Intervento di VAS alla audizione sul Piano di Assetto della Riserva Naturale Regionale della Tenuta di Acquafredda

 

Il giorno 6 novembre 2020 si è tenuta l’audizione sul Piano di Assetto della Riserva Naturale Regionale della Tenuta di Acquafredda, che la VIII Commissione Ambiente ha concesso ai seguenti soggetti.

Si riporta di seguito l’intervento integrale del Responsabile del Circolo Territoriale di Roma della associazione VAS, dott. arch. Rodolfo Bosi.

Mi scuso se leggo il mio intervento, che ho dovuto scrivere perché riguarda una serie di vicende (specie l’ultima di cui dirò alla fine) che potrebbero forse assumere una rilevanza di carattere addirittura penale, per cui è bene che siano pesate le parole e portati fatti oggettivi.

Questa audizione è stata preceduta da una serie di “illazioni”, come le ha definite l’Assessora  Enrica Onorati, che si sono concentrate specificatamente sulla vicenda della scheda progetto n. 9 allegata alla Normativa Specifica del Piano di Assetto, relativa a 6 ettari di proprietà del Vaticano: secondo quanto riportato su un articolo del settimanale l’Espresso (pubblicato il 9 ottobre 2020) la scheda vi autorizzerebbe 180.000 mc., mentre secondo quanto riportato in un post del successivo 10 ottobre pubblicato sulla pagina facebook del consigliere Eugenio Patanè i metri cubi sarebbero molti meno, al massimo 20.000.

Ma con il suo post il cons. Eugenio Patanè ha voluto allargare la polemica anche ad una vicenda parallela alla scheda progetto n. 9 , facendolo a sproposito perché non ha niente a che vedere con il Piano di Assetto in quanto riguarda i rimanenti 111 ettari circa di proprietà sempre del Vaticano, dove su una ex zona M1 di Servizio Pubblico Generale del PRG del 1965, che è stata poi cancellata, c’era la possibilità di edificare  circa 300.000 mc.: ha accusato il settimanale l’Espresso di stare a scrivere “fandonie” sul presupposto errato che i 180.000 mc. riguardassero questa 2° vicenda, quando invece sono inequivocabilmente attribuiti senza possibilità di equivoco alla scheda progetto n. 9.

Nello stesso equivoco sembra essere incorsa anche l’Assessora  Enrica Onorati in occasione della seduta iniziale sul Piano di Assetto di questa Commissione che si è tenuta il 10 ottobre 2020, quando con riferimento alla scheda progetto n. 9 ed alle “illazioni” che ci sono state ha dichiarato (come riportato sul sito della Regione) che “la questione nasce  dall’esistenza di una delibera del Comune di Roma del 2011, non attuata ma mai cancellata, che riconosceva un diritto edificatorio su terreni di proprietà dell’APSA (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica) siti all’interno della riserva.

Faccio presente al riguardo che ogni Piano di Assetto non può e non  deve tener conto di chi sono le aree che pianifica, per cui deve prescindere dalle proprietà delle aree e dalle questioni urbanistiche legate ad esse, senza esserne influenzato e condizionato nelle scelte di pianificazione: anticipo per fare chiarezza che i diversi vizi di legittimità che ho rilevato nel Piano di Assetto in un documento che ho già trasmesso a questa Commissione esulano dalle proprietà e permarrebbero comunque in tutta la loro oggettività anche se le proprietà di cui stiamo parlando fossero del Comune e non del Vaticano.

Per evitare che l’equivoco tra le 2 separate vicende rimanga, mi vedo costretto a ripercorrere i fatti relativi a questa 2° vicenda, per rilevarne anche qui dei seri vizi di legittimità.

L’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (in sigla A.P.S.A.) ed il Capitolo di San Pietro in Vaticano erano proprietari di aree per circa 117 ettari  in località “Acquafredda”, che il PRG del 1965 destinava per 26,7 ettari a zona M1 (Servizio Pubblico Generale), per 29 ettari a zona H1 (agricolo), per 56,7 ettari a Zona H2 (Agricolo Vincolato) e per 4,85 ettari a zona N (Parco pubblico).

