Stop alla proposta di legge regionale sarda sul governo del territorio, la legislatura finisce qui

 

anche su Il Manifesto Sardo (“Stop alla proposta di legge regionale sarda sul governo del territorio, la legislatura finisce qui“), n. 2691 ottobre 2018

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Non c’è un sostegno ampio e compatto per una buona proposta di legge, oggi ammettiamo una difficoltà ed è bene fermarsi, come avevamo preso l’impegno di fare in mancanza di ampio consenso”, con queste parole il 26 settembre 2018 il Presidente della Regione autonoma della Sardegna Francesco Pigliaru, di fatto, ha chiuso la XV Legislatura del Consiglio regionale isolano.

Era stato l’Assessore regionale all’urbanistica Cristiano Erriu, con una lettera, a chiedere il rinvio della proposta di legge regionale alla competente Commissione consiliare permanente in quanto “non possiamo non prendere atto che non ci sono i numeri e che manca la volontà politica di andare avanti nella discussione di questa legge“. 

Dal canto suo, il Presidente della Commissione consiliare Antonio Solinas aveva detto chiaramente che “dopo l’approvazione all’unanimità, la Commissione non ha nulla da dire”.

Ovvia la bagarre scatenata (per modo di dire) dalle opposizioni di centro-destra (che pure aveva mostrato disponibilità all’approvazione, tanto da votare la proposta di legge in Commissione) al Movimento 5 Stelle, alla galassia indipendentista.

Il Consiglio delle Autonomie Locali (C.A.L.) non aveva espresso il suo prescritto parere, pur manifestando posizioni critiche, mentre alcuni sindaci erano stati ancor più drastici.

In parole povere, un percorso legislativo travagliato, nato male, proseguito fra polemiche e critiche ben fondate sugli aspetti di pericolo per la salvaguardia ambientale, fino a una procedura di ascolto partita troppo tardi (fine aprile 2018) per poter portare a un risultato condiviso e davvero fondato sulla tutela dello straordinario patrimonio naturale e storico-culturale sardo, la reale ricchezza del territorio e attrattiva turistica.

Chi ha avanzato argomentate critiche su un testo che apriva la porta a speculazioni immobiliari di ampia misura[1] è stato bollato come “leninista”, mentre fra i supporters della proposta di legge vi sono state prese di posizione imbarazzanti.

Alla fine il testo della proposta di legge regionale risultato dall’esame della competente Commissione consiliare permanente, il Testo unificato n. 19-409-418-438/A (Disciplina generale per il governo del territorio), ha raccolto più contrasti che condivisioni.

Quali sono le reali esigenze della Sardegna e della Collettività isolana che sono rimaste inevase e deluse?

Le spasmodiche insistenze nel voler prevedere aumenti volumetrici nella fascia costiera di conservazione integrale non avrebbero potuto che trovare un fermo e invalicabile ostacolo di rango costituzionale, mentre, curiosamente, l’Hotel Sporting di Porto Rotondo (Gruppo Molinas) viene ristrutturato e recupera una struttura nautica con 44 milioni di euro di investimenti, di cui ben 25 di fondi pubblici (20 Stato, 5 Regione autonoma della Sardegna), con buona pace di chi si straccia le vesti, perché “sulle coste non si può far nulla”.

Se l’intendimento è quello di incentivare turismo e presenze turistiche, le soluzioni sono altre, non cemento e mattoni.

Gli obiettivi dichiarati di aggiornare e armonizzare la disciplina vigente, spesso di non facile applicazione, nonché di venir incontro alle esigenze del comparto turistico e, in particolare, favorendo l’ampliamento della stagione turistica non possono certo esser realizzati con incrementi volumetrici in favore delle strutture ricettive anche entro la fascia costiera dei mt. 300 dalla battigia marina, così da permettere la realizzazione di centri benessere, sale congressuali, servizi, attrezzature sportive, che renderebbero “più appetibile” un patrimonio edilizio ricettivo ormai “datato”.

Da notare è il ridotto tasso di occupazione delle strutture: 22% per le strutture alberghiere e 9,1% per quelle extralberghiere (dati inferiori alla media italiana ma in linea con quelli delle regioni competitor italiane: Sicilia, Puglia e Calabria).

I motivi risiederebbero nella forte stagionalità dei flussi, tipica del turismo marino-balneare.

Basti pensare che le strutture vengono utilizzate per il 54% nel mese di agosto e solamente per l’1% nei mesi di gennaio e di dicembre (dati XXIV Rapporto Crenos sull’economia della Sardegna, 2017).

In realtà, per migliorare l’offerta turistica sembrano prioritarie altre iniziative, a iniziare dal radicale miglioramento dei collegamenti aerei e navali in regime di continuità territoriale o comunque attraverso meccanismi di abbattimento dei costi per i non residenti, continuando con una politica efficace delle aree naturali protette e dei beni culturali per ampliare offerta e stagione turistica (per esempio, l’istituzione del parco naturale della Giara in connessione con l’area archeologica di Barumini, itinerari eno-gastronomici e culturali locali), per finire con la promozione di veri e propri “pacchetti turistici” specifici per mète ed eventi (es. S. Efisio, Carnevale, Pasqua, Candelieri, turismo naturalistico, ciclo-turismo, ecc.) nell’ambito di una politica di promozione turistica degna di questo nome, cosa che la Sardegna non ha mai avuto.

Nulla riguardo l’ampliamento della pianificazione paesaggistica, con l’estensione del piano paesaggistico regionale (P.P.R.) anche all’interno dell’Isola, dopo la fascia costiera (1° stralcio costiero, decreto presidenziale 7 settembre 2006, n. 82).

Nulla riguardo l’effettiva volontà regionale di portare a compimento la pianificazione urbanistica comunale attraverso l’esercizio dei poteri regionali sostitutivi: nonostante parecchi finanziamenti, regionali, è ben noto che molti Comuni non si siano ancora dotati di P.U.C. per mille ragioni, inclusa spesso quella di non “disturbare” forti interessi immobiliari, non può essere un esimente per prorogare di fatto e illegittimamente la possibilità di distribuire qui e là incrementi volumetrici, tanto più che, giustamente, l’art. 18, comma 1°, lettera b, della legge regionale n. 8/2015 prevede che la Regione si sostituisca ai Comuni inadempienti nell’adozione dei P.U.C., previa diffida a provvedere inevasa.

Quanti Comuni inadempienti sono stati diffidati?

E quanti sono stati gli interventi sostitutivi regionali?

A questo punto se ne riparlerà nella prossima legislatura, nella primavera del 2019, con l’auspicio che demagogia, ignoranza e interessi speculativi spariscano.

Noi, comunque, ci siamo e non desisteremo dalla difesa dell’ambiente e del futuro della Sardegna.

Stefano Deliperi

Gruppo d’intervento Giuridico onlus

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[1] qui i testi del disegno di legge regionale:

Disegno di legge concernente “Disciplina generale per il governo del territorio”.

Sul sito web istituzionale del Consiglio regionale della Sardegna: 

http://consiglio.regione.sardegna.it/XVLegislatura/Disegni%20e%20proposte%20di%20legge/DL409.pdf

 

 

(Articolo di Stefano Deliperi,  pubblicato con questo titolo il 1 ottobre 2018 sul sito del Gruppo d’Intervento Giuridico)

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