SCENARI. Il Fondo monetario stima nel 2022 un calo dell’economia russa dell’8,5% e con il crollo delle esportazioni occidentali mancheranno i pezzi nel settore tecnologico anche per le industrie di base. Ma Putin è riuscito a mantenere un rublo forte e ha il tempo per trovare nuovi partner disposti ad aggirare le sanzioni. DI ALBERTO NEGRI, IL MANIFESTO, 7 GIUGNO 2022 Sarà una guerra senza vincitori, dice l’Onu. Ma già si vedono molti perdenti. Le sanzioni a Mosca non funzionano – almeno per ora – scrive Larry Elliot nell’editoriale del Guardian. Peggio ancora, stanno avendo effetti perversi sui prezzi dell’energia e alimentari mondiali. E anche sulla politica. Al punto che invece di punire i dittatori come Putin, Biden è costretto, per frenare l’impennata del petrolio, ad andare in visita in Arabia saudita dal principe assassino Mohammed Bin Salman (quello che ha fatto uccidere il giornalista Khashoggi e che Biden stesso aveva definito un “pariah”). E a chiudere due occhi, non uno, sui raid di Erdogan contro i curdi – alleati nella guerra all’Isis – che si oppone anche all’ingresso nella Nato di Finlandia e Svezia. Mettiamo sanzioni a Putin ma non alla Turchia, che invade il territorio siriano e iracheno e vìola sistematicamente le regole (come Israele, per esempio, Ankara non ha imposto sanzioni a Mosca) ma allo stesso tempo sta negoziando con Putin sulle rotte nel Mar Nero del grano da cui dipende la vita di centinaia di milioni di persone nel mondo. Vale la pena ricordare, tra l’altro, che le primavere arabe esplosero nel 2011 dopo un anno di siccità che fece impennare i prezzi alimentari. Gran parte di questi Paesi dipendono dal 60 all’80% dalle importazioni da Russia e Ucraina. In un certo senso le sanzioni invece di costringere Putin a fermare l’invasione dell’Ucraina la stanno incoraggiando. Nei […]
CAMPAGNE NAZIONALI
MYANMAR. Il rapporto di Amnesty International: negli stati Kayin e Kayah omicidi, torture, detenzioni arbitrarie e già 150mila sfollati DI EMANUELE GIORDANA, IL MANIFESTO, 2 GIUGNO 2022 Già solo il titolo del rapporto dato ieri alle stampe da Amnesty International dice tutto: Pallottole piovute dal cielo: Crimini di guerra e sfollamento nell’Est del Myanmar. È un’indagine condotta da Amnesty nei due stati Kayin e Kayah nell’area orientale birmana al confine con la Thailandia, dove l’esercito (Tatmadaw) che risponde alla giunta golpista ha «sottoposto i civili Karen e Karenni a punizioni collettive attraverso diffusi attacchi aerei e terrestri, detenzioni arbitrarie che spesso sfociano in torture o esecuzioni extragiudiziali e il sistematico saccheggio e incendio di villaggi». Secondo AI, che ha parlato con un centinaio di testimoni e visitato la zona del confine, negli ultimi mesi Tatmadaw «ha commesso sistematicamente atrocità diffuse, tra cui l’uccisione illegale, la detenzione arbitraria e lo sfollamento forzato di civili». L’AZIONE DEI MILITARI è passibile dell’accusa di «crimini di guerra e probabili crimini contro l’umanità». Sono attualmente oltre 150mila gli sfollati in questi due soli stati «con interi villaggi svuotati e dati alle fiamme».Dal primo febbraio del 2021 il golpe militare che ha rovesciato il governo di Aung San Suu Kyi, la premier de facto, dopo che le elezioni le avevano garantito una ancora più solida maggioranza, ha riacceso la guerra in tutto il Paese dove, oltre all’esercito «regolare», ci sono decine di formazioni militari autonomiste della periferia da sempre in lotta col governo centrale. Una guerra che, dal golpe, si è nutrita del reclutamento volontario di migliaia di giovani birmani sia nelle file delle autonomie armate sia nei gruppi di autodifesa organizzati dal governo ombra clandestino (Nug). Secondo il sito Assistance Association for Political Prisoners a oggi si registrano 1.280 persone uccise dalla giunta e quasi 14mila arresti. […]
MIGRANTI. Ieri il «digiuno di giustizia» in solidarietà ai profughi di ogni guerra DI GIANSANDRO MERLI, IL MANIFESTO 2 GIUGMO 2022 «Giuste le inchieste sui crimini di guerra in Ucraina, anche se andrebbero fatte dopo, ma bisogna aprirne altrettante per ciò che accade nel Mediterraneo, in Libia e lungo le rotte africane. Anche i finanziamenti alle milizie e ai centri di prigionia sono crimini contro l’umanità». Padre Alex Zanotelli siede ai piedi del Pantheon davanti allo striscione «Digiuno di giustizia in solidarietà ai migranti». È venuto da Napoli per portarlo a Montecitorio, ma al piccolo presidio non è stata data l’autorizzazione. «Non è giusto negarci il diritto costituzionale di manifestare sotto il parlamento italiano contro le criminali politiche migratorie del nostro governo e della Ue», dice Zanotelli. Intorno a lui e alle altre digiunanti scorre l’ordinaria quotidianità del centro capitolino: selfie e turisti a passeggio. Fa caldo nel mezzo del secondo anticiclone subtropicale: «Scipione l’Africano» sta battendo «Hannibal» a colpi di gradi centigradi. Più che il sole, però, è il cambiamento climatico a preoccupare il padre comboniano. «Nel Sahel la desertificazione ha trasformato la terra in sabbia. Il pericolo più grande viene da questa crisi, maggiore di quella del grano. Molta gente non può coltivare più nulla. In quell’area, poi, c’è un grosso problema politico: si stanno creando le condizioni per un altro stato islamico», continua. Il digiuno del primo mercoledì del mese è praticato contemporaneamente da laici e religiosi, nei monasteri e nelle famiglie. «È un atto di protesta contro le politiche criminali e discriminatorie nei confronti dei profughi provenienti dall’Asia e dall’Africa, che fuggono da guerre spaventose come in Iraq, Siria, Afghanistan, Yemen, ma anche da Etiopia, Sud Sudan, Sudan mentre la Ue e l’Italia hanno subito aperto i confini per chi fugge dalla guerra in Ucraina», dicono gli […]
Incontro con Alex Zanotelli, una vita dalla parte degli ultimi: «Con una mano diamo aiuti, con l’altra vendiamo armi». Ucraina e non-violenza? «Dovevamo pensarci nel 2014» DI ASCANIO CELESTINI, IL MANIFESTO, 31 MAGGIO 2022 Pubblicato circa 10 ore faEdizione del 31 maggio 2022 Ascanio Celestini «È sbalorditivo questo fatto che siamo tornati di nuovo al concetto di guerra giusta. E soprattutto in difesa della civiltà occidentale. Io pensavo che certe cose le avessimo ormai digerite, e invece no».Sono le prime parole che pronuncia Alex Zanotelli, poi si interrompe, ci pensa e mi chiede se voglio un decaffeinato. Ringrazio. L’ho già preso al bar appena arrivato alla stazione di Napoli. Mentre accendo il registratore si mette seduto nell’angolo della stanzetta dietro al tavolino. Io dico «registro così posso usare proprio le tue parole». «Sì, sì, tranquillo» e riprende il discorso. «Papa Francesco è stato chiarissimo nell’enciclica Fratelli Tutti. Cioè che oggi con lo “sviluppo delle armi nucleari, chimiche e biologiche”, ma anche con la Cyberwarfare “si è dato alla guerra un potere distruttivo incontrollabile” ed è diventato assurdo “parlare di una possibile guerra giusta”. Così l’unico vincitore di questa guerra è il complesso militare industriale. Questa è la cosa veramente paradossale della nostra storia. Con il problema che se effettivamente la Russia viene incastrata è capacissima di usare l’atomica. Stiamo ballando letteralmente sul baratro di un’esplosione atomica e dell’inverno nucleare. Io non riesco a capire perché la gente non lo comprende». Caro Alex – gli suggerisco – la gente non lo comprende++++ perché non è facile spiegare che rispondere alla violenza con la violenza è un suicidio oltre che un omicidio. Le televisioni hanno cominciato subito dopo Natale a mostrare gli ucraini che si esercitavano coi fucili di legno e i ragazzini che preparavano le molotov. Era la storia di Davide […]
ESERCITAZIONE «MARE APERTO». Un’ordinanza firmata dallo stato maggiore della Difesa ha dato il via, dieci giorni fa, all’imponente manovra: 4.000 effettivi, 65 navi, caccia, reparti anfibi. Domenica manifestazione di protesta DI COSTANTINO COSSU, IL MANIFESTO 17 MAGGIO 2022 Quattromila effettivi provenienti da sette paesi della Nato si esercitano in questi giorni in Sardegna in simulazioni di guerra. Sessantacinque le navi che circondano le coste dell’isola. Impegnati anche caccia, elicotteri, sottomarini e reparti anfibi con mezzi da sbarco e veicoli d’assalto. Un’ordinanza firmata dallo stato maggiore della Difesa ha dato il via, dieci giorni fa, a un’imponente manovra, cui è stato dato il nome di «Mare aperto». Si andrà avanti sino al 27 maggio. Tre settimane di fuoco, con proiettili, bombe e missili lanciati contro litorali di eccezionale pregio naturalistico. Teatro dell’esercitazione, come sempre, i tre principali poligoni militari sardi: Quirra, Capo Frasca e Teulada. Ma stavolta lo schieramento di forze è talmente vasto che la Difesa ha pensato bene di bloccare anche altri siti fuori delle basi permanenti. Un’ordinanza della capitaneria di porto di Cagliari ha infatti vietato l’accesso a diciassette aree a mare, vicino ad alcune delle spiagge più note: Poetto, Villasimius, Cala Pira, Capo