Ponte Milvio, bici gialle vandalizzate e abbandonate

 

Dal 2017 sono sbarcate anche a Roma le biciclette a noleggio della oBikeazienda di bike sharing.

In meno di un anno la società, presente in 40 città sparse per 26 nazioni, ha distribuito per le strade della capitale fino a 1.700 bici con la possibilità di lasciarle in qualsiasi area della città; il servizio, infatti, permette agli utenti di parcheggiare le bici ovunque dal momento che sono dotate di un geolocalizzatore.

Da parte del sito web della oBike un solo consiglio, parcheggiarle responsabilmente “in aree pubbliche idonee al parcheggio in modo tale da non ostacolare gli altri ed il normale flusso del traffico”, senza menzionare sanzioni per coloro che non seguono questa indicazione.

E se da una parte il servizio di bike sharing senza limiti è stato molto apprezzato dai romani – in una città in cui, secondo i dati resi noti durante il convegno per la mobilità Mobility report 2017, ogni anno un cittadino perde più di tre giorni e mezzo incolonnato nel traffico – dall’altra il controllo minimo effettuato sull’utilizzo delle due ruote provoca non pochi danni alle biciclette ma soprattutto al decoro della città.

Dopo essere state utilizzate, infatti, le bici vengono spesso gettate per terra nel migliore dei casi, se non abbandonate in luoghi improbabili, dopo essere state gravemente danneggiate.

Addirittura, a gennaio 2018, il Messaggero ha denunciato la “riemersione” di decine di biciclette che erano state buttate nel Tevere e mai recuperate.

L’episodio delle due ruote che giacciono sul fondo del fiume, inoltre, ha portato alla luce un altro problema.

Il servizio offerto da oBike, infatti, è disponibile solo tramite la registrazione a un’app alla quale è necessario fornire determinate credenziali per attivare l’account, tra cui il numero della propria carta di credito.

Gli utenti iscritti all’app, dunque, possono essere facilmente rintracciati in caso di danni, e gli eventuali rimborsi potrebbero essere addebitati direttamente sulla carta del cliente.

Il problema sorge nel momento in cui le biciclette non vengono dotate di un sistema per essere legate a pali o ringhiere, e dunque possono essere sollevate di peso e trasportate ovunque, senza prima doverle sbloccare tramite l’app.

Questo rende impossibile rintracciare e penalizzare i responsabili.

E i mezzi, anche quando possono essere geolocalizzati, spesso non vengono recuperati.

Sempre al Messaggero il general manager della start up ha dichiarato che, delle 1.700 biciclette presenti su Roma, quelle perdute, rubate o distrutte sono “pochissime”, anzi, sono “meno del 5 per cento le biciclette gravemente danneggiate”.

Ma il fatto che spesso e volentieri le due ruote vengano utilizzate in modo improprio è sotto gli occhi di tutti. 

Un esempio è la zona di Ponte Milvio e dintorni, dove le biciclette di oBike vengono abbandonate alla rinfusa un po’ dappertutto: sui marciapiedi, sulle aiuole, o direttamente in mezzo alla strada.

Ma non solo, percorrendo la pista ciclabile fin dall’inizio se ne incontrano diverse abbandonate ai lati della strada o gettate nell’erba alta.

Senza più sellino, con le ruote bucate o sgonfie, goffamente incastrate in mezzo al guard-rail che divide la carreggiata del lungotevere Maresciallo Diaz o abbandonate all’ombra della Torretta Valadier di Ponte Milvio, è raro trovare una oBike in buone condizioni, o semplicemente normali da queste parti.

A parte gli episodi di furto o di danni gravi provocati alle biciclette, che possono essere definiti come veri e propri atti vandalici, un servizio di bike sharing senza parcheggi obbligati alla fin fine contribuisce ad aumentare l’immagine di degrado della città. 

Non per sua natura, ma per il semplice fatto che non obbligare gli utenti a lasciare le bici in appositi siti a quanto pare provoca nei romani l’impulso all’abbandono selvaggio.

