Blitz di Greenpeace: la plastica usa e getta dei grandi marchi inquina i mari italiani

 

Stamattina a Roma, di fronte al Pantheon, gli attivisti di Greenpeace hanno montato una riproduzione a grandezza naturale di due balene alte rispettivamente 6 e 3 metri che emergono da un mare invaso da rifiuti in plastica monouso, «per denunciare come i nostri mari, e le specie che in essi vivono, siano in grave pericolo a causa dell’uso smodato di plastica usa e getta e dell’inquinamento che ne deriva».

Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna inquinamento di Greenpeace Italia, denuncia: «Aziende come Coca Cola, San Benedetto, Ferrero, Nestlé, Haribo e Unilever continuano a fare enormi profitti grazie alla crescente produzione di plastica monouso, pur essendo perfettamente a conoscenza del fatto che è impossibile riciclarla tutta.

E’ necessario che i grandi marchi si assumano le proprie responsabilità di fronte a questo grave inquinamento, partendo dalla riduzione dei quantitativi di plastica usa e getta immessi sul mercato».

Oggi Greenpeace ha pubblicato il rapporto  “Stessa spiaggia, stessa plastica” che contiene i dati della pulizia di 7 spiagge italiane – Bari, Napoli, Trieste, Palermo, Fiumicino, Chioggia e Parco Regionale di San Rossore – e della raccolta e la catalogazione dei rifiuti in plastica per categoria merceologica (imballaggi per alimenti, l’igiene domestico o personale), tipologia di plastica (polimero) e, laddove possibile, marchio di appartenenza.

Un’operazione condotta seguendo il protocollo del Brand Audit, messo a punto dalla coalizione Break Free From Plastic e replicato su scala globale dalle organizzazioni che ne fanno parte. Secondo l’associazione ambientalista i dati «mostrano come circa l’80% degli imballaggi e contenitori in plastica per cui è stato possibile identificare i marchi di appartenenza sia riconducibile proprio a marchi come Coca Cola, San Benedetto, Ferrero, Nestlé, Haribo e Unilever».

Greenpeace evidenzia che «i risultati, seppur limitati ad un numero ristretto di spiagge, evidenziano come la plastica rappresenti la tipologia di rifiuto più presente sia in ambienti fortemente antropizzati che in aree protette.

Infatti, i risultati del rapporto mostrano particolari criticità sia a Bari, dove  sulla spiaggia cittadina di Pane e Pomodoro sono stati raccolti 1.200 litri di polistirolo, ovvero circa il 65% del volume totale di tutti i rifiuti in plastica raccolti; sia sulla spiaggia situata in prossimità della foce del fiume Serchio, all’interno del Parco Regionale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, dove sono stati raccolti più di 4.700 litri di plastica, ovvero circa il 60% del volume totale di rifiuti raccolti. 

Di tutti i rifiuti in plastica raccolti, proprio i contenitori e gli imballaggi per alimenti e bevande sono risultati complessivamente i più abbondanti (circa il 90 percento del totale) e costituiti dai polimeri comunemente utilizzati per produrre gli imballaggi: Polipropilene (PP), Polietilene ad alta densità (HD-PE) e bassa densità (LD-PE), il Polietilene Tereftalato (PET) e Polistirolo».

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 5 luglio 2018 sul sito online “greenreport.it”)

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