Tap, la superperizia conferma l’esclusione dell’applicazione della normativa Seveso

 

La superperizia sul gasdotto Tap conferma l’esclusione dell’applicazione della normativa Seveso sul rischio di incidenti rilevanti.

Viene meno, dunque, lo sbarramento più importante che enti locali e attivisti hanno provato a mettere all’opera in costruzione nel Salento, il metanodotto che convoglierà il gas dell’Azerbaijan in Italia, passando da Grecia, Albania, mar Adriatico per approdare a Melendugno, nel Leccese, dove i cantieri sono stati avviati lo scorso anno.

In mattinata, il giudice Cinzia Vergine ha aperto il plico inviato con corriere lunedì dai periti nominati dal Tribunale nell’ambito dell’incidente probatorio voluto per anticipare la formazione della prova di una delle tre inchieste aperte sul gasdotto, quella che, appunto, deve accertare se ci sia stato un frazionamento artificioso tra il gasdotto Tap e quello di interconnessione Snam (per collegare il primo alla rete nazionale a Brindisi), se va rifatta pertanto la Valutazione di impatto ambientale e se vanno applicate le direttive Seveso.

Nulla di tutto ciò.

E questo perché la perizia stabilisce che, pur superando i valori soglia relativi ai quantitativi di gas (58,7 tonnellate e non 48,7 come affermato da Tap, a fronte di un limite di 50), il terminale di ricezione non è qualificato come uno stabilimento.

È proprio su questo che si è concentrato un grande giallo: nel 2014, era stata la stessa multinazionale, oltre al ministero dell’Ambiente, a definirlo come tale, prima che ministeri dell’Interno e dello Sviluppo Economico procedessero in direzione inversa.

 

(Articolo di Tiziana Colluto, pubblicato con questo titolo il 21 novembre 2018 sul sito online “Ambiente & Veleni” del quotidiano “Il Fatto Quotidiano”)

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