Invasione turca della Siria, Onu: centinaia di migliaia di vite in pericolo

 

Dopo l’avvio dell’invasione dei territori kurdi della Siria del nord da parte dell’esercito turco e delle milizie jihadiste, l’Onu ha espresso viva preoccupazione per la sorte di centinaia di migliaia di civili che vivono nella regione e che sono già in fuga di fronte ai bombardamenti indiscriminati sui centri abitati già effettuati dagli aerei e dall’artiglieria di Ankara.

Ieri il Consiglio di sicurezza dell’Onu si è riunito a porte chiuse su richiesta di Belgio, Germania, Francia, Polonia e Regno Unito e, in visita in Danimarca, il segretario generale dell’Onu, António Guterres ha convocato una conferenza stampa insieme alla premier socialdemocratica danese Mette Frederiksen per esprimere la profonda preoccupazione di fronte all’escalation del conflitto in Siria.

Guterres ha detto che «questo conflitto è assolutamente essenziale da disinnescare» e, di fronte alle notizie di attacchi ai civili che vengono dal Rojava, ha sottolineato che «ogni operazione militare deve sempre rispettare la Carta delle Nazioni Unite e il diritto internazionale umanitario».

Ed è proprio la situazione umanitaria, in termini di vite e di spostamenti forzati della popolazione, a preoccupare Guterres: «Non credo a soluzioni militari del problema siriano, né per nessun problema nel mondo.

Credo sempre fortemente alle soluzioni politiche.

Esiste una roadmap: la risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza».

Ma in Medio Oriente, come sanno bene i palestinesi e i kurdi, le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza valgono poco più di carta straccia, soprattutto dopo il tradimento dei combattenti delle Syrian Democratic Forces (SDF) da parte del presidente Usa Donald Trump che, per giustificare il suo vergognoso voltafaccia, non ha trovato meglio che fare l’ennesima figura da ignorante dicendo che l’alleanza degli Stati Uniti con i kurdi – un popolo senza Stato e allora sotto dominio coloniale francese, britannico e turco – è di scarsa importanza perché non erano in Normandia – non hanno combattuto con gli Stati Uniti e i loro alleati nella Seconda Guerra Mondiale.

Le SDF rispondono a Trump con una dichiarazione: «Le SDF ha mostrato fiducia nell’accordo sul meccanismo di sicurezza tra Stati Uniti e Turchia.

Ciò ha lasciato indifeso il nostro popolo» e per questo chiedono all’Onu di istituire una no-flay zone «per proteggere il popolo della regione dalla crisi umanitaria».

A Trump risponde anche la Koma Civakên Kurdistan 8kCK – ’Unione delle Comunità del Kurdistan) ricordandogli che «i popoli della Siria del nord hanno partecipato ad una coalizione fondata contro lo Stato Islamico (IS) e hanno svolto un ruolo determinante nella vittoria sugli islamisti.

Non hanno lottato solo per sé stessi, ma per l’intera umanità.

Con questa lotta nel nordest della Siria è diventata territorio di una vita libera e democratica non solo per i kurdi, gli arabi e i suryoye (gli aramei o siriaci, quasi tutti cristiani che parlano l’aramaico, la lingua di Gesù Cristo, ndr) ma per l’umanità intera.

Così l’umanità intera ha una responsabilità politica e etica per la Siria del nord e dell’est.

L’umanità si trova di fronte al dovere storico, di mettersi dalla parte delle persone che resistono contro gli attacchi»

La KCK fa notare che «dalla Siria del nord non è mai partito un attacco contro un altro Paese e l’Amministrazione Autonoma si è sempre impegnata per l’integrità territoriale della Siria.

Non è il sistema democratico in Siria del nord e dell’est a minacciare la Turchia, ma viceversa.

La Turchia persegue l’unico obiettivo di distruggere il sistema democratico, di scacciare la popolazione e di insediare jihadisti e le loro famiglie nei territori occupati, come ha già fatto a Efrîn.

La progettata occupazione del nordest della Siria da parte dello Stato turco non è solo un attacco ai kurdi, ma oltre che ai popoli della Siria e del Medio Oriente, anche ai popoli del mondo.

Con l’occupazione si vogliono distruggere le dinamiche democratiche in Siria e in Medio Oriente e tenere in piedi le forze reazionarie e nemiche dell’umanità.

A questo deve opporsi l’intera umanità».

