Le concessioni demaniali marittime non sono eterne, nemmeno in Italia

 

Sentenza di grande importanza quella recentemente emessa dalla Corte di cassazione in tema di durata delle concessioni demaniali marittime e applicazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (c.d. direttiva Bolkestein).

La sentenza Corte cass., Sez. III, 12 luglio 2019, n. 25993 ha sancito che la proroga legale prevista dall’art. 1, comma 18°, del decreto-legge n. 194/2009, convertito nella legge n. 25/2010 per le concessioni demaniali marittime “presuppone la titolarità di una concessione demaniale valida ed efficace (Sez. 3, n. 32966 del 02/05/2013, Vita, Rv. 256411; Sez. 3, n. 33170 del 09/04/2013, Giudice, Rv. 257261)”, inoltre, “ai fini della integrazione della fattispecie di occupazione del demanio marittimo, sono soggette a disapplicazione le disposizioni normative che prevedono proroghe automatiche di concessioni demaniali marittime, in quanto violano l’art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario in tema di diritto di stabilimento e di tutela della concorrenza (Sez.3,n.7267 del 09/01/2014,dep.14/02/2014, Rv.259294; Sez.3, n.21281 del 16/03/2018, Rv.273222)”.

Qualora non ricorrano le suddette condizioni, si ricade nell’ipotesi di reato di cui all’art. 1161 cod. nav. (occupazione abusiva del demanio marittimo).

La legge n. 217/2011 (art. 11, comma 1°) aveva provveduto all’abrogazione del meccanismo di proroga tacita delle concessioni demaniali marittime (art. 1, comma 32°, del decreto-legge n. 400/1993, convertito nella legge 494/1993 e modificato dall’art. 10 della legge n. 88/2001) proprio per chiudere la procedura di infrazione n. 2008/4908 avviata ai sensi dell’art. 258 del TFUE per violazione della c.d. direttiva Bolkestein.

In buona sostanza, le proroghe stabilite per legge non si applicano alle concessioni precedenti alla legge 88 del 2001 che ha abolito il meccanismo del rinnovo automatico.

In particolare, ricorda la Suprema Corte, “la Corte di Giustizia (CGUE, sentenza 14 luglio 2016, pronunciata nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15), ha definito la questione esprimendo inequivocabilmente il principio secondo il quale le concessioni demaniali marittime non possono essere automaticamente rinnovate; una siffatta procedura contrasterebbe con il principio della libertà di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, di cui agli articoli 49, 56 e 106 del TFUE. Inoltre, a parere della Corte, l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (c.d. direttiva Bolkestein) stabilisce che il rilascio delle concessioni demaniali marittime e lacuali deve necessariamente avvenire attraverso una gara pubblica che consenta a tutti gli operatori economici di inserirsi nel mercato. Da quanto precede risulta che l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati”.

In questi giorni il primo caso di rilievo, il sequestro preventivo, su disposizione della Procura della Repubblica genovese, dello storico Bagni Liggia, sul litorale di Sturla.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

dalla Rivista telematica di diritto ambientale Lexambiente, 17 luglio 2019

Cass. Sez. III n. 25993 del 12 giugno 2019 (CC  6 mar 2019)

Pres. Lapalorcia  Est. Di Stasi Ric. PM in proc. Galli

Ambiente in genere. Occupazione del demanio marittimo.

Ai fini dell’integrazione del reato previsto dall’art. 1161 cod. nav., la proroga legale dei termini di durata delle concessioni demaniali marittime, prevista dall’art. 1, comma 18, D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 (conv. in legge 26 febbraio 2010, n. 25), presuppone la titolarità di una concessione demaniale valida ed efficace; inoltre, ai fini della integrazione della fattispecie di occupazione del demanio marittimo, sono soggette a disapplicazione le disposizioni normative che prevedono proroghe automatiche di concessioni demaniali marittime, in quanto violano l’art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario in tema di diritto di stabilimento e di tutela della concorrenza

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 02/11/2018, il Tribunale di Genova rigettava l’appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova che aveva respinto la richiesta di disporre in danno di Galli Claudio il sequestro preventivo impeditivo di un’area demaniale nella sua disponibilità, in relazione al reato di cui all’art. 1161 cod.nav.

