Troppo caldo, in Australia coralli e pesci si stanno sbiancando

IL MARE SOFFRE – La più grande barriera corallina del mondo si estende per più di 2.300 chilometri. Già sei anni fa, il 93% dei coralli  presenti ha perso il naturale colore e il 22% è morto. Ora la situazione sta peggiorando e riguarda anche gli animali marini: la perdita delle tinte compromette la riproduzione

DI PIETRO MECAROZZI, IL FATTO FOR FUTURE, 19 APRILE 2022

La Grande barriera corallina australiana si sta progressivamente sbiancando, e con essa anche le forme di vita marina che la popolano. La colpa, come spiegano le autorità locali, è delle temperature in aumento del mare, che avrebbero stressato i coralli. Un’indagine aerea ha confermato la perdita di colore del corallo in più punti: ciò si verifica quando i coralli rigettano le alghe che vivono nei loro tessuti, e che le conferiscono i caratteristici colori vivaci. Per intenderci: sei anni fa, il 93% dei coralli della Grande Barriera Corallina è stato soggetto a sbiancamento e il 22% è morto.

Secondo l’autorità, quel che sta succedendo alla più grande barriera corallina del mondo, che si estende per più di 2.300 chilometri lungo la costa nord-orientale dell’Australia, è “coerente con la distribuzione spaziale dello stress termico”. È la quarta volta in sei anni che vengono rilevati danni così estesi e significativi. Fino al 2016 erano stati registrati solo due eventi di sbiancamento di massa, ripetutisi però poi nel 2017, nel 2020 e ora nel 2022. Le aree colpite in modo severo dallo sbiancamento hanno visto la morte di percentuali molto alte dei coralli presenti, fino al 50-90%. Per i ricercatori le barriere più duramente colpite da questi fenomeni avranno bisogno di 10 o 15 anni per rigenerarsi, ma studi più recenti indicano una capacità di recupero sempre più lenta. Dopo lo sbiancamento del 2017 sono stati registrati riduzioni fino a un 89% nella crescita di nuovi coralli, se poi i coralli vengono colpiti nuovamente dal fenomeno la ripresa dell’ecosistema è compromessa.

I coralli stanno soffrendo nonostante il relativo raffreddamento portato da La Nina, cioè il periodo di raffreddamento naturale della superficie oceanica nel Pacifico tropicale centrale e orientale. Questo fenomeno di deperimento, che si traduce nello sbiancamento, è causato dall’aumento della temperatura dell’acqua che porta all’espulsione delle alghe simbiotiche che donano al corallo il suo brillante colore. Secondo l’autorità i coralli possono ancora recuperare se le condizioni dell’acqua miglioreranno: “Le condizioni meteorologiche nelle prossime due settimane saranno cruciali nel determinare l’estensione e la gravità dello sbiancamento”. Il rapporto della Reef Authority arriva mentre in Australia è in corso l’ispezione della barriera da parte di una missione delle Nazioni Unite.

“I famosi colori brillanti della Grande Barriera Corallina sono stati sostituiti da un bianco spettrale”, denuncia Martin Zavan, di Greenpeace Australia. “Se il governo è seriamente intenzionato a permettere alla missione delle Nazioni Unite di avere un quadro completo dello stato della barriera corallina, dovrebbe portare la missione al nord e al centro della barriera”. Lo scopo della missione è valutare se il governo australiano stia facendo abbastanza per difendere i coralli dalle minacce che ne mettono a repentaglio la sopravvivenza, a partire dal cambiamento climatico. Tutto questo prima che, a giugno, la commissione Unesco decida se inserirla o meno nella “lista nera” dei patrimoni dell’umanità “in pericolo”.

A perdere le loro sfumature sono anche i pesci. Costretti a scendere in profondità a causa delle temperature oceaniche, stanno infatti perdendo i loro vividi colori. A tal proposito, è stato pubblicato un articolo dai ricercatori Eleanor Caves e Sönke Johnsen sulla rivista Proceedings of the Royal Society B. Scendendo in profondità, spiegano i ricercatori, si abbassa la temperatura dell’acqua ma diminuisce anche la luce, mandando in crisi la sfera sensoriale dei pesci. Questi animali fanno affidamento sul colore per riconoscere i propri simili e decidere, per esempio, con chi accoppiarsi. In particolare, la prima colorazione a sparire sarebbe quella del rosso. Le conseguenze non vanno sottovalutate, in quanto il rosso è uno dei colori più utilizzati in natura per mandare segnali visivi, per esempio attrarre un partner o tenere alla larga i predatori. Una opacità del colore potrebbe quindi influenzare sia la riproduzione, sia le dinamiche predatore-preda che regolano l’ecosistema marino. Le specie più a rischio sarebbero, dunque, quelle che vivono in mari chiusi e che non possono cambiare latitudine spostandosi verso i poli.

Greenpeace Australia ricorda infine che il rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici ha avvertito che le barriere coralline “sono già ai limiti di adattamento e non saranno in grado di resistere a ulteriori pressioni come l’aumento delle temperature oceaniche”. Il messaggio pertanto è chiaro: “Possiamo cambiare le cose per noi e per le future generazioni se agiamo subito”, conclude Greenpeace.

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