Con deliberazione n. 92 il Consiglio Comunale ha poi approvato la cosiddetta “Variante delle Certezze”, che ha declassato la zona M1 e la zona H2 a zona H1 (destinazione agricola), stabilendo l’integrale cancellazione dell’edificabilità prevista per la zona M1 (che con un indice di 2 mc/mq, consentiva una edificazione di circa 300.000 mc.): la cancellazione delle cubature ha spinto l’APSA a presentare ricorso al TAR Lazio di Roma per l’annullamento della delibera relativa alla  “Variante delle Certezze”.

Il ricorso è stato dichiarato alla fine improcedibile per carenza d’interesse del ricorrente 21 anni dopo, con Decreto Decisorio del Presidente del TAR Lazio Roma del 8 agosto 2018 n. 5037: pertanto le aree dell’APSA all’interno della Riserva Naturale della Tenuta di Acquafredda hanno conservato la destinazione agricola impressa ad esse dalla Variante delle Certezze.

La “carenza di interesse” si è manifestata in questo frattempo e precisamente il 20 ottobre 2004, quando – dopo l’adozione quindi del Piano di Assetto – è stato sottoscritto un Protocollo di Intesa tra l’A.P.S.A., la Regione Lazio, il Comune di Roma e l’Ente Roma Natura, in base al quale è stato istituito un Comitato di Coordinamento al fine di rendere operative le intese sottoscritte riguardanti la cessione al Comune da parte dell’A.P.S.A. di ca. 88 ettari della Tenuta per l’attuazione del Parco dell’Acquafredda in cambio dello stralcio dal perimetro del Parco di un’area di ca. 20 ettari (in contiguità con lo svincolo che dalla Via Aurelia dà accesso alla Via dell’Acquafredda) e il riconoscimento all’A.P.S.A. di una volumetria complessiva di ca. 310.000 mc.

Si tratta di un Protocollo totalmente viziato di legittimità perché a monte non era più vigente a quel momento l’edificabilità della ex zona M1 di 300.000 mc. circa, in quanto cancellata e trasformata in zona H1, per cui non può esistere una compensazione urbanistica di un terreno agricolo.

A seguito di verifiche con l’Amministrazione Regionale, nell’ambito dei lavori della Commissione istituita nel 2004, il 13 ottobre 2008 è stato accertato che qualsiasi soluzione edificatoria sulla Tenuta di Acquafredda non era più percorribile a fronte dei rilevanti livelli di tutela imposti soprattutto dal P.T.P. n. 15/4 “Arrone-Galeria  e dal P.T.P.R. adottato nel 2007: l’A.P.S.A. ha allora proposto una riduzione dell’area in cessione al Comune, da 88 ettari a 60 ettari con conseguente proporzionale diminuzione delle volumetrie di compensazione, indicando come localizzazione di detta volumetria, un’area agricola in sua proprietà, in località “La Mandriola” al Laurentino, parte della quale già interessata da un Piano di Zona denominato “C29”, ATO prevalentemente residenziale nel Nuovo PRG adottato nel 2003.

Anche questa proposta è viziata di legittimità dal momento che in base alla “Variante delle Certezze” non c’era più nessuna volumetria da compensare.

Il 1 febbraio 2010 il MIBAC ha assoggettato anche l’area della “Mandriola” a vincolo paesaggistico che l’A.P.S.A. ha impugnato al TAR del Lazio: con sentenza n. 33743 del 22 novembre 2010 il TAR ha respinto il ricorso ma ha riconosciuto il consolidamento della “posizione qualificata” di APSA, rispetto alla conservazione dei “diritti edificatori” che ha sostanzialmente rinvenuto dalla cessione al Comune dell’area dell’Acquafredda, perché nel frattempo era stato approvato il Piano di Zona.

