Indicazioni di viaggio ai non turisti

 

Si comincia da Sant’Elia, il Bronx di Cagliari, restituito come luogo carico e suggestivo, dove si stratificano storie che producono immagini, racconti, cibi, in tragitti che scovano ogni anfratto di un quartiere che ribolle di esperienze, che si scruta dentro ma che proietta lo sguardo anche fuori, lanciandolo dal promontorio che si apre sul mare e il resto della città. Un quartiere incastrato fra mare e terra, attraversarlo seguendo la narrazione di Sant’Elia: deviazioni inedite raccontate dagli abitanti è come assaporare lentamente una delle ricette culinarie cagliaritane che scandiscono il racconto: ogni sapore richiama una strada, una piazza o un portone, un fatto storico o di cronaca, un personaggio vero o immaginario che di quel luogo compone l’anima.

La cucina infatti è il codice con cui si invita a decifrare il quartiere…

Raschia e pulisci le cozze, metti a spurgare le vongole in un contenitore con acqua di mare, lo stesso mare che bagnano le pietre di Sant’Elia.

C’è un luogo dove i suoi abitanti pescavano le vongole, cercalo, prendi come riferimento Via dei Navigatori, vai verso il Lazzaretto, a fianco dell’arco di ingresso c’è un edicola, chiedi alla donna di parlarti del porticciolo…

Le ricette sono i capitoli, i paragrafi sono i luoghi, le forme, le figure.

Piatti come la Cassola de pesci o la Buridda sono il pretesto per inviare il lettore nei luoghi da cui provengono gli ingredienti, o dalle persone che aggiungeranno alla ricetta o al quartiere quel dettaglio assolutamente unico: un consiglio per la cottura o un’antica filastrocca di accompagnamento per la preparazione.

SI TRATTA DELLA PRIMA DELLE GUIDE non guide della collana Non turismo di Ediciclo, una serie di manuali di viaggio corali frutto del lavoro di una redazione di comunità che invia il viaggiatore alla scoperta dei luoghi dimenticati, trascurati, a volte malie interpretati. Periferie delle città e margini del mondo, patrimonio fragile ma baluardo di forza allo stesso tempo, riscoperti e raccontati attraverso l’esperienza e le conoscenze dei suoi abitanti guidati da artisti e creativi in residenza.

CAMMINANDO PER VALLAZZA un tempo avresti potuto incontrare Pezzaferro, un fattore che lavorava con le pecore.

Lo chiamavano così perché quando si strappava la giacca non ne comprava mai una nuova…faceva le toppe con un filetto di ferro del fieno…

È da poco uscita la seconda perla della collana, che ci porta al centro del cratere: a Ussita, il comune nel cuore dei Monti Sibillini fra i più devastati dai terremoti del 2016.

Da un anno e mezzo di lavoro sulle storie condivise da tanti ussitani è nata una guida che una abitante ha definito sentimentale.

Con la supervisione dell’associazione C.A.S.A.- Cosa Accade Se Abitiamo, la guida propone al non turista due itinerari narrativi.

Il primo, Vivere qui, è composto da otto tragitti da percorrere in giornata, preferibilmente a piedi, che fanno attraversare tutte le frazioni di Ussita ed imbattersi nelle sue testimonianze, recenti e passate, dall’orfanotrofio del 1912 distrutto dal terremoto alle peschiere di epoca romana passando per la Val di Bove dimora della coturnice, sfiorando l’ippocastano ultracentenario di Casali.

In ogni percorso una storia, una leggenda, un aneddoto, una curiosità.

Il secondo itinerario, Dalla valle alle vette, anche se parte, attraversa e arriva in punti reali, è definito immaginario perché per percorrerlo fino in fondo servono cuore e fantasia. Il fondovalle di Fluminata e la vetta di Monte Bove sono la prima e l’ultima pagina di un libro che può essere letto anche a partire dalle pagine interne, scomponendo il cammino in tappe di una specie di gioco tri-dimensionale e tri-temporale.

Sono quattro percorsi dove lo sguardo e il cuore sono accompagnati in saliscendi in cui assieme ai profumi dei fiori si percepiscono anche gli aromi accattivanti dei cibi della tradizione rievocati passo passo, come la fregnaccia e le lenticchie alla montanara, e quelli pungenti dei vini che un tempo si lasciavano a fermentare; riecheggiano i belati delle mandrie di pecore che migravano di pascolo in pascolo o lo stridere degli ingranaggi della prima seggiovia costruita nel 1962 e abbandonata assieme alle altre infrastrutture di cui rimangono ancora gli scheletri 30 anni dopo: anche il monte Bove che vigila imponente su tutti i cammini e meta finale, porta le tracce arrugginite di quella rincorsa allo turismo invernale fermata con l’istituzione del Parco dei Monti Sibillini, quella frenesia che tante ferite ha aperto sull’Appennino e che solo un vero ripensamento dei modelli di sviluppo e della cultura della montagna possono sanare.

Che fare di fronte al terremoto, contro lo spopolamento, come vivere oggi la montagna?

Una guida che fa emergere domande a cui non ha la pretesa di dare una risposta ma di indirizzare lungo un cammino fisico e interiore che aiuti a trovarle.

GIÀ DA QUESTI DUE ESEMPI si intuisce che ogni guida è speciale e ha un taglio unico: diversa la struttura, diversa la grafica, tanto curata da meritare la fruizione della versione cartacea. La collana possiede anche una parte virtuale, infatti aumenta la realtà dei luoghi rimandando a un canale multimediale contenuto nella App Loquis che arricchisce il percorso con altre narrazioni inedite ed esclusive.

A quali luoghi saranno dedicate i prossimi numeri della collana non è ancora noto perché sono frutto di percorsi laboriosi e complessi: ci basti sapere che i cantieri di memoria e idee sono già partiti in diverse parti del paese.

(Articolo di Serena Tarabini, pubblicato con questo titolo il 30 luglio 2020 su “L’Extraterrestre” allegato al quotidiano “il manifesto” di pari data)

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