Elezioni 2018 – programma ambientale di Liberi e Uguali

 

QUEL GRANDE PIANO VERDE

Abbiamo di fronte una grande transizione fatta di cambiamenti climatici divenuti ormai una costante minaccia anche a causa dello stato di colpevole fragilità in cui versano territorio, costruzioni, infrastrutture oltre ad essere alla base di guerre, violenze, carestie, migrazioni e nuove disuguaglianze.

Dobbiamo rendere di nuovo l’Italia un luogo di capace di anticipare e accelerare le trasformazioni.

Il settore strategico, capace di intervenire su tutte le dimensioni della transizione, è la conversione ecologica dell’economia, capace di liberare l’enorme potenzialità per il rilancio di eccellenze industriali italiane, per la creazione di posti di lavoro diffusi, stabili, per la promozione delle economie sane in grado di produrre più risorse di quante vengano sottratte, in termini ambientali e sociali.

Per tutto questo, serve un Grande Piano Verde che contenga visione e strategia per puntare senza più indugi verso una totale decarbonizzazione del nostro paese e per passare dall’economia lineare a quella circolare: strategia “rifiuti zero”, riduzione dei consumi e in particolare di quelli energetici, radicale efficientamento di casa, mobilità e trasporti, e la contestuale conversione dei consumi residui verso uno scenario al 100% rinnovabile entro il 2050.

Un obiettivo che si innesca sia agendo opportunamente sulla leva fiscale per esempio attraverso l’introduzione di una carbon-tax, sia investendo in programmi di efficientamento energetico, sia liberando le energie rinnovabili dalle norme fossili che le imbrigliano e, permettendo così alle imprese di guadagnare in competitività e alle famiglie di liberare risorse per altri consumi e investimenti.

Operare per il superamento della dipendenza dalle energie fossili significa, anche, costruire un modello di “democrazia energetica” che favorisca l’autoproduzione di energia pulita, in cui i cittadini e le comunità siano sempre di più consumatori, produttori e distributori di energia, riducendo così lo strapotere economico e geopolitico degli oligopolisti che oggi controllano nel mondo il settore energetico e spesso agiscono senza riguardo per i diritti umani e per l’ambiente.

Occorre poi reindirizzare gli ingenti sussidi statali attualmente diretti al sostegno di attività dannose per l’ambiente verso interventi virtuosi per la rigenerazione delle nostre città, per imporre un definitivo stop al consumo di suolo urbano e agricolo, per varare un piano di tutela e promozione del capitale naturale del nostro paese, per intervenire seriamente sulla riduzione degli impatti del mondo agricolo e dell’allevamento, per pianificare ed attuare le bonifiche dei territori devastati da attività industriali dissennate e dalla diffusione di manufatti in amianto, per migliorare la qualità dell’aria partendo da un forte potenziamento dei trasporti pubblici urbani e pendolari su ferro e dei sistemi logistici intermodali nonché per un programma strutturale per la conversione dell’industria pesante ed inquinante.

Immaginiamo la creazione di una sorta di sala verde, una cabina di regia da convocarsi in modo permanente per la concertazione e la programmazione e che non consenta mai più, ad esempio che possa vararsi una Strategia Energetica Nazionale per il 2030, senza che essa sia coerente e coordinata con la strategia per il Clima al 2050.

Che serva a delineare sia un grande piano di investimenti pubblici (diametralmente opposti alla logica delle grandi opere), sia una vera “bonifica” normativa per rimuovere gli ostacoli che impediscono la libera iniziativa sana in campo economico e produttivo, a cominciare dalla burocrazia e dalle sue scadenze. Nel segno della più totale trasparenza, della legalità, della qualità, del rispetto delle peculiarità e vocazioni dei territorio e anche dell’innovazione ambientale.

Questa prospettiva rappresenta per l’Italia uno speciale valore aggiunto perché consente di valorizzare, di più e meglio, ricchezze e talenti tipicamente italiani: la bellezza de nostri luoghi, la creatività della nostra tradizione artigianale che ha fatto grande il made in Italy, l’eccellenza qualitativa del lavoro italiano.

Una nuova economia capace di superare l’odierna organizzazione dei mercati e la dicotomia “profit- non profit”, dunque aperta al ruolo fondamentale della cittadinanza attiva e delle imprese responsabili.

Dobbiamo costruire nuove relazioni con i mondi che ci circondano: per il benessere animale, contro la caccia in deroga, per la promozione della biodiversità, per comportamenti più salubri, per ridurre l’impronta ecologica, per tutelare la natura e quindi noi stessi.

 

AGRICOLTURA

L’agricoltura pulita ed in particolare quella biologica vogliamo che diventino attività di interesse economico centrale del nostro paese per la loro valenza sociale di sviluppo e crescita dei territori e di opportunità di lavoro bello e creativo per i giovani e non solo.

Vanno valorizzati il lavoro e i prodotti di qualità nelle aree interne che sono a rischio spopolamento e abbandono.

L’agricoltura deve smettere di inquinare e in questo senso servono un impegno forte e obiettivi anche di tempo precisi.

Il cibo buono che ne deriva anche grazie allo stop ai pesticidi, deve perseguire: la salute delle persone, la salute degli animali, la salute della terra, dell’acqua e dell’aria.