La KCK, dopo aver ricordato «le molte e i molti internazionalisti che sono caduti o sono rimasti feriti in Siria del nord e dell’est», fa appello a «azioni continuative in tutto il mondo per formare un baluardo intorno ai popoli della Siria del nord e dell’est e preparare una sconfitta del fascismo dell’AKP e MHP ( Adalet ve Kalkınma Partisi, il Partito di Erdigan, e Milliyetçi Hareket Partisi, il braccio politico del movimento fascista dei Lupi Grigi, ndr).

Facciamo appello a partecipare a questa storica resistenza e far iniziare in Turchia, in Kurdistan e in Medio Oriente l’epoca della civiltà democratica».

Lasciando perdere Trump e tornando alle cose e alle persone serie, Guterres, ha detto che «una delle cose che è ugualmente chiara è che ogni soluzione per la Siria dovrà rispettare la sovranità, l’integrità territoriale e l’unità della Siria».

Peccato che nemmeno lui, prigioniero delle prudenze diplomatiche, citi mai il popolo kurdo che con il confederalismo democratico del Rojava non ha mai messo in dubbio l’integrità territoriale della Siria e che ha sconfitto sul campo chi in Siria aveva realizzato davvero un altro Stato: il Califfato nero dello Stato Islamico/Daesh.

La condanna dell’invasione voluta dal presidente turco Recep Tayyip Erdoğan arriva anche dall’Alto commissariato Onu per il rifugiati (Unhcr) che denuncia: «l’escalation del conflitto nel nord della Siria minaccia di causare più sofferenza e nuovi sfollamenti in quella che è la regione con la maggiore crisi di sfollati al mondo.

Decine di migliaia di civili si sono messi in marcia per sfuggire agli scontri e cercare un luogo sicuro».

Dopo 8 anni di guerra civile e internazionale, la crisi dei rifugiati in Siria rimane la più grande al mondo, con 5,6 milioni di siriani che vivono come rifugiati nella regione. 

La Turchia ospita oltre 3,6 milioni, il che la rende il principale Paese ospitante di rifugiati nel mondo e per farlo viene finanziata dall’Ue che tiene così sotto ricatto. 

Inoltre, secondo le stime dell’Onu, oltre 6,2 milioni di persone sono sfollate all’interno della Siria.

L’Alto Commissario Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, è molto preoccupato: «Centinaia di migliaia di civili nel nord della Siria si trovano in pericolo.

Le persone e le infrastrutture non devono essere un obiettivo».

Ma sono proprio quelle prese di mira dai bombardamenti turchi e dagli attacchi dei loro alleati jihadisti, mentre le cellule dormienti dello Stato Islamico/Daesh attaccano alle spalle i combattenti kurdi e i loro alleati progressisti arabi che denunciano un’evidente complicità tra le truppe di Erdogan e i terroristi islamisti.

L’Unhcr avverte che «la situazione delle persone coinvolte negli scontri è peggiorata dalle basse temperature nella regione con l’arrivo della stagione fredda» e evidenzia «l’urgenza che l’accesso umanitario non sia limitato, in modo che sia possibile raggiungere nuovi sfollati e offrire assistenza ove necessario. 

Le organizzazioni umanitarie devono essere in grado di continuare il lavoro cruciale che svolgono in Siria».

Per quanto riguarda l’intenzione di Erdogan di deportare nella Siria del nord 2 o 3 milioni di profughi siriani o di aprire le frontiere per mandarli in Europa se l’Ue continuerà a condannare la sua nuova guerra contro i kurdi, l’Unhcr ribadisce che «qualsiasi caso di rimpatrio dei rifugiati siriani deve essere volontario, dignitoso e condotto in un momento in cui il ritorno è sicuro. 

Sono i rifugiati che devono decidere se vogliono tornare e quando.

L’Unhcr sostiene i rifugiati siriani, gli sfollati interni e i Paesi di accoglienza fin dall’inizio della crisi nel 2011 e continuerà a offrire protezione e assistenza vitale a chi ne necessita, in particolare donne, bambini».

E proprio ai bambini pensa la direttrice esecutiva dell’Unicef Henrietta Fore.

«L’Unicef è fortemente preoccupato per gli ultimi sviluppi nel nord-est della Siria. 

Esorto tutte le parti a proteggere i bambini e le infrastrutture civili da cui dipendono, conformemente ai diritti umani e al diritto umanitario internazionale. 

L’uso di armi esplosive nelle aree popolate provoca danni inaccettabili ai bambini.

