Riduzione delle emissioni negli stati Ue secondo la convenzione Onu:

 

Secondo il rapporto “European Union emission inventory report 1990-2017”, inviato alla “Unece Convention on Long-range Transboundary Air Pollution” (Rapporto Lrtap) e pubblicato oggi dall’European environment agency (Eea) «gli Stati membri dell’Unione europea hanno compiuto solo progressi contrastanti nella riduzione delle emissioni degli inquinanti atmosferici più nocivi».

Il rapporto Lrtap traccia le emissioni di importanti inquinanti atmosferici negli anni passati e viene presentato dall’Unione europea all’United Nations Economic Commission for Europe (Unece) in base a quanto previsto dal protocollo di Göteborg alla Convenzione Lrtap che punta a limitare e, per quanto possibile, ridurre gradualmente e prevenire l’inquinamento atmosferico.

Il protocollo fissa inoltre i limiti di emissione per una serie di inquinanti atmosferici che devono essere soddisfatti dal 2010 in poi, che per gli Stati membri dell’ue sono equivalenti o meno ambiziosi di quelli specificati dalla direttiva Ue National Emissions Ceilings (Nec) del 2010.

In Europa l’inquinamento atmosferico è il più grande rischio ambientale per la salute umana: causa problemi respiratori e riduce la  durata di vita media.

Come ricordano all’Eea, «una cattiva qualità dell’aria causata dall’inquinamento atmosferico può anche danneggiare la vegetazione e gli ecosistemi sensibili. Inoltre, diversi inquinanti atmosferici contribuiscono anche al cambiamento climatico».

Il recente “EEA briefing on the EU’s National Emissions Ceilings Directive”, pubblicato a inizio luglio, evidenziava già che «per oltre la metà dei 26 inquinanti monitorati, dopo oltre un decennio di calo, nel 2017 le emissioni sono leggermente aumentate rispetto all’anno precedente», e che questi aumenti provengono da settori chiave come l’agricoltura, i trasporti, l’industria e le famiglie.

Il nuovo rapporto rileva che «tra il 2016 e il 2017 le emissioni di ossidi di azoto (NOx) e di ossidi di zolfo (SOx) sono diminuite rispettivamente dell’1,8% e dell’1,3%.

Tuttavia, le emissioni di composti organici volatili non metanici (Nmvov) sono aumentate dell’1,3%, le emissioni di monossido di carbonio (CO) dello 0,2% e l’ammoniaca (NH3) dello 0,4%».

Nel 2017 sono aumentate leggermente rispetto all’anno precedente anche le emissioni di particolato, e molti metalli pesanti e inquinanti organici persistenti.

Negli ultimi anni, il tasso di riduzione delle emissioni è rimasto stagnante per molti inquinanti e in totale in realtà è leggermente aumentato.

L’Eea fa l’esempio delle emissioni di ammoniaca, che possono portare alla formazione di particolato atmosferico che «dal 1990 sono diminuite meno delle emissioni degli altri principali inquinanti e sono aumentate in ciascuno degli ultimi 4 anni».

Il rapporto evidenzia anche la crescente importanza della combustione residenziale, che comprende anche il riscaldamento domestico: «Questa fonte apporta un contributo significativo alle emissioni totali di molti inquinanti e ha contribuito al 51% del particolato fine (PM2,5) emesso direttamente nell’aria nel 2017.

Inoltre, il 42% del monossido di carbonio totale, il 42% degli idrocarburi policiclici aromatici, il 24 % della diossina e dei composti di furano e il 16% del cadmio e dei di metalli pesanti sono stati rilasciati da questa singola fonte».

 

(Articolo di Umberto Mazzantini, pubblicato con questo titolo il 22 luglio 2019 sul sito online “greenreport.it”)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Vas