinamento chimico combinato da pesticidi, plastica e rifiuti elettronici sta causando almeno 9 milioni di morti premature all’anno, più della pandemia di Covid. Un’esposizione a cui sembra impossibile sottrarsi, considerando che le sostanze di sintesi sono diffuse nel cibo, nell’acqua e in tantissimi prodotti di uso comune.E’ per questo che la commissione europea, dopo aver messo nel mirino i pesticidi, ha varato una Road map per bandire circa 12 mila sostanze chimiche pericolose entro il 2030. Fra queste troviamo Pvc, Pfas e migliaia di altri agenti utilizzati nella produzione di creme, profumi e prodotti per bambini, come pannolini e ciucci. Per quanto riguarda il settore alimentare, sono circa 14 mila le sostanze utilizzate per preservare la conservazione dei cibi confezionati. Complessivamente si stima che il 74% dei prodotti in commercio presentino forme di contaminazione. L’annuncio della commissione è considerato un passo avanti per rendere più sicuri ambienti di lavoro, scuole, case e cibo ma ha già scatenato le proteste delle lobby industriali che paventano un crollo dei profitti. Il mercato della chimica è fiorente in tutto il mondo con un giro d’affari che è raddoppiato tra il 2000 e il 2017 e che prevede di raddoppiare ulteriormente entro il 2030.Il registro chimico europeo (Reach) è il più esteso del mondo e i nuovi divieti potrebbero colpire più […]
DI ILARIA PROIETTI, IL FATTO QUOTIDIANO, 12 MAGGIO 2022 L’ex re della monnezza romana, Manlio Cerroni, aveva promesso di trasformare la sua Malagrotta nel paradiso terrestre, manco fosse Central Park. O, ad accontentarsi, nella cittadella del sole grazie a una mega installazione fotovoltaica. Quel che è certo è che la messa in sicurezza della discarica di Malagrotta intanto si farà con i soldi pubblici originariamente previsti per le bonifiche dell’amianto che il ministero della Transizione ecologica rischiava di perdere, causa mancanza di progetti operativi di rapida attuazione: 250 milioni come da richiesta di finanziamento della Regione Lazio.Ma forse servirà svenarsi ancora di più perché si tratta tra l’altro di realizzare un capping da guinness dei primati, ossia la copertura dell’intero invaso che ha inghiottito per oltre trent’anni i rifiuti della Capitale conquistando, quanto a estensione, il primato europeo tra le discariche. Messa in sicurezza e capping che il governo – con una delibera pubblicata il 10 maggio in Gazzetta Ufficiale – ha affidato al commissario straordinario per le discariche orfane, il Generale dell’Arma, Giuseppe Vadalà, che dovrà mettere il turbo perché incombe il rischio di inquinamento ambientale e una procedura di pre-infrazione da parte di Bruxelles: insomma “la mancata tempestiva adozione di provvedimenti può determinare un grave pregiudizio agli interessi nazionali” ha motivato il governo nel provvedimento che riguarda la discarica chiusa dal 2013.L’altra ragione per far in fretta è che si tratta di utilizzare risorse a valere dei Fondi per lo Sviluppo e la coesione 2020-2024. Ergo “l’assunzione di obbligazioni giuridicamente vincolanti dovrà perfezionarsi entro il 31 dicembre 2022 e i lavori dovranno essere conclusi, collaudati e rendicontati entro il 31 dicembre 2025”. Somme pubbliche anticipate per gli interventi rispetto alle quali la Regione Lazio dovrà esercitare l’azione di rivalsa verso chi abbia causato o comunque concorso a causare […]
Tagliano 150 milioni, ma Cingolani non sa perché: “Pare ci siano stime, le ho chieste” DI FRANCESCO CASULA, IL FATTO QUOTIDIANO, 12 MAGGIO 2022 Ci sono 150 milioni di euro distratti dalle bonifiche dell’ex Ilva e c’è un ministero, quello della Transizione ecologica, che non sa quantificare il denaro necessario alle stesse bonifiche. Stime e costi, però, sono da mesi sui tavoli governativi. E persino sui giornali. E addirittura sul sito dell’Osservatorio Ilva che fa capo allo stesso ministero della Transizione ecologica.La cronaca di quanto avvenuto ieri alla Camera spiega in modo plastico la confusione che regna intorno all’ex Ilva di Taranto. Roberto Cingolani, capo del dicastero che fu dell’Ambiente, durante il question time ha risposto a un’interrogazione di Mauro D’Attis di Forza Italia, che chiedeva lumi proprio sullo scippo di 150 milioni di euro provenienti dal sequestro Riva e destinati alle bonifiche della fabbrica e trasferiti invece dal governo ai cosiddetti “interventi di decarbonizzazione”: ci sa dire se i soldi restanti bastano?Il ministro prima ha fatto un elenco di azioni preliminari – caratterizzazioni, conferenze dei servizi, collaborazione con enti locali – senza spiegare che, in sostanza, le bonifiche vere e proprie nell’ex Ilva non sono ancora cominciate. Ma il meglio lo ha offerto alla fine: “Non è allo stato possibile – ha detto Cingolani – determinare il reale fabbisogno economico necessario alla realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica del sito produttivo ex Ilva e dei territori limitrofi”. Insomma, non ne so nulla. O quasi. Perché Cingolani ha provato a salvarsi aggiungendo: “Prima di venire ho sentito alcuni dei rappresentanti mi hanno detto di avere delle stime economiche aggiornate già presentate in qualche audizione, me le manderanno e ci confronteremo”.Insomma le stime ci sono, ma non le ho. “Spiace che il ministro – ha detto il parlamentare […]
Fiumi avvelenati Per le popolazioni native che vivono nelle riserve naturali nell’est del Nicaragua i corsi d’acqua sono una risorsa preziosa. Che la pesca illegale e il disboscamento stanno danneggiando gravemente DIVERGENTES, INTERNAZIONALE, 5 MAGGIO 2022 D a alcuni giorni sul braccio di Cheydi McCrea sono spuntate delle strane macchie nere e secche con dei puntini bian-chi. Per calmare il bruciore McCrea usa l’alcol. Non ha preso medicinali, perché non ne ha. Non è neanche andata da un medico per farsi prescri-vere qualche crema, perché il più vicino è a varie ore di navigazione. “Le macchie mi sono venute dopo aver fatto il bagno nel fiume”, dice. McCrea ha 32 anni ed è una nativa ra-ma. Vive a Sumukat, una comunità nella zona caraibica del Nicaragua. Non è preoccupata, perché tutte le donne della sua famiglia hanno avuto macchie simili e si sono curate con le piante medicinali. “Noi donne abbiamo sfoghi anche nelle zone intime, ma non ne parliamo perché ci vergogniamo”, confessa. Il fiume Kukra attraversa la riserva di Cerro Silva, nel sudest del paese. Nel 1991 un decreto stabilì che la zona, abitata dai nativi rama e kriol, sarebbe diventata un’area protetta, ma il disboscamento non si è fermato. Negli anni ottanta migliaia di contadini dei dipartimenti del centro e del nord del Nicaragua cercarono riparo dalla guerra civile nella foresta, si stabilirono nella riserva e comprarono le terre dei nativi. Oggi coltivano ortaggi e creano pascoli per le mucche, sono diventati allevatori o hanno rivenduto i terreni a produttori più grandi. Altrove li chiamano invasori o coloni, gli abitanti di Cerro Silva usano la parola mestizos, meticci. Siamo entrati nella riserva e abbiamo navigato per più di quattro ore lungo il Kukra, dal villaggio di San Pancho fino alla comunità di Sumukat. L’erosione delle sponde è evidente […]
A dividere i partiti è stato un emendamento presentato dal vicepresidente del M5S DI GIACOMO SALVINI, IL FATTO QUOTIDIANO, 10 MAGGIO 2022 Il governo ha rischiato di nuovo sull’ex Ilva di Taranto. Dopo l’incidente parlamentare di metà febbraio, che aveva portato Mario Draghi a minacciare la crisi salendo al Quirinale, domenica notte la maggioranza si è spaccata in commissione Industria al Senato e, solo grazie all’astensione dell’opposizione di Fratelli d’Italia, l’esecutivo non è stato battuto.A dividere i partiti di maggioranza è stato un emendamento presentato dal vicepresidente del M5S, Mario Turco, al decreto “Taglia prezzi” che chiedeva di sopprimere la norma del governo per spostare 150 milioni dai fondi destinati alla bonifica del siderurgico di Taranto all’attività produttiva di Acciaierie d’Italia, la società tra Invitalia e Arcelor Mittal che controlla il gruppo. La proposta M5S aveva avuto il parere contrario del ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ma i 5 Stelle l’hanno voluta mettere ai voti lo stesso. La norma è stata bocciata, ma in extremis: 14 voti a 14. Il regolamento del Senato prevede che, in caso di parità, la proposta non passi. Hanno votato a favore (e quindi contro il governo) M5S, Pd e LeU mentre Lega e Forza Italia hanno votato contro. Astenuti Italia Viva e Fratelli d’Italia. La maggioranza si è spaccata. Il M5S, con Turco, accusa il centrodestra di aver dato “uno schiaffo alla città di Taranto”: “La prospettiva della transizione ecologica con questa maggioranza sta diventando un’impresa improba”, dice. Italia Viva accusa i senatori del M5S di “demagogia”, dice il senatore Mauro Marino. La Lega invece parla di “fatto grave” e chiede a Draghi di “fare chiarezza”. FdI si giustifica così: “Ci siamo astenuti per dimostrare le spaccature nella maggioranza”, dice Andrea De Bertoldi.L’imbarazzo maggiore, però, è del Pd, costretto a una retromarcia comica […]