Stando però a quanto dichiara il general manager di oBike a VignaClaraBlog.it, il comportamento scorretto di alcuni utenti è comprensibile, dal momento che “il principio del bike sharing senza stazioni è indubbiamente rivoluzionario, e probabilmente avrà bisogno di un po’ di tempo per entrare più semplicemente nella nostra cultura”.

E nel frattempo, per rimediare all’abbandono selvaggio delle biciclette, esiste un “team locale che si occupa della manutenzione e del riposizionamento della flotta”, conclude il general manager.

Tutto ok dal punto di vista aziendale, ma quella pletora di bici buttate a destra e a manca no, non ci piace proprio e non fa bene all’immagine di Roma.

 

(Articolo di Camilla Palladino, pubblicato con questo titolo il 7 giugno 2018 sul “VignaClaraBlog”)

 

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Con Nota VAS prot. n. 5 del 26 febbraio 2018 il Circolo Territoriale di Roma della associazione “Verdi Ambiente e Società” (VAS) ha fatto presente che il 20 dicembre 2017 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata riguardo al servizio di messa in contatto con conducenti non professionisti fornito da Uber ed ha sentenziato che rientra nel settore dei trasporti nell’ambito del servizio pubblico, per cui gli Stati membri possono di conseguenza disciplinare le condizioni di prestazione di tale servizio.

Per analogia la sentenza della Corte di Giustizia deve ritenersi pienamente applicabile anche al servizio di Bike Sharing a flusso libero, che dovrebbe essere pertanto disciplinato e soprattutto assegnato in gestione tramite apposito bando di gara nel rispetto della Direttiva 2004/18/CE sulla libera concorrenza e del D. Lgs. n. 163 del 12 aprile 2006 che l’ha recepita.

Invece verso la fine di novembre del 2017 la società di Singapore “O.Bike” ha introdotto nei Municipi I e II di Roma 1.200 biciclette in modalità “free floating” (flusso libero) senza nessuna autorizzazione da parte della Amministrazione Capitolina, il cui Assessore alla Città in Movimento Linda Meleo il successivo 13 dicembre 2018 ha partecipato addirittura di persona alla presentazione di un ulteriore servizio di Bike Sharing a flusso libero da parte della società di Hong Kong “Gobee.Bike” che ha introdotto ca. 400 biciclette nei Municipi I e IX di Roma.

Ma il successivo 15 febbraio 2018 con un comunicato stampa la “Gobee.Bike” ha annunciato l’intenzione di dover lasciare l’Italia e l’Europa per causa del vandalismo contro le proprie flotte di biciclette, che ha reso economicamente insostenibile la prosecuzione del servizio.

L’Associazione VAS ha invitato il Comune a far sospendere nell’immediato il servizio tuttora in atto della “O.Bike” al fine di poter disciplinare qualunque futuro tipo di servizio di Bike Sharing per il tramite di un apposito bando di gara che ne detti le regole e che sia corredato dal maggior numero possibile di parcheggi per le bici, tale comunque da disincentivare il parcheggio selvaggio.

Nel novero di un prossimo ed auspicabilmente unico tipo di servizio di Bike Sharing che il Comune di Roma dovrebbe comunque assicurare ai cittadini, senza alcun rischio di interruzione di questo pubblico servizio, l’Amministrazione Capitolina dovrebbe tenere nella dovuta considerazione anche la proposta di “Integrazione del servizio di Bike Sharing previsto nella riforma dei cartelloni pubblicitari di Roma con il servizio di Bike Sharing a flusso libero”, che è stata fatta dalle associazioni VAS e Basta Cartelloni con Nota VAS prot. n. 14 del 27 settembre 2017, con lo scopo dichiarato di evitare il parcheggio selvaggio in ogni parte della capitale che potrebbe derivare dall’eventuale servizio privato di biciclette a flusso libero, oltre che di assicurare anche un servizio di bicicletta a pedalata assistita non previsto invece nel sistema di bici a flusso libero.

Alla istanza di VAS non è stato dato a tutt’oggi alcun seguito.

 

Dott. Arch. Rodolfo Bosi

 

 

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