Un’escalation militare nel nord-est della Siria avrebbe conseguenze drammatiche sulla capacità degli attori umanitari di fornire assistenza e protezione a migliaia di bambini vulnerabili.

Come abbiamo detto più volte, l’unica soluzione a questo conflitto è attraverso mezzi politici. 

Tutte le parti devono esercitare la massima moderazione nell’uso della forza».

La Commissione d’inchiesta internazionale indipendente dell’Onu sulla Siria a dichiarato che «una nuova ondata di violenza è l’ultima cosa di cui hanno bisogno i siriani. Imploriamo le parti in conflitto di dar prova di prudenza e calma per evitare un’escalation delle ostilità nella quale i civili sarebbero le vittime.

Qualsiasi nuova campagna militare potrebbe condurre all’insicurezza e al caos, rischiando così di creare le condizioni per una possibile risorgenza dello Stato Islamico in Iraq e nel Levante».

Mentre tutta la politica Italiana – governo e opposizione – condanna l’invasione turca della Siria, la Rete Italiana per il Disarmo (RID) fa notare la solita contraddizione tra il dire e il fare e ha chiesto formalmente al ministro degli esteri Luigi Di Maio che «vengano sospese con effetto immediato tutte le forniture di armamenti e sistemi militari verso il Governo di Ankara, come prevede la legge 185 del 1990 che impedisce di inviare armi a Paesi in stato di conflitto armato».

Il coordinatore della RID,  Francesco Vignarca, ricorda che «la Turchia è da molti anni uno dei maggiori clienti dell’industria bellica italiana e che le forze armate turche dispongono di diversi elicotteri T129 di fatto una licenza di coproduzione degli elicotteri italiani di AW129 Mangusta di Augusta Westland.

Negli ultimi quattro anni l’Italia ha autorizzato forniture militari per 890 milioni di euro e consegnato materiale di armamento per 463 milioni di euro. In particolare nel 2018 sono state concesse 70 licenze di esportazione definitiva per un controvalore di oltre 360 milioni di euro.

Tra i materiali autorizzati: armi o sistemi d’arma di calibro superiore ai 19.7mm, munizioni, bombe, siluri, arazzi, missili e accessori oltre ad apparecchiature per la direzione del tiro, aeromobili e software».

Finlandia, Norvegia e altri Paesi hanno subito interrotto la vendita di armi alla Turchia come ritorsione per la guerra contro i kurdi del Rojava.

Giorgio Beretta analista sull’export di armi per la RID, conclude: «Non è accettabile che il nostro Paese, che ha attivamente sostenuto l’impegno delle popolazioni curde di contrasto all’ISIS, continui a inviare sistemi militari alla Turchia che oggi intende occupare militarmente i territori curdi.

E’ giunto il momento che anche il Parlamento faccia sentire la propria voce chiedendo lo stop alle forniture di sistemi militari di produzione italiana fino a che la situazione non sarà chiarita.

L’appartenenza della Turchia alla Nato non può costituire un alibi per non affrontare la questione ed assumere le necessarie decisioni».

Ieri, durante una conferenza stampa tenuta alla Camera dei Deputati, la comandante Dalbr Jomma Issa, una comandante delle Yekîneyên Parastina Jin, ypJ, le milizie femminili di autodifesa kurde del Rojava, ha sottolineati che «oggi la Turchia non attacca da sola al confine con il Rojava, ma con i miliziani [jihadisti].

Chiediamo come mai un Paese Nato possa attaccare con i miliziani la coalizione che ha combattuto lo Stato Islamico.

La Turchia può fare facilmente un genocidio, uccide tutti, bombarda tutti.

Lanciamo un appello alla comunità internazionale per fermare gli attacchi e creare una zona cuscinetto in Siria.

Purtroppo ieri sono avvenuti questi attacchi, e abbiamo le foto.

La Turchia dice che attaccano zone militari, ma qui ci sono foto che mostrano che a loro non importa di civili e militari, uccidono tutti.

Le forze kurde hanno avuto notizie di un villaggio bombardato dai turchi e tantissime famiglie sono state uccise». 

Probabilmente Erdogan le annovererà tra le centinaia di terroristi che si è già vantato di aver eliminato dall’inizio dell’invasione della Siria.

 

(Articolo di Umberto Mazzantini, pubblicato con questo titolo l’11 ottobre 2019 sul sito online “greenreport.it”)

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