Sono numeri che ormai l’Ona (l’Osservatorio Nazionale Amianto) sciorina come un mantra: in Italia i ritardi nelle bonifiche fanno sì che ci siano 40 milioni di tonnellate di materiali di amianto e contenenti amianto (33 in matrice compatta e 7 friabile), in un milione di siti, di cui 50.000 quelli industriali, e 40 di interesse nazionale, di cui 10 solo per amianto (Fibronit di Broni e di Bari, Eternit di Casale Monferrato, etc.). Non solo, sono state censite 2400 scuole (stima per difetto di ONA nel 2012 – dato confermato dal Censis nel 2014), con esposizione alla fibra killer di almeno 352.000 alunni e 50.000 tra docenti e non docenti; 1000 biblioteche ed edifici culturali (stima ancora per difetto); 250 ospedali (ancora stima per difetto); 300.000 km di tubature, che diventano 500.000 compresi gli allacciamenti, che contengono materiali in amianto. E se tutto questo non bastasse, va aggiunto anche il nostro (tragico) cavallo di battaglia: non si sa dove mettere un grammo di questo materiale che per una minima parte finisce all’estero e per la maggior parte, appunto, resta in situ. Il tutto, mentre ci sono cause legali in corso in tutta Italia e tra le quali spicca in negativo, quella delle Industrie Meccaniche Siciliane che hanno portato, ormai da circa 100 giorni, allo sciopero della fame i lavoratori dell’azienda e dei membri dell’ONA Sicilia. Le fibre di amianto – ricorda l’Ona che ieri ha presentato il dossier “Rischio amianto in Italia, diritti negati alle vittime” – provocano il mesotelioma, quello della pleura, del pericardio, del peritoneo, e della tunica del testicolo, e ancora il tumore del polmone, della laringe e delle ovaie, e poi ancora quello della faringe, dello stomaco, del colon-retto, e l’asbestosi, placche e ispessimenti pleurici. Perché, appunto, ci si ammala e i risarcimenti latitano, mentre le persone muoiono. E se non si pone un rimedio non ci sarà soluzione di continuità, perché senza […]