Antonio Esposito. Strategie antimafia e anticorruzione: società e cultura della legalità. Intere regioni devastate dalla criminalità organizzata non dagli immigrati

 

Mafia, corruzione, ogni giorno i media riportano notizie di indagini, arresti, che riguardano sia quella che si può chiamare la bassa forza, la malavita organizzata, sia esponenti che si possono definire al di sopra di ogni sospetto finché non vengono portati alla luce episodi di corruzione che riguardano personalità che operano ad alti livelli della vita politica, economica, ricoprono incarichi prestigiosi.

Ultimi episodi di corruzione che hanno occupato pagine di giornali, servizi televisivi, radiofonici, i nuovi media riguardano arresti eccellenti come quello del presidente dell’Assemblea consiliare del Comune di Roma.

Proprio mentre emergevano questi episodi di corruzione, a Sorrento si svolgeva un importante convegno promosso da una associazione, Vas, Verdi ambiente e Società.

Tema della discussione “Strategie antimafia e anticorruzione. Società civile e cultura per la legalità”, relatore  Antonio Esposito, già presidente di sezione Corte di Cassazione.

I lavori, ai quali ha partecipato il senatore Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia, sono stati aperti dal saluto del senatore Guido Pollice, presidente nazionale di Vas onlus.

Hanno partecipato l’assessore alle Politiche Giovanili del Comune di Sorrento avv. Massimo Coppola, il presidente Nazionale “Cittadini contro le mafie” dott. Antonio Turri. Sono intervenuti Lucia Aielli Corte di Cassazione, Gianfranco Donadio Procuratore Repubblica Lagonegro, Maria Cristina Ribera Procura Repubblica Napoli.

Moderatore Vitaliano Esposito già Procuratore Generale Corte Cassazione.

Nel corso della manifestazione è stato  presentato il libro “I Casamonica”, autore il giornalista Nello Trocchia che ha partecipato al convegno.

Di seguito pubblichiamo la relazione tenuta da Antonio Esposito, un contributo importante, significativo,  alla “cultura  della legalità”.

I nemici della nazione, mafiosi e corrotti, oltre gli evasori fiscali e gli speculatori

Come è noto, buona parte dei politici fa finta di ignorare che i nemici della Nazione, oltre gli evasori fiscali e gli speculatori, sono i mafiosi e i corrotti.

Non si dà grande importanza ad inchieste ed arresti di pubblici amministratori per mafia, corruzione ed appalti truccati; si fa poco caso a “cricche” composte di mafiosi, tangentisti, imprenditori che hanno corrotto e inquinato interi territori sia al Nord che al Sud.

Da Sud a Nord non c’è Regione o Provincia che sia immune nella concessione degli appalti da fenomeni di corruzione; ciò avviene di continuo: gli episodi corruttivi e le turbate libertà degli incanti si contano a centinaia in pochi anni e forniscono il quadro di una P.A. corrosa dal fenomeno delle tangenti.

L’arte della corruzione nasce e si sviluppa negli uffici pubblici e in quelli di imprese private.

Non è infrequente che il corrotto possa indossare la fascia tricolore di un sindaco.

La Commissione europea – nello svolgere nel 2007 un’indagine sulla percezione della corruzione nei singoli Paesi membri dell’Unione – ha rilevato che in Italia il 15% delle imprese ha risposto di aver ricevuto richieste di favori o di tangenti nei seguenti casi: permesso di costruire, permesso di aprire attività commerciali, cambio d’uso dei terreni, permessi ambientali, aiuti di Stato e fondi strutturali.

In generale, il dato italiano è superiore di dieci punti della media dell’Unione europea.

Ma vediamo nel dettaglio qual è la situazione in relazione alla lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, e quali provvedimenti sono stati adottati o andrebbero adottati.

Nello scorso anno i giornali hanno dato notizia di 983 casi di corruzione

Per quanto riguarda la corruzione anche il 2018 è stato caratterizzato da tale fenomeno.

Uno studio di “Trasparency International” del 10 dicembre scorso ha rivelato che nello scorso anno i giornali hanno riportato 983 casi di corruzione, quasi il doppio del 2017 e, sicuramente, molti episodi corruttivi sono rimasti fuori da questo censimento.