L’AD MORSELLI SI È PRESENTATA IN FABBRICA NEL GIORNO DELLO SCIOPERO, LA CONTESTAZIONE DEI SINDACATI: «UNA PROVOCAZIONE». A Taranto 2mila dipendenti di Acciaierie d’Italia (che gestisce gli impianti) sono in cassa integrazione da fine marzo, in cig anche 1.700 dell’Ilva in amministrazione straordinaria (a cui è rimasta la proprietà delle strutture) DI ADRIANA POLLICE, IL FATTO QUOTIDIANO, 7 MAGGIO 2022 Il polo di Taranto ieri si è fermato per un giorno intero: hanno incrociato le braccia, presidiando gli ingressi, i dipendenti di Acciaierie d’Italia (che gestisce l’impianto), quelli dell’Ilva in amministrazione straordinaria (la società a cui è rimasta la proprietà degli impianti) e i lavoratori delle aziende dell’appalto e dell’indotto. La protesta è stata indetta da Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Usb. Dai sit in davanti agli accessi si sono poi mossi in direzione della portineria C, la più grande dello stabilimento. Giovedì la Corte Ue ha comminato 4 condanne all’Italia perché a Taranto è ancora in pericolo la salute dei lavoratori e dei cittadini. La qualità dell’aria, secondo Arpa Puglia, è persino peggiorata. E anche il lavoro sta sparendo. A fine marzo Acciaierie d’Italia (controllata da ArcelorMittal e Invitalia) ha messo circa 2mila dipendenti tarantini in cassa integrazione per un anno, in Ilva sono in circa 1.700 in cig straordinaria. «Non è possibile gestire una fabbrica così complessa attraverso il massiccio utilizzo di ammortizzatori sociali con un’assenza di programmazione di manutenzione ordinaria e straordinaria e una crisi dilagante per i lavoratori dell’appalto, che pagano un duro prezzo in termini di ritardi sugli stipendi e di avvio di procedure di cassa integrazione per cessazione di attività» l’accusa delle organizzazioni dei metalmeccanici. Entro maggio la quota di Invitalia sarebbe dovuta salire al 60% ma non accadrà, l’obiettivo dichiarato di portare la produzione a 5,7 milioni nel 2022 (riassorbendo la cig) è lontano nonostante […]
DI EMILIO BATTISTI, IL FATTO QUOTIDIANO, 7 MAGGIO 2022 Trambusto a Milano. Inter e Milan hanno minacciato di andare a costruire il loro nuovo stadio a Sesto San Giovanni. Il sindaco Giuseppe Sala ha dichiarato che le squadre hanno invece accettato di affrontare il dibattito pubblico e che lui farà comunque il possibile per tenere lo stadio a Milano. I giornaloni scrivono tutto e il contrario di tutto. Almeno un fatto certo, però, c’è: è partito il referendum per impedire la distruzione del Meazza.La settimana scorsa il collegio dei garanti del Comune ha concluso i controlli previsti dal regolamento comunale per l’attuazione dei diritti di partecipazione popolare, convalidando le prime mille firme raccolte dai cittadini. Sono quelle necessarie per depositare i due quesiti. Il Comune avrà ora a disposizione circa tre mesi “per la verifica di fattibilità tecnica e contabile” da parte della Direzioni comunali competenti, con un iter burocratico che, considerata la forte opposizione di Sala al referendum, si spera non riservi qualche brutta sorpresa ai proponenti.Dei due quesiti presentati, quello relativo al referendum abrogativo comporta che sia annullata la delibera della giunta che ha dichiarato il pubblico interesse del progetto presentato da Inter e Milan che prevede di abbattere lo stadio Meazza e costruirne uno nuovo, attorno al quale realizzare una grande speculazione immobiliare. Il referendum propositivo chiede invece al Comune anche una delibera per impedire di realizzare un nuovo stadio, salvaguardare lo stadio Meazza facendo un concorso internazionale per la sua riqualificazione, insieme a un piano urbanistico con finalità sociali di rigenerazione dell’intero quartiere, nel rispetto della sostenibilità ambientale e con zero consumo di suolo.Sulla sostenibilità ambientale dell’operazione San Siro, sono arrivati i dati presentati da Paolo Pileri, professore di urbanistica del Politecnico di Milano, intervenuto alla Commissione consiliare congiunta del Comune. L’impatto ambientale della demolizione del […]