Ferrato, Porto Pino, Porto Corallo. Su questi arenili, si legge nell’ordinanza della capitaneria di porto, «sono vietati il transito, la sosta, la navigazione, l’ancoraggio di ogni tipologia di unità navale, comprese quelle da diporto, nonché le immersioni, la balneazione, la pesca ed i mestieri affini». A stagione turistica già partita, tutta la costa meridionale dell’isola ed entrambi i tratti sud delle coste orientali e occidentali sono quindi assediati dalle forze Nato. Ma i danni economici al comparto turistico sono soltanto un aspetto della questione. Mentre alcuni alti ufficiali dell’esercito – tra i quali il generale Claudio Graziano, ex presidente del Comitato militare dell’Unione europea – […]
IN UNA PAROLA. La rubrica settimanale a cura di Alberto Leiss IL MANIFESTO, 26 APRILE 2022 Dall’orrore della guerra in Ucraina, e in tutti gli altri luoghi in cui si combatte, e dal dibattito molto viziato da propaganda che ne è seguito in Italia, forse può venire anche una cosa buona. Potrebbe essere l’improvviso e generalizzato plauso, intorno al 25 aprile, alla giustezza, agli eroismi della resistenza italiana contro il nazifascismo. In passato ci sono state continue polemiche. Un pezzo di storia egemonizzato dai pessimi comunisti. Una mobilitazione di minoranza. Forse superflua (ci hanno liberato gli americani). Celebrazioni “divisive”. Efferatezze varie compiute anche dai partigiani… ecc. Cose così non sono mancate in questi giorni, ma direi a una scala ridotta. Ha prevalso la bandiera della giustissima lotta dei partigiani. E questo è un bene. La cosa è molto sostenuta dall’argomento che se fu giusta la reazione armata degli italiani fino alla Liberazione, come si può oggi tentennare non solo sulla giustezza della resistenza ucraina ma anche sul dovere di mandare a loro armi sempre più offensive? (Davvero esistono poi armi solo difensive?). Si insiste proprio sul carattere armato – aiutato dai “lanci” degli alleati – della lotta partigiana. E qui forse si dimentica che quella reazione ebbe successo nel contribuire alla sconfitta dei nazifascisti e a salvare in buona parte la dignità dell’Italia perché moltissime persone – che aprirono gli occhi sul fascismo per gli orrori della guerra – sostennero moralmente e materialmente, senza armi, quel moto di liberazione. Ma ci sono aspetti della questione che indicano profonde differenze. Allora una terribile guerra mondiale era già scoppiata, si trattava di finirla. Gli alleati non si limitavano a lanciare armi (per lo più leggere). Combattevano sul territorio italiano, rischiavano la vita e molto spesso la perdevano, come accadeva agli uomini e alle […]
PACIFISMO. Alla mobilitazione aderiscono centinaia di associazioni REDAZIONE, IL MANIFESTO, 24 APRILE 2022 Centinaia di associazioni e amministrazioni pubbliche, comunali e regionali, parteciperanno oggi alla marcia straordinaria per la pace Perugia-Assisi. «Condanna senza se e senza ma della brutale aggressione scatenata dal governo russo contro l’Ucraina», ha detto fra Marco Moroni, padre custode del sacro convento di Assisi dove ieri si è tenuto l’incontro «Le vie della pace». «Ferma certezza – ha ribadito fra Moroni – della sacralità e quindi dell’intangibilità della vita umana. Di ogni vita, dell’aggredito e dell’aggressore, del civile e del soldato, senza alcuna distinzione, con la consapevolezza che se ogni uomo è mio fratello, ogni guerra è un fratricidio». Sulle responsabilità della guerra non hanno dubbi neanche le Acli che in una nota chiedono «di far tornare i campo la politica, una politica alta che usi la forza della legalità e della comunità internazionale per fermare le armi e il riarmo». Alla manifestazione di oggi parteciperà anche una delegazione della Cgil guidata dal segretario generale Maurizio Landini: «In un clima di guerra e tensione crescente», è scritto in una nota diffusa nei giorni scorsi dal sindacato, la Cgil «sarà in piazza per ribadire l’impegno a favore del cessate il fuoco in Ucraina e la necessità di garantire protezione alla popolazione civile vittima della guerra e a tutti i profughi e rifugiati». Presente alla marcia anche Sinistra italiana. Per il segretario Nicola Fratoianni, intervenuto ieri al congresso di Articolo Uno, riconoscere che quanto sta accadendo in Ucraina è la conseguenza dell’aggressione russa «costringe la sinistra a fare propria con ancora più forza la parola pace». «Gli amici di Putin – ha aggiunto Fratoianni – sono quelle organizzazioni neofasciste che da tempo chiediamo di sciogliere».
