No al condono edilizio a Ischia nel Decreto Genova, Appello a Di Maio di Legambiente, Libera e Cgil

 

Legambiente, Libera Campania e Cgil Campania si sono rivolte direttamente al massimo esponente (campano) del Movimento 5 Stelle al governo: «Caro Vicepresidente del consiglio Luigi Di Maio, cari parlamentari, vi chiediamo di modificare il Decreto Genova in discussione alla Camera dei deputati per scongiurare un nuovo condono edilizio per l’Isola di Ischia colpita nel 2017 dal sisma.

Se questa norma fosse sciaguratamente approvata diventerebbero sanabili edifici costruiti in zone a rischio idrogeologico e con vincoli paesaggistici e ambientali, che le normative ‎di sanatoria del 1994 e 2003 invece escludevano.

Vi chiediamo dunque un’assunzione di responsabilità e di fermare questo assurdo condono tombale».

È questo l’appello che lanciano oggi al vicepresidente del Consiglio e a tutti i parlamentati affinché si fermi questa folle e incomprensibile sanatoria per Ischia, inserita nel Decreto Genova, che metterebbe in pericolo le persone e rilancerebbe nuovi abusi.

Le due associazioni e il sindacato campano ricordano che «nell’articolo 25 del decreto è previsto di intervenire proprio sulle domande di sanatoria ancora ferme presso i Comuni rivedendo i criteri di valutazione delle domande di sanatoria».

Per Legambiente, Libera Campania e Cgil Campania «questa proposta di condono è incomprensibile e pericolosissima per diverse ragioni‎.

Perché viene premiata l’illegalità, ancora una volta, condonando edifici che sono da decenni abusivi e che beneficerebbero di un nuovo condono edilizio che a questo punto potrebbe essere richiesto da altre aree del Paese.

Al contrario il nostro Paese deve finalmente dare seguito alle ordinanze di demolizione che per oltre l’80% non sono ancora state eseguite.

In secondo luogo, perché crea pericoli per le persone e l’ambiente a Ischia.

Gli edifici che verrebbero sanati sono stati costruiti in aree a rischio frana e sismico in un’isola che ha visto, dal terribile terremoto dal 1883 a quello del 2017, ripetersi un numero infinito di tragedie dovute proprio alla pericolosità degli edifici, per come e dove sono stati costruiti.

Oggi abbiamo tutte le informazioni sui rischi del territorio di Ischia e la responsabilità di impedire che le vite delle persone siano messe in pericolo.

Infine, questa norma è pericolosa anche per una ragione di ingiustizia economica e sociale.

Questi edifici sono stati costruiti abusivamente e sono ancora oggi abusivi, e non solo verrebbero sanati ma riceverebbero fino al 100% del contributo per la ricostruzione come previsto dal testo.

In questo modo si premia chi non dovrebbe beneficiare di risorse pubbliche, sottraendole ad altre allocazioni più urgenti e utili, e oltretutto per interventi che non potranno mai rendere sicuri edifici costruiti in aree così pericolose da un punto di vista del rischio frane e sismico».

Ambientalisti e sindacalisti  evidenziano che «se si vuole dare risposta alla preoccupazione delle famiglie per le case in cui vivono, occorre accelerare una ricostruzione capace di garantire finalmente la sicurezza degli edifici con norme efficaci e risorse.

Legambiente, Libera Campania e Cgil Campania condividono la necessità di chiudere finalmente le procedure di sanatoria ancora incredibilmente aperte, con 26mila domande nei tre Comuni dell’Isola.

Ma lo si deve fare dando strumenti alle amministrazioni locali e non eliminando ogni criterio previsto dalle Leggi in vigore al momento in cui le domande di sanatoria sono state presentate».

Legambiente, Libera Campania e Cgil Campania concludono il loro appello a Di Maio e ai parlamentari proponendo di «affidare al Commissario straordinario per la ricostruzione ad Ischia i poteri e le risorse per portare avanti le ordinanze di demolizioni.

La ricostruzione di Ischia, in questa prospettiva, potrebbe diventare una esperienza importante nel nostro Paese dove si tiene assieme tutela del territorio, legalità e innovazione».

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 19 ottobre 2018 sul sito online “greenreport.it”)

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