Il Tribunale, non condivideva la valutazione del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale, che aveva denegato la misura cautelare ritenendo insussistente l’elemento psicologico del reato, ma confermava il rigetto ravvisando, invece, l’insussistenza del fumus in relazione all’elemento materiale della condotta e ritenendo che non potesse disapplicarsi la normativa nazionale, che aveva disposto nel tempo rinnovi automatici delle concessioni demaniali, per contrasto con la direttiva n. 123/2006 (cd Direttiva Bolkestein),vertendosi in ipotesi di applicazione in malam partem di tale normativa.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova, articolando quali motivi l’erronea applicazione dell’art. 1161 del codice della navigazione e l’erronea applicazione dell’art. 49 del T.F.U.E e dell’art. 12 della direttiva 123/2006 (cd Direttiva Bolkestein). 

Deduce che il fumus dell’elemento materiale del reato era evidente in quanto, essendo stata contestata l’occupazione di area demaniale con concessione scaduta, le normative nazionali di proroga dei termini di durata delle concessioni erano in contrasto con la direttiva n. 123/2006 (cd Direttiva Bolkestein), con l’art. 49 del Trattato TFUE , come rimarcato sia dalla giurisprudenza sovranazionale della Corte di Giustizia (CGUE, sentenza 14 luglio 2016, pronunciata nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15) che da quella nazionale di legittimità ( Sez.3, n.21281 del 16/03/2018); rimarca che non si profila una questione di applicazione in malam partem della normativa comunitaria, con riferimento alla violazione del principio di legalità o di tassatività.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Deve essere, preliminarmente, rilevato come questa Corte ha reiteratamente affermato che, ai fini dell’integrazione del reato previsto dall’art. 1161 cod. nav., la proroga legale dei termini di durata delle concessioni demaniali marittime, prevista dall’art. 1, comma 18, D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 (conv. in legge 26 febbraio 2010, n. 25), presuppone la titolarità di una concessione demaniale valida ed efficace (Sez. 3, n. 32966 del 02/05/2013, Vita, Rv. 256411; Sez. 3, n. 33170 del 09/04/2013, Giudice, Rv. 257261); inoltre, ai fini della integrazione della fattispecie di occupazione del demanio marittimo, sono soggette a disapplicazione le disposizioni normative che prevedono proroghe automatiche di concessioni demaniali marittime, in quanto violano l’art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario in tema di diritto di stabilimento e di tutela della concorrenza (Sez.3,n.7267 del 09/01/2014,dep.14/02/2014, Rv.259294; Sez.3, n.21281 del 16/03/2018, Rv.273222). 

3. Va, quindi, ricordato che il D.L. n. 400 del 1993, art. 1, comma 2, abrogato dalla L. 15 dicembre 2011, n. 217, art. 11, comma 1, (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità Europee – Legge comunitaria 2010) stabiliva che “Le concessioni di cui al comma 1, indipendentemente dalla natura o dal tipo degli impianti previsti per lo svolgimento delle attività, hanno durata di sei anni. Alla scadenza si rinnovano automaticamente per altri sei anni e così successivamente ad ogni scadenza, fatto salvo l’art. 42, comma 2, cod. nav. Le disposizioni del presente comma non si applicano alle concessioni rilasciate nell’ambito delle rispettive circoscrizioni territoriali dalle autorità portuali di cui alla L. 28 gennaio 1994, n. 84”.