Con deliberazione n. 62 del 4/5 agosto 2011 l’Assemblea Capitolina ha autorizzato la compensazione urbanistica riferita a parte dell’area della Tenuta dell’Acquafredda di circa 60 ettari (che risultano poi effettivamente ceduti gratuitamente proprio in forza di questa deliberazione), in cambio della rinuncia al ricorso all’epoca ancora in corso contro la “Variante delle Certezze” e del riconoscimento di uno ius aedificandi pari ad una S.U.L. residenziale di mq. 65.625 (mc. 210.000), ai sensi dell’art. 19 delle NTA del PRG vigente, “da localizzarsi successivamente” in aree a tutt’oggi ancora da reperire (dovrebbero essere le “zone di riserva” del PRG), ma sempre e comunque al di fuori ormai della Riserva Naturale della Tenuta di Acquafredda.

Come si può ben vedere, è rimasta cancellata l’edificabilità su questi 111 ettari circa, che il Piano di Assetto destina correttamente a Sottozona C1 (di protezione delle aree a coltivazione estensiva), mentre  è rimasta la possibilità di edificare sui rimanenti 6 ettari di proprietà del Vaticano destinati a sottozona D5 (Servizi ricreativi, sportivi e per il tempo libero), per motivare i quali la scheda progetto n. 9 in modo del tutto inappropriato e comunque anomalo riporta come annotazione che “l’Ente ecclesiastico proprietario di una porzione rilevante dell’area ovest della Riserva ha manifestato l’interesse alla valorizzazione dei terreni, per scopi socio – sanitari”.

Ne deriva in conclusione che la delibera n. 62 del 2011 non ha niente a che vedere con la scheda progetto n. 9 per cui non è da essa che nasce la “illazione” che c’è stata: a questa delibera ha voluto fare riferimento anche il cons. Eugenio Patanè in occasione della seduta iniziale sul Piano di Assetto di questa Commissione che si è tenuta il 10 ottobre 2020, aggiungendo – come risulta sempre dal sito della Regione – che “comunque la delibera del Comune di Roma resterebbe in piedi anche eliminando la scheda progetto n. 9, quella al centro della polemica.

Ai fini dell’esame del Piano di Assetto a cui è chiamata questa Commissione la delibera in questione serve solo e caso mai per la parte in cui viene riconosciuto fin dal 2011 il divieto di edificazione a fini non agricoli prescritto tanto dal P.T.P. n. 15/4 quanto dal P.T.P.R..

Estratto della Tav. A – Foglio 374 del P.T.P.R.

Il P.T.P.R. destina i 6 ettari di proprietà del Vaticano a “Paesaggio Agrario di Valore”, dove La Tabella B dell’art. 25 delle Norme dispone rispettivamente che non sono consentite nuove realizzazioni residenziali e non sono consentiti nemmeno insediamenti alberghieri.

Passiamo ora ad illustrare i diversi vizi di legittimità che sono apparsi evidenti nella sequenza degli atti adottati in ordine cronologico, cominciando dalla deliberazione n. 15 del 3 marzo 2003 con cui il Consiglio Direttivo dell’Ente Roma Natura ha adottato a maggioranza (con il voto contrario di Mirella Belvisi) il Piano di Assetto della riserva naturale della Tenuta di Acquafredda.

Non è stata tenuta in alcun conto la destinazione a zona agricola del P.T.P. n. 4 “Arrone-Galeria”  e delle sue norme che valgono in modo prescrittivo solo per le aree soggette a vincolo paesaggistico e che a quel momento erano diventate pertanto cogenti e sovraordinate riguardo alla riserva regionale della Tenuta di Acquafredda, istituita contestualmente alla legge regionale n. 29/1997, perché assoggettata in modo automatico a vincolo paesaggistico dalla cosiddetta “legge Galasso” n. 431 dell’8 agosto 1985.

Sul sito della Regione Lazio non è disponibile la documentazione relativa al P.T.P. n. 15/4, che dovrebbe però aver destinato i 117 ettari a conduzione agricola di proprietà del Vaticano a zona di Tutela Paesaggistica (TP), sottozona TPb – Tutela dei paesaggi agrari di grande estensione: lo si desume anche dal confronto con il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) che è stato adottato nel 2007 e di cui dirò più avanti.

