BRASILE. I popoli indigeni occupano Brasilia per chiedere la revoca del «Pacchetto distruzione» DI CLAUDIA FANTI, IL MANIFESTO, 10 APRILE 2022 C’è un’altra guerra in corso, anche se al momento fuori dai riflettori: quella del governo Bolsonaro contro l’Amazzonia e i popoli indigeni. Gli ultimi dati dell’Inpe, l’Istituto di ricerche spaziali, non lasciano scampo: nel primo trimestre del 2022 la deforestazione è cresciuta del 64% in relazione allo stesso periodo del 2021, con la perdita di altri 941 km² di foresta. Un dato ancora più preoccupante considerando che si tratta dei mesi più piovosi dell’anno. Ma è in tutti gli ultimi tre anni, quelli di Bolsonaro al comando, che per l’Amazzonia non c’è stata tregua, con un aumento della deforestazione del 56,6% e la cancellazione di 32.740 km² di vegetazione autoctona, sacrificata sull’altare degli interessi dall’agribusiness, del settore minerario e dell’industria del legname. E, come se non bastasse, sulla regione pesa la minaccia del progetto di legge, in discussione alla Camera, mirato a escludere il Mato Grosso dall’Amazzonia Legale, con cui la percentuale obbligatoria di preservazione della foresta nello stato cadrebbe dall’80% al 20% A FARNE LE SPESE SONO, ovviamente, soprattutto i popoli indigeni, i quali sono confluiti a Brasilia, nella Esplanada dos Ministérios, proprio per denunciare il genocidio in corso, nel quadro della XVIII edizione dell’Acampamento Terra livre, dal 4 al 14 aprile: una mini città abitata da più di 6mila indigeni di oltre 170 diversi popoli originari, giunti nella capitale dopo un viaggio anche di tre giorni. Quello che chiedono è la revoca del “Pacchetto della distruzione”, un insieme di progetti, attualmente in discussione al Senato, le cui conseguenze sui popoli indigeni e sugli ecosistemi da essi abitati sarebbero incalcolabili. Tra questi, il progetto di legge n. 490, relativo al cosiddetto “marco temporal”, la tesi, sostenuta a spada tratta […]