L’abrogazione, come espressamente chiarito dalla L. n. 217 del 2011, che vi provvedeva, si era resa necessaria per chiudere la procedura di infrazione n. 2008/4908 avviata ai sensi dell’art. 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e per rispondere all’esigenza degli operatori del mercato di usufruire di un quadro normativo stabile che, conformemente ai principi comunitari, consentisse lo sviluppo e l’innovazione dell’impresa turistico-balneare-ricreativa. L’instaurazione della procedura d’infrazione e la successiva abrogazione della norma erano conseguenza di un contrasto della normativa interna, oltre che con i principi del Trattato in tema di concorrenza e di libertà di stabilimento, con la direttiva n. 2006/123/CE (c.d. direttiva Bolkestein), nella parte in cui, con l’art. 12, comma 2, esclude il rinnovo automatico della concessione. 

4. Il D.L. n. 194 del 2009, art. 1, comma 18, ha prorogato i termini di scadenza delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative dapprima al 31 dicembre 2015 e, successivamente, con le modifiche apportate dal d.l. 18 ottobre 2012, convertito nella L. 17 dicembre 2012, n. 221, sino al 31 dicembre 2020. 

Come rilevato dalla Corte Costituzionale (sent. 213, 18 luglio 2011) nel valutare la legittimità costituzionale di alcune disposizioni regionali in tema di proroga automatica di concessioni demaniali, il menzionato D.L. n. 194 del 2009, art. 1, comma 18, ha “carattere transitorio in attesa della revisione della legislazione in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi da realizzarsi, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento, sulla base di una intesa da raggiungere in sede di Conferenza Stato – Regioni, nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell’esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti, nonché in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui al citato art. 37, comma 2, cod. nav. 

La finalità del legislatore è stata, dunque, quella di rispettare gli obblighi comunitari in materia di libera concorrenza e di consentire ai titolari di stabilimenti balneari di completare l’ammortamento degli investimenti nelle more del riordino della materia, da definire in sede di Conferenza Stato-Regioni”. Logico corollario di tale impostazione è che le disposizioni ex lege 194 del 2009 si riferiscono esclusivamente alle concessioni nuove, ovvero a quelle sorte dopo la legge 88 del 2001, e comunque valide a prescindere dalla proroga automatica di cui al D.L. 400 del 1993, come modificato dalla L. 88 del 2001, introdotta nel 1993 ed abrogata nel 2001. Una diversa ed inammissibile interpretazione porterebbe a ritenere che il legislatore abbia abrogato espressamente la disciplina della proroga automatica introdotta nel 1993, in quanto in contrasto con la normativa europea, salvaguardandone comunque gli effetti e, in tal modo, operando in contrasto con la disciplina comunitaria (Sez.3, n.29763 del 26/03/2014, Rv.260108).

Ed è stato affermato da questa Corte che la proroga legale dei termini di durata delle concessioni demaniali marittime – prevista sino al 31.12.2020 dall’art. 1, comma 18, D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 e successive modifiche – non opera automaticamente, presupponendo un’espressa richiesta da parte del soggetto interessato al fine di consentire la verifica, da parte della autorità competente, dei requisiti richiesti per il rilascio del rinnovo. Ed infatti la proroga è applicabile soltanto ad alcune tipologie di concessione, circostanza che impone una verifica da parte della competente amministrazione sul rilievo che la proroga, riguardando una concessione valida ed ancora in essere, presuppone un controllo circa la sussistenza di tale condizione e la permanenza dei requisiti richiesti per il suo rilascio, il che implica, ancora una volta, l’esigenza di una verifica (Sez.3, n.33170 del 09/04/2013, dep.31/07/2013, Rv.257261).

5. Successivamente, il Tar Lombardia e il Tar Sardegna hanno sottoposto alla Corte di Giustizia Europea il quesito pregiudiziale della compatibilità dell’articolo 1, comma 18, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194 con l’articolo 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (c.d. direttiva Bolkestein), nonché con gli articoli 49, 56 e 106 TFUE. 

