Le città possono ancora essere produttrici di cultura, innovazione e solidarietà? Il caso Ivrea

 

Adriano Olivetti, legato a doppio filo ai successi planetari della fabbrica che porta il suo cognome – spaziando dalle macchine da scrivere agli antesignani degli attuali personal computer – credeva nella necessità e nella possibilità di ricercare un equilibrio tra profitti privati e sviluppo della comunità, un modello di sviluppo che continua ad esercitare una grande attrattiva.

E consensi a livello globale.

L’ultima testimonianza è arrivata durante i lavori del 42° Comitato del patrimonio mondiale Unesco, che si sta svolgendo a Manama in Bahrein (fino al 4 luglio): “Ivrea città industriale del XX secolo” è stata ufficialmente iscritta nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura.

Si tratta del 54esimo sito Unesco italiano.

Un percorso, quello di Ivrea, iniziato a gennaio 2017 con la candidatura coordinata dal Segretariato generale – Ufficio Unesco del MiBACT e promossa dal Comune di Ivrea e dalla Fondazione Adriano Olivetti, insieme alla Fondazione Guelpa, la Regione Piemonte, la Città metropolitana di Torino e il Comune di Banchette, coronata dopo oltre un anno e mezzo da successo.

Ivrea – come spiegano dal Comune – rappresenta un esempio distintivo della sperimentazione di idee sociali e architettoniche sui processi industriali, e un’esperienza innovativa di produzione industriale di livello mondiale che guarda in special modo al benessere delle comunità locali. Fondata nel 1908 da Camillo Olivetti, la città industriale di Ivrea è un progetto industriale e socio-culturale del XX secolo.

La maggior parte dello sviluppo di Ivrea avvenne nel periodo degli anni ’30 e ’60 sotto la direzione di Adriano Olivetti, periodo in cui l’azienda Olivetti produceva macchine da scrivere, calcolatrici meccaniche e computer.

La forma della città e gli edifici urbani di Ivrea sono stati progettati da alcuni dei più noti architetti e urbanisti italiani di quel periodo: la città è composta da edifici per produzione, amministrazione, servizi sociali e usi residenziali, che riflettono le idee del Movimento Comunità.

La città industriale di Ivrea rappresenta quindi un significativo esempio delle teorie dello sviluppo urbano e dell’architettura del XX secolo in risposta alle trasformazioni industriali e sociali, inclusa la transizione dalle industrie meccaniche a quelle digitali.

Non a caso anche l’Istituto nazionale di urbanistica (Inu) saluta con entusiasmo il riconoscimento di Ivrea come patrimonio mondiale Unesco: «Come abbiamo già detto quando era avviato il percorso della candidatura, è il sigillo – commenta la presidente dell’Inu, Silvia Viviani – della convinzione che le città possono elevarsi ad attori attivi e dinamici per la produzione di cultura, innovazione sociale e nuova solidarietà economica».

Adriano Olivetti, principale artefice delle innovazioni e delle visioni che hanno portato al successo e della città piemontese, è stato presidente dell’Inu dal 1950 al 1960.

Un altro laboratorio di attuazione delle idee di Olivetti è stata Matera, insignita capitale europea della cultura 2019.

«Due riconoscimenti legati a doppio filo – argomenta Viviani – la testimonianza che l’urbanistica, lungi dall’essere esclusivamente uno strumento limitato al confezionamento delle procedure, può essere traduttore di idee e innovazione di cui beneficiano le comunità, di più, che la buona urbanistica deve essere al servizio delle comunità».

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 2 luglio 2018 sul sito online “greenreport.it”)

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