Nelle sottozone TPb tutti i Piani Territoriali Paesistici di Roma consentono soltanto nuove edificazioni subordinate alla redazione di un Piano di Sviluppo Agricolo esteso all’intera superficie aziendale: le Norme del P.T.P. n. 15/4 prescrivono quindi il divieto di edificabilità per destinazioni diverse da quella agricola.

Oltre al suddetto vizio di legittimità, appare grave l’altro vizio di legittimità relativo alla destinazione a sottozona D5, dal momento che i 6 ettari non riguardano affatto delle “aree  più estesamente modificate da processi di antropizzazione”, come prescrive la legge n. 29/1997, dal  momento che non vi risulta a tutt’oggi costruito nessun fabbricato nemmeno di tipo agricolo.

Come già detto precedentemente, in base alle prescrizioni della scheda progetto n. 9, è stato calcolato da qualcuno che sui 6 ettari potrebbero essere costruiti palazzi di più di 10 metri di altezza, per un totale di oltre 180.000 metri cubi: secondo quanto dichiarato invece il 10 ottobre 2020 dal cons. Eugenio Patané potrebbero essere meno di 20.000 mc..

Senza tener conto né del P.T.P. n. 15/4 “Arrone Galeria” né del P.T.P.R. adottato nel frattempo dal 2007, con Deliberazione del Consiglio Direttivo n. 18 del 30 giugno 2009 l’Ente di Gestione Roma Natura ha approvato le controdeduzioni alle n. 4 osservazioni pervenute nei termini e all’osservazione pervenuta oltre i termini, ma poi ha aspettato ben 5 anni per trasmettere alla Regione Lazio il Piano adottato, le osservazioni e il parere alle osservazioni.

Lo ha fatto con deliberazione  n. 30 del 20 novembre 2014 dell’allora commissario straordinario dell’Ente Roma Natura Maurizio Gubbiotti che è relativa alla “Integrazione documentale e aggiornamento delle schede progetto e relativi elaborati tecnici per il completamento dell’iter tecnico amministrativo del piano di assetto della Riserva Naturale dell’Acquafreddda”.

Benché non espressamente richiamata nella suddetta deliberazione, I’integrazione documentale e l’aggiornamento delle schede progetto è stata operata dopo 10 anni dalla data di adozione del Piano di Assetto, quando avrebbe dovuto essere applicato quanto dispone il comma 5 bis della legge regionale n. 29/1997, ai sensi del quale “il piano dell’area naturale protetta è aggiornato almeno ogni dieci anni. Agli aggiornamenti ed alle variazioni del piano si provvede secondo le procedure previste dal presente articolo per la sua adozione ed approvazione.

La suddetta procedura non è stata rispettata e benché a quel momento fosse stata approvata la deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 62/2011 che riconosce esplicitamente il divieto di edificabilità per finalità diverse da quella agricola, prescritto sia dal P.T.P. n. 15/4 che dal P.T.P.R., il dichiarato “aggiornamento” non ha riguardato la scheda progetto n. 9, che ha mantenuto una indebita edificabilità per servizi socio-sanitari e ricettivi.   

 

Con  successiva nota prot. n. 4464 del 9 dicembre 2014 l’Ente Roma Natura ha trasmesso alla Regione Lazio tutta la documentazione relativa al Piano per la sua definitiva approvazione.

Come riportato sul sito stesso della Regione Lazio, gli uffici regionali debbono condurre l’esame istruttorio di ogni Piano di Assetto, verificando la conformità degli atti e degli elaborati alle leggi ed ai piani sovraordinati: per il caso in esame questi “piani sovraordinati” dovevano essere sia il P.T.P. n. 15/4 “Arrone-Galeria” che il P.T.P.R. all’epoca ancora adottato che sono stati invece del tutto ignorati in sede istruttoria.