“Consumiamo due pianeti e mezzo l’anno: buona parte per le guerre” DI ELISABETTA AMBROSI, IL FATTO QUOTIDIANO, 22 APRILE 2022 “Perché non ci si può dire ecologisti se non si è pacifisti? È semplice. I legami tra guerre e ambiente sono fortissimi, e vanno in due direzioni: non solo oggi molte guerre vengono determinate da come noi gestiamo l’ambiente e dalla scarsità crescente di risorse, ma anche l’ambiente – suolo, acqua, colture – viene distrutto dalle guerre. E oggi che è la Giornata della Terra vale la pena ribadirlo, visto che consumiamo due pianeti e mezza l’anno e una buona parte di questo consumo è legato alle guerre”. Giornalista di lunga data, ideatore e direttore dell’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, Raffaele Crocco ha anche appena pubblicato il libro Ucraina 2022: la guerra delle vanità (Terra Nuova editore).Da osservatore dei conflitti del mondo, la guerra come devasta l’ambiente?Gli esempi sono moltissimi. Penso al Mali, in guerra da anni, dove il consumo di suolo e il land grabbing è fortissimo, e questo ha provocato lo spostamento di milioni di persone in altri territori. Penso alla Colombia, dove un terzo del territorio della Colombia è minato, ma lo stesso vale per l’Afghanistan. E purtroppo anche l’Ucraina rischia di avere lo stesso problema. In Francia, per capirci, ancora si sminano terreni inutilizzabili a causa di residuati bellici della Prima guerra mondiale…Al tempo stesso, la guerra viene provocata dalle crisi ambientali.Troppo spesso concepiamo la guerra come causa e non come effetto. Eppure basta pensare alle migrazioni dovute al cambiamento climatico: oggi abbiamo 250 milioni di migranti per il clima a livello globale, e questo numero è destinato a triplicarsi per il clima entro il 2050. La maggior parte di questi profughi ambientali si spostano nelle città, dove si crea una pressione inaudita […]
PACE. Presentata l’edizione straordinaria della marcia REDAZIONE, IL MANIFESTO, 21 APRILE 2022 «Fermatevi! La guerra è una follia» è lo slogan dell’edizione straordinaria della marcia Perugia Assisi che si tiene domenica 24. Nel manifesto di convocazione dello storico evento del movimento pacifista italiano, si invocano il dialogo e il negoziato: «Fermare la guerra vuol dire negoziare subito, con determinazione, su tutto – afferma il documento – Il cessate il fuoco, i corridoi umanitari, la fine della guerra, la sicurezza per tutti, il disarmo, il rispetto dei diritti umani di tutti, comprese le minoranze. Tutte le strade vanno percorse. Bisogna dialogare con tutti».Secondo Flavio Lotti, coordinatore del comitato promotore della marcia, a chiedere la pace «non sono i pacifisti, bensì le vittime della guerra: noi siamo il loro megafono». Lotti evoca lo spirito espresso in queste settimane da Papa Bergoglio: «Il Papa ci invita a chiedere a gran voce dai balconi e dalle strade pace. Non lo faremo solo con gli slogan ma con lo sforzo e l’impegno di chi è angosciato per gli ucraini». Hanno già aderito centinaia fra associazioni legate al volontariato, istituzioni e realtà della società civile, oltre a 300 amministrazioni comunali. Non mancano le associazioni che rappresentano il mondo dell’informazione: Fnsi, Ordine dei giornalisti, Usigrai, Articolo 21. «La Perugia Assisi è il luogo dove incontriamo donne e uomini che hanno a cura la libertà e la dignità di tutti. Così come saremo tutti assieme il 25 aprile dalla parte della Costituzione antifascista» spiega il presidente della Fnsi Giuseppe Giulietti che ha ospitato la conferenza stampa di lancio nella sua sede romana ricordando i giornalisti morti in Ucraina e dedicando l’evento «a tutti i nostri colleghi in prima linea, molti dei quali sono precari, ma anche ai media ucraini e a quei giornalisti russi che stanno tentando di opporsi […]