Vogliamo una vera legge nazionale sui biodistretti che valorizzi i territori e non solo le filiere affinché diventino motore di una crescita trasversale e inclusiva di altri settori dell’economia e delle istituzioni.

In tutto il mondo come anche da noi, stanno proseguendo forme diverse di privatizzazione dei semi e dei dna di piante ed animali.

Noi sosteniamo che come esistono la sanità pubblica e quella privata, le università pubbliche e quelle private, dobbiamo avere presso il Ministero dell’Agricoltura una banca di sementi libere e di qualità, disponibili per gli agricoltori del nostro paese.

Le ridotte dimensioni di impresa che riguardano sia il settore agricolo sia quello dell’industria alimentare, la mancanza di strumenti efficaci di governo e l’elevato potere di mercato dei soggetti della commercializzazione indeboliscono la nostra competitività e non garantiscono una equa distribuzione del valore tra tutti gli attori del sistema agroalimentare penalizzando in particolare gli operatori del settore agricolo.

Va inoltre affrontato con decisione il tema dello sfruttamento e dell’illegalità presenti nella filiera agroalimentare.

Il tema dell’alimentazione deve tornare al centro dell’agenda politica.

La sostenibilità del cibo è ormai una questione di giustizia sociale.

L’agricoltura e l’industria alimentare hanno, infatti, un ruolo fondamentale per garantire un futuro all’umanità e al nostro pianeta.

In questo contesto non dovrà mancare il ruolo guida dell’Unione europea.

Il percorso della prossima riforma della Pac rappresenta infatti un’importante occasione per modernizzare gli obiettivi e le funzioni oltre a valorizzare gli effetti positivi sull’ambiente, sulla tutela del lavoro di qualità e dell’occupazione.

CON LA CULTURA SI VIVE

Con la cultura si mangia, si vive, si lavora: nutrendo il corpo e la mente.

Sviluppando diritti e cittadinanza attiva.

L’Italia è cultura, il made in Italy è cultura, la nostra storia e tradizioni sono cultura, la nostra quotidianità è cultura e il sistema produttivo culturale e creativo occupa il 6% del totale dei lavoratori.

Per questo una valorizzazione moderna che tuteli pienamente e insieme promuova è la sfida che ci pone il nostro tempo.

Serve una strategia che abbiamo perso: riguarda le biblioteche che devono tornare ad essere centri di aggregazione e scoperta; il sistema dei musei che si devono riempire di narrazione e visitatori; il patrimonio artistico e archeologico la cui gestione faccia tesoro delle migliori iniziative che vengono dalla società introducendo pratiche di co-gestione che coinvolgano le comunità locali, che tendano a socializzare i benefici e a creare valore condiviso.

Un percorso di valorizzazione che si estenda alle periferie – anche grazie ad esperienze di cittadinanza attiva ed autorganizzata – alle zone degradate e alle aree interne del nostro Paese anche per nutrire un turismo di qualità che soprattutto nel Sud Italia può rappresentare una formidabile risorsa di sviluppo sostenibile capace di iniziare a colmare il gap con il resto del Paese.

Occorre avviare un processo serio per il riconoscimento delle professioni culturali e interventi per garantire la qualità e stabilità del lavoro.

Troppe sacche di precariato e di sfruttamento. Va regolamento anche il volontariato culturale che non deve essere sostitutivo del lavoro.

Lo stesso va detto anche dell’uso del servizio civile con fondi statali, che a volte rischia di apparire sostitutivo rispetto a vuoti in organico.

TURISMO SOSTENIBILE

Il turismo è molto di più di una semplice attività economica che vale, con l’indotto, il 10% del Pil italiano.

Il turismo di qualità è la più sostenibile delle nostre industrie nazionali perché si fonda sul rispetto del territorio e dei suoi equilibri ambientali, culturali e sociali. È un potente stimolo per la riqualificazione.

È valorizzazione della nostra straordinaria biodiversità culturale, artistica, paesaggistica, architettonica, enogastronomica, agricola, artigianale.

È offerta del nostro patrimonio diffuso dove ogni angolo e ogni persona può e deve essere fiero della bellezza autentica da cui è circondato diventandone il primo difensore.

È terreno fertile per sperimentazione, innovazione tecnologica e imprenditorialità giovanile.

È narrazione che produce benessere e restituisce conoscenza, coscienza ed infine consapevolezza del proprio valore.

È la visione di un Paese che prende in mano il suo destino investendo su ciò che di più prezioso possiede e che una parte del mondo vorrebbe condividere: la propria identità.

Si tratta di un settore in forte e costante crescita che va governato con cura perché impattante sulla qualità della vita quotidiana degli abitanti e sulla fragilità del nostro territorio nelle località di maggiore afflusso, così come vanno monitorati gli effetti della sharing economy per evitare che i benefici vengano annullati da abusi e concorrenza sleale.

Il turismo sostenibile deve realmente essere un traino per la ripresa etica oltre che economica del nostro Paese colmando la distanza del sottosviluppo tra aree geografiche e condizioni sociali.

E rappresenta con evidenza le grandi potenzialità ancora inespresse della nostra terra che deve solo decidere di investire sul proprio futuro.

 

 

 

 

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