Con determinazione  n. G09561 del 12 agosto 2020 il Direttore della Direzione Regionale Capitale Naturale, Parchi e Aree Protette, dott. Vito Consoli, ha approvato le risultanze della Relazione istruttoria redatta dagli uffici, senza rilevare nemmeno lui la violazione delle prescrizioni di inedificabilità a scopi non agricoli  dettate sia dal P.T.P. n. 15/4 che dal P.T.P.R.: l’istruttoria effettuata ha verificato addirritura la compatibilità del Piano dell’area naturale protetta con il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR).

La Giunta Regionale a sua volta ha licenziato per l’approvazione definitiva del Piano di Assetto la proposta di deliberazione n. 49 del 29 settembre 2020, senza rilevare anch’essa nessun vizio di legittimità nella scheda progetto n. 9.

A tal ultimo riguardo nel suo post del 10 ottobre 2020 il cons. Eugenio Patané ha affermato che “proprio perché non aveva avuto osservazioni contrarie, la Giunta regionale non poteva espungere dal Piano quella scheda perché questo avrebbe significato la necessità di ripubblicare il piano e ridare avvio ad un altro iter decennale di approvazione, quando invece abbiamo oggi l’obbligo del TAR di approvarlo in tempi rapidissimi”.

Si fa presente che il 4° comma dell’art. 26 della legge regionale n. 29/1997 stabilisce testualmente che “la Giunta regionale, previo esame, da effettuarsi entro il limite di tre anni, della struttura regionale competente in materia di aree naturali protette, apporta eventuali modifiche ed integrazioni, pronunciandosi contestualmente sulle osservazioni pervenute e ne propone al Consiglio regionale l’approvazione”.

Fra le possibili “modifiche” da apportare al Piano di Assetto che spettano di diritto alla Giunta Regionale c’era la eliminazione della sottozona D5 relativa alla scheda progetto n. 9 per causa del divieto di edificabilità per destinazioni diverse da quella agricola, prescritto sia dal P.T.P. n. 15/4 che dal P.T.P.R. e riconosciuto dalla stessa Regione Lazio fin dal 2011 a seguito delle verifiche effettuate con il Comune di Roma che hanno portato alla approvazione della deliberazione n. 62 dello stesso anno.

Il post del 10 ottobre 2020 del cons. Eugenio Patanè è diventato un comunicato ANSA del Gruppo regionale del Partito Democratico  che ha invitato il settimanale “L’Espresso” ad approfondire la vicenda per evitare usi strumentali.

Su “l’Espresso del 19 ottobre 2020 è stato pubblicato un articolo dal titolo “Così una ‘manina’ ha cambiato i piani e autorizzato il cemento nel parco del Vaticano”, che riporta la seguente notizia: ”L’8 luglio 2020 Roma Natura, …, invia una nota in cui chiede «alcune parziali modifiche e/o integrazioni alla documentazione di Piano», in particolare «lo stralcio/revoca della scheda progetto n. 9» dichiarando la sostanziale incompatibilità con la zona che è di «notevole valenza ambientale» e quindi «in evidente antitesi con gli interventi di trasformazione urbanistico/edilizia così come previsti dalla Scheda Progetto n. 9, fra l’altro descritti in maniera troppo generica»”.

Si tratta della nota prot. n. 2011 del 28 luglio 2020, pubblicata dall’Espresso, con cui  l’Ente Roma Natura ha chiesto la riconversione della sottozona D5 a sottozona C1, come ha proposto questa associazione nella nota trasmessa il 10 ottobre scorso: lo ha fatto motivando questa sua stessa “riconversione” a distanza di 17 anni dalla adozione del Piano a causa di “specifiche istanze promosse liberamente nel mese di luglio da parte di associazioni locali e da privati”.

Dopo la nota  suddetta, a due giorni di distanza l’Ente Roma Natura trasmesso una 2° nota prot. n.  20 45 del 20 luglio 2020 “di parziale modifica della nota prot. n. 2011 del 28.07.2020”, con cui ha sottoposto all’esame della Regione Lazio “alcune modifiche e/o integrazioni in vista del riavvio dell’iter approvativo”, che non hanno riguardato la scheda progetto n. 9 di cui è rimasta la richiesta di riconversione a sottozona  C1.