L’Autorità anticorruzione ha esaminato 171 ordinanze di arresto relativi a reati contro la P.A.; solo nel trascorso anno, l’ufficio diretto da Cantone ha proposto 19 commissariamenti di appalti pubblici investiti da vicende giudiziarie di corruzione.

Il nuovo governo è sembrato muoversi con decisione sul terreno della lotta alla corruzione, tant’è che nel mese di dicembre è stata approvata, fortemente voluta dal ministro di Giustizia Alfonso Bonafede, la c.d. legge “spazzacorrotti” – apprezzata dall’80% degli italiani – la quale, oltre ad inasprire le pene per i reati di corruzione, 

a) prevede il c.d. “Daspo” per i corrotti consistente in una interdizione permanente dai pubblici uffici e dallo stipulare contratti con la P.A. per soggetti condannati a pene superiori ai due anni per vari reati (corruzione, peculato, ecc.); 

b) introduce la figura dell’ “agente sotto copertura” anche nelle indagini per i reati contro la P.A.; 

c) prevede la possibilità di utilizzare nelle inchieste per tali reati anche lo strumento intercettivo “Trojan Horse”, indispensabile nella lotta contro la corruzione.

Il governo poteva fare molto di più nella lotta  alla corruzione e alla criminalità organizzata

Si sarebbe, però, potuto fare molto di più per quanto riguarda la prescrizione che ogni anno cancella circa 150.000 processi.

La riforma si limita a prevedere che la prescrizione non più decorra dalla sentenza di I° grado, mentre sarebbe stato opportuno bloccarla dalla richiesta di rinvio a giudizio sia perché è in quel momento che lo Stato, esercitando attraverso il P.M., l’azione penale attua il diritto potestativo a perseguire il colpevole sia perché buona parte dei processi si prescrive con la sentenza di 1° grado.

Inoltre, il ministro di Giustizia ha dovuto cedere alle insistenze della Lega la quale ha preteso che la già blanda riforma della prescrizione entrasse in vigore nel gennaio 2020, sicché ancora per i nuovi processi sarà applicabile la scandalosa normativa “ex Cirielli” del 2005 che ha finora determinato la estinzione di circa 1.800.000 procedimenti.

Per quanto riguarda la lotta alla criminalità organizzata, va osservato che il ministro degli Interni ha, tra le sue priorità, quella di convincere i cittadini – in una permanente campagna elettorale imperniata sullo slogan “Prima gli italiani” – che la loro sicurezza è posta in pericolo più dagli immigrati che non dalla (italiana) malavita

Il pericolo non sono gli immigrati come dice Salvini ma mafia, sacra corona unita, camorra

Il pericolo non sono gli immigrati come dice Salvini, ma mafia, sacra  corona unita, camorra, la criminalità organizzata che ha occupato il territorio italiano. 

Il pericolo non sono gli immigrati ma la criminalità organizzata che ha occupato, oramai, quasi l’intero territorio italiano.

Regioni come la Sicilia, la Puglia, la Calabria, la Campania sono state, e sono tuttora, “devastate”dalle organizzazioni criminali e, cioè, “mafia”, “sacra corona unita”, “n’drangheta” e “camorra”che, da anni, hanno sistematicamente assoggettato le popolazioni a estorsioni, intimidazioni, violenza, omicidi nel contesto anche del traffico di droga (apportatrice di morte).

In particolare la “n’drangheta” si è estesa in tutta Italia occupando l’intero territorio lombardo e infiltrandosi profondamente e pericolosamente in Piemonte e in Emilia come è stato indiscutibilmente e definitivamente accertato da numerose decisioni della Corte di Cassazione tra le quali quella (sez. II n° 34147/’15), emessa nel processo “Infinito” – con la quale sono stati confermati secoli di carcere nei confronti di oltre 130 imputati – che ha accertato la occupazione da parte della ndrangheta del territorio lombardo con la istituzione di ben 18 “locali” e quella emessa nel processo “Minotauro” (sez. II n° 15412/’15) – con la quale è stata confermata la sentenza di condanna emessa dalla Corte di Appello di Torino nei confronti di oltre 50 imputati calabresi per associazione a delinquere di stampo mafioso.

Recentissimamente, in data 25 ottobre 2018, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna di oltre 40 n’dranghetisti per infiltrazione mafiosa in Emilia.

La camorra ha occupato i territori delle province di Napoli e Caserta

Quanto alla “camorra”, essa, attraverso decine e decine di “clan” criminali, ha occupato, capillarmente, i territori della provincia di Napoli e Caserta, inquinando anche gravemente la politica.

Qui la situazione è aggravata dalla micro-criminalità che, attraverso “clan” di giovanissimi, tiene giornalmente la città di Napoli sotto scacco, con scippi, rapine e furti.

Ora, se questo fenomeno criminale si è esteso, è evidente che nessun governo, a partire dal dopo guerra, ha mai fatto seriamente la guerra al crimine organizzato e vi è stata, anzi, spesso connivenza e collusione tra politici, anche di alto livello governativo, e i sodalizi criminali.

Ed allora, un “cambiamento epocale” evocato dal “premier” Conte, deve necessariamente passare per due strade: la prima è una più incisiva azione repressiva con l’invio e la permanenza (non di breve durata, ma per anni) di un massiccio numero di appartenenti alle forze dell’ordine e di militari in quelle zone ad altissima densità criminale (si pensi alle province di Reggio Calabria, Napoli, Caserta, al Lametino) per “riconquistare” il territorio oggi occupato dalla criminalità e per presidiare aziende ed imprese i cui titolari sono sottoposti a sistematiche estorsioni o, in caso di rifiuto, a gravi rappresaglie, anche a rischio della vita.

La presenza di tali forze dà tranquillità e sicurezza ai cittadini e infonde fiducia verso le istituzioni negli imprenditori motivandoli – sentendosi protetti – alla denuncia e alla collaborazione con le forze dell’ordine e con i magistrati.

Senza questa presenza massiccia e costante è semplicemente velleitario affermare, come fanno spesso le autorità, “lo Stato vi è vicino: denunciate”, e come alcuni giorni orsono ha affermato il sottosegretario agli Interni Gaetti in prefettura a Caserta per parlare di antiracket e antiusura il quale ha aggiunto che “ma lo Stato sostiene e incoraggia chi decide di opporsi a questi atti intimidatori e decide di denunciare”.

Ora, perché questo avvenga, i cittadini – che come diceva Giovanni Falcone non dovevano essere eroi – devono ricevere effettiva, reale protezione e tutela sia nel momento in cui coraggiosamente respingono la richiesta estorsiva sia quando decidono, ancor più coraggiosamente, di denunciare gli estorsori.

Le organizzazioni tramandano l’arte del crimine di padre in figlio. Liberare i giovani dal ricatto

A ciò va aggiunto che la presenza costante delle forze dell’ordine e dei militari determina una diminuzione, addirittura del 50%, dei reati, come è avvenuto nel corso della isolata e quanto mai remota operazione “Alto impatto” nelle province di Napoli e Caserta in cui furono impiegati, ma per soli sei mesi, 5.000 uomini.

Invero, tale presenza, rendendo difficoltose operazioni di traffico di droga e l’imposizione del “pizzo”, fa venir meno il flusso di denaro che alimenta la vita dei sodalizi mafiosi.

La seconda strada è quella che bisogna, contestualmente, e una volta per tutte, affrontare con determinazione, anche sotto il profilo sociale, culturale ed economico ed in sinergia con le regioni e gli enti locali, la “questione meridionale” ove si radica la cultura del favoritismo e del clientelismo ove, in definitiva, il fenomeno mafioso si intreccia con la corruzione.

Bisogna, in altri termini, liberare le nuove generazioni dal ricatto del bisogno nelle vaste zone ove la dispersione scolastica è record a livello nazionale, ove i giovani vivono la strada e qui entrano in contatto con realtà criminali di ogni genere e ove le organizzazioni tramandano l’arte del crimine di padre in figlio.

 

 (Articolo di Antonio Esposito, pubblicato con questo titolo il 27 marzo 2019 sul sito online “jobsnews.it”)

 

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