La Corte di Giustizia (CGUE, sentenza 14 luglio 2016, pronunciata nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15), ha definito la questione esprimendo inequivocabilmente il principio secondo il quale le concessioni demaniali marittime non possono essere automaticamente rinnovate; una siffatta procedura contrasterebbe con il principio della libertà di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, di cui agli articoli 49, 56 e 106 del TFUE. Inoltre, a parere della Corte, l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (c.d. direttiva Bolkestein) stabilisce che il rilascio delle concessioni demaniali marittime e lacuali deve necessariamente avvenire attraverso una gara pubblica che consenta a tutti gli operatori economici di inserirsi nel mercato. Da quanto precede risulta che l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati. Ed ancora, sulla base dell’art. 49 del TFUE, la Corte precisa che, ove tali concessioni presentino un interesse transfrontaliero certo, una proroga automatica ad un’impresa con sede in uno Stato le concessioni demaniali marittime all’indomani della sentenza della corte di giustizia europea del 14 luglio 2016 membro costituisce una disparità di trattamento nei confronti delle altre imprese collocate in altri Stati ed interessate al settore.
6. A seguito della predetta sentenza della CGUE, il legislatore nazionale è intervenuto con il d.l. 24 giugno 2016, n. 113, conv. con modd. in legge 7 agosto 2016, n. 160 7 (recante: «Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio»), che, in applicazione di quanto previsto dal precedente punto c) della sentenza CGUE dianzi richiamata, ha previsto all’art. 24, co. 3-septies, che “Nelle more della revisione e del riordino della materia in conformità ai principi di derivazione europea, per garantire certezza alle situazioni giuridiche in atto e assicurare l’interesse pubblico all’ordinata gestione del demanio senza soluzione di continuità, conservano validità i rapporti già instaurati e pendenti in base all’articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25”.

7. Questa Corte ha, quindi, precisato che la legge del 2016 si è limitata a stabilire che “…. conservano validità i rapporti già instaurati e pendenti in base all’articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25”. Ed è stato ribadito che: il logico corollario di tale impostazione è che le disposizioni ex lege 194 del 2009 si riferiscono esclusivamente alle concessioni nuove, ovvero a quelle sorte dopo la legge 88 del 2001, e comunque valide a prescindere dalla proroga automatica di cui al D.L. 400 del 1993, come modificato dalla L. 88 del 2001, introdotta nel 1993 ed abrogata nel 2001; le normative che prevedono la proroga automatica delle concessioni sino al 31 dicembre 2020 richiedono una espressa istanza da parte del concessionario ed un provvedimento espresso da parte del Comune previa necessaria verifica, non solo della esistenza a monte di un titolo valido ma anche del permanere dei requisiti in capo al concessionario

E’ stato, conseguentemente, affermato che va disapplicata la normativa di cui all’art. 24, comma 3-septies, d.l. 24 giugno 2016, n. 113, conv. in l. 7 agosto 2016, n. 160, in quanto la stessa, stabilizzando gli effetti della proroga automatica delle concessioni demaniali marittime prevista dall’art. 1, comma 18, d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, conv. in legge 26 febbraio 2010, n. 25, contrasta con l’art. 12, par. 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006 (c.d. direttiva Bolkestein) e, comunque, con l’articolo 49 TFUE. (Sez.3, n.21281 del 16/03/2018, Rv.273222, cit).
8. Nella specie, la concessione è stata rilasciata all’indagato nell’anno 1998 e risulta scaduta in data 31.12.2009, senza che il titolo concessorio fosse stato oggetto di legittime proroghe tacite, escluse dalla normativa vigente in materia, ed il Collegio cautelare, nel decidere la quaestio iuris, non si è uniformata ai principi suesposti reiteratamente affermati da questa Corte.
Né può porsi una questione di applicazione in malam partem della normativa comunitaria, non potendosi ipotizzare né una violazione del principio di legalità, non vertendosi in ipotesi di introduzione di una fattispecie criminosa non prevista, né di tassatività, essendo la norma penale incriminatrice completa nei suoi aspetti essenziali.

9. Risulta, pertanto, integrata la dedotta violazione di legge e l’ordinanza impugnata va annullata, con rinvio al Tribunale di Genova per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Genova per nuovo esame.
Così deciso il 06/03/2019

(Articolo pubblicato con questo titolo il 4 agosto 2019 sul sito online del Gruppo d’Intervento Giuridico)

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