A quest’ultimo riguardo il 2° articolo pubblicato da L’Espresso  scrive: “Una richiesta, questa dello stralcio, che tuttavia cade nel vuoto, perché qualcuno negli uffici della Regione fa sì che quel documento di Roma Natura, insieme coi successivi nei quali si mantiene il parere relativo alla scheda progetto n. 9, venga interpretato, nella determina dirigenziale inclusa nel parere di Giunta, non come una integrazione nella quale l’ente chiede il superamento del progetto, ma come una smentita della nota in cui Roma Natura fa quella espressa richiesta di stralcio. In pratica «l’antitesi» tra gli interventi di edificazione previsti e la «notevole valenza ambientale» viene cancellata.

Le 2 note dell’Ente Roma Natura scoperte dal settimanale L’Espresso sono state trasmesse al Direttore della Direzione Regionale Capitale Naturale, Parchi e Aree Protette, dott. Vito Consoli, che con la determinazione n. G09561 del 12 agosto 2020, cui fa esplicito riferimento l’Espresso, ha operato l’interpretazione  che ha portato ad una inversione che ne ha falsificato il senso.

In allegato alla suddetta Determinazione Dirigenziale il dott. Vito Consoli ha approvato una “Relazione tecnica istruttoria”, che non risulta essere stata messa a disposizione né di consiglieri né di chi è stato invitato a partecipare a questa audizione, ma di cui il sottoscritto è riuscito ad avere nel frattempo una copia.

Alla pag. 43 della Relazione tecnica istruttoria è riportata la seguente nota: “il contributo di Roma Natura  30 luglio 2020, prot. 2045 ha SOSTITUITO INTEGRALMENTE la nota 2011/2020 ERRONEAMENTE INVIATA IN PRECEDENZA”    

A tal ultimo riguardo l’articolo del settimanale  L’Espresso si chiude nel modo seguente: “A questi interrogativi si sommano ora anche quelli che dovrà dipanare la Regione Lazio per comprendere quale “manina” abbia ritenuto i documenti di Roma Natura sostitutivi e non integrativi del diniego spalancando così le porte ad un sacco immobiliare di cui la politica non si era accorta o che ha fatto finta di non vedere”.

Appare evidente che la novità scoperta dal settimanale “l’Espresso”, come ho detto all’inizio del mio intervento, potrebbe forse assumere ora anche una rilevanza di carattere addirittura penale.

L’articolo del L’Espresso del 9 ottobre 2020 si chiude facendo sapere che “il consigliere Marco Cacciatore del Gruppo Misto presenterà un emendamento per cancellare la lottizzazione”: nel post del giorno successivo del cons. Eugenio Patané viene fatto sapere che “noi siamo a prescindere contrari a quell’edificazione – che non erano 180 mila mc ma molti meno, al massimo potevano essere 20mila – e presenteremo in Commissione, come abbiamo detto mille volte pubblicamente ai cittadini, un emendamento per la soppressione della scheda progetto in questione”.

Faccio presente in conclusione che la “cancellazione” o “soppressione” che dir si voglia della scheda progetto n. 9 non è una questione di “discrezionalità politica”, ma di un preciso ed inderogabile obbligo che spetta al Consiglio Regionale e che è quello di rispettare quanto prescrive il 3° comma dell’art. 145 del D.Lgs. n . 42/2004 (“Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”), ai sensi del quale le disposizioni sia del P.T.P. n. 15/4 che del P.T.P.R. sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute in atti di pianificazione territoriale come il Piano di Assetto della riserva naturale della Tenuta di Acquafredda.

Si tratta di un obbligo sancito dalla Corte Costituzionale con  sentenza n. 180 del 19 maggio 2008 e riconosciuto anche dalla legge regionale n. 29/1997 che al comma 6 dell’art. 26 dispone che resta fermo quanto previsto dall’articolo 145 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.

