L’incendio di Notre-Dame, spiegato dal Cnr

 

È stato domato l’incendio che in poche, interminabili ore ha divorato ieri Notre-Dame, cattedrale di Parigi e patrimonio dell’umanità.

La ferita che ha aperto non si sanerà però altrettanto in fretta: la volta della navata centrale è in parte crollata, così come la guglia, anche se l’eroico lavoro dei 500 pompieri francesi è riuscito a salvare la struttura complessiva e la facciata di Notre-Dame, che adesso inizierà il faticoso percorso per tornare a nuova vita: «La ricostruiremo tutti insieme», ha dichiarato a caldo il presidente Emmanuel Macron, e c’è da credergli.

Nella centenaria vita della cattedrale non è la prima volta che accade.

Nel mentre si moltiplicano le domande su come una simile tragedia sia potuta accadere, fino a sfociare in rete in sfoghi senza fondamento, complottisti e xenofobi.

L’incendio è divampato a partire da un’impalcatura per i lavori di ristrutturazione in corso, e l’ipotesi più verosimile è che lì vada ricercata la causa scatenante: Parigi ha già aperto un’inchiesta per disastro colposo.

«È impossibile entrare nel merito dell’accaduto in dettaglio, ma dai dati disponibili e dalle immagini diffuse dai media la dinamica pare abbastanza chiara – spiega Pier Paolo Duce, ricercatore del Cnr-Ibimet – L’incendio sarebbe partito dall’impalcatura che cinge la cattedrale per i lavori di restauro, diffondendosi sulla guglia e sul tetto che sono stati già pesantemente compromessi.

Il materiale ligneo è notoriamente combustibile e, rispetto a quello che viene colpito da un incendio boschivo, quello secco delle strutture della cattedrale lo è notevolmente di più.

L’altro elemento di propagazione degli incendi è il vento, o meglio l’ossigeno, e a giudicare dalla dinamica della nube che si eleva sopra la cattedrale pare che anche questo agente stia facendo la sua parte, un po’ come quando per alimentare il fuoco si soffia nel camino.

Saremmo dunque in una contingenza purtroppo propizia alla propagazione delle fiamme.

Non possiamo ovviamente entrare neppure nel merito delle possibilità di intervento, che sono comunque ostacolate dalla quota dell’incendio e dalla struttura della cattedrale».

Anche perché la velocità media di propagazione del fuoco sul legno «è di 0,7 millimetri al minuto, ma dipende in misura determinante da elementi quali la specie legnosa, la massa volumica, l’umidità e altri fattori fisico-chimici – aggiunge Giovanna Bochicchio, del Cnr-Ivalsa – Nel caso di copertura a capriata, in particolare, la struttura reticolare delle fa sì che le travature vengano attaccate dalle fiamme su tutti e quattro i lati, riducendo la sezione residua e aumentando notevolmente il rischio di crolli».

«L’enorme perdita causata da questo incendio invita a riflettere sul fatto che le strutture portanti in muratura di tanti edifici monumentali, come per esempio gli archi a sesto acuto di una cattedrale gotica, spesso sorreggono coperture lignee non sempre a vista di dimensioni talvolta enormi – conclude il collega di Cnr-Ivalsa Andrea Polastri – Si tratta di una scelta che infiniti esempi di longevità, come quello stesso di Notre Dame, confermano nella sua funzionalità: purtroppo però, in caso di incendio, la disponibilità di ossigeno che le fiamme trovano in quota ne accelerano la propagazione».

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il  16 aprile 2019 sul sito online “greenreport.it”)

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