In considerazione di tutti i vizi di legittimità evidenziati si dovrebbe procedere a:

– eliminare del tutto la scheda progetto n. 9;

– modificare nella Tav. 1 la destinazione della sottozona D5 a sottozona C1 (Zona di protezione delle aree a coltivazione estensiva), la più congrua con la destinazione del PTPR a “Paesaggio agrario di valore”);

– eliminare tutti i periodi che fanno riferimento alla scheda progetto n. 9 o comunque ai 6 ettari di proprietà del Vaticano, sia nella Relazione illustrativa (pagg. 108-109) sia nelle Norme Tecniche di Attuazione (pagg. 169-170) sia nelle Tavole 4 e 5 (pag. 218).

Nella malaugurata ipotesi che ciò non avvenga la delibera di approvazione del Piano di Assetto sarebbe impugnabile presso tutte le sedi ritenute più opportune.

Grazie.

Dott. Arch. Rodolfo Bosi

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Riserva Acquafredda, audizioni in commissione ottava sul piano di assetto

Al centro del dibattito la questione della scheda progetto n. 9, che molte polemiche ha suscitato nelle scorse settimane.

06/11/2020 – Eliminare la discussa scheda progetto n. 9 dal piano di assetto della riserva naturale della tenuta di Acquafredda, fin dai lavori in sede di commissione: questo il proposito scaturito dalla seconda audizione tenutasi oggi  in commissione ottava Agricoltura e ambiente, presieduta da Valerio Novelli, in cui sono stati ascoltati gli interessati al piano, associazioni ambientaliste e rappresentanti della categoria degli agricoltori, prima di dare inizio all’esame dell’articolato.

La  proposta di deliberazione consiliare n. 49 del 29 settembre 2020, concernente “Approvazione del Piano della Riserva Naturale della Tenuta di Acquafredda – Roma di cui all’articolo 26 della legge regionale 6 ottobre 1997, n. 29 ‘Norme in materia di aree naturali protette regionali’ e successive modifiche”, era stata presentata in una precedente seduta del 20 ottobre scorso, in cui l’assessore Onorati aveva destituito di fondamento le voci circolate a proposito di un intento di edificazione all’interno della riserva, con riferimento appunto alla scheda progetto n. 9 del piano, voci che avevano alimentato molte polemiche da parte delle associazioni ambientaliste in particolare.
Queste sono state le prime a intervenire oggi, con Italia nostraTerritorio Roma, VAS onlus e Carte in regola.

Auspicato un chiarimento definitivo della vicenda con l’eliminazione della scheda progetto n. 9 a proposito della quale specialmente Rodolfo Bosi di Vas onlus ha parlato di un vero e proprio vizio di legittimità, più che di una mera questione di opportunità politica.

Luigi Tamborrino di Territorio Roma ha detto di condividere comunque il metodo di lavoro e di apprezzare il fatto che questa consiliatura stia tenendo alta l’attenzione sull’ambiente.

Per  Carte in regola, Anna Maria Bianchi ha auspicato una maggiore trasparenza nella gestione della vicenda, che eviti di continuare a tirare in ballo la delibera del comune di Roma del 2011 (quella che riconosceva il diritto edificatorio sui terreni di proprietà dell’APSA, Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, siti all’interno della riserva), poiché il tema ormai è la scheda progetto.
Ascoltate anche le associazioni di categoria del settore agricolo: Coldiretti Lazio, con Niccolò Sacchetti, ha apprezzato il lavoro impostato dal direttore Vito Consoli e ha formulato un paio di osservazioni su questioni di competenza della categoria da lui rappresentata.

Confagricoltura Lazio, con Andrea Virgili, ha espresso anch’egli apprezzamento per la procedura che si sta seguendo e ha posto il problema del rapporto tra ambiente e agricoltura.

Per la Confederazione AEPI, il responsabile regionale Lazio per l’agricoltura Antonio Stea ha chiesto la costituzione di un partenariato pubblico privato all’interno della scheda n. 11.

A nome della Associazione produttori agricoli dell’Acquafredda, Adriano Crocetti ha auspicato una rapida approvazione di questo piano di assetto per dare prospettive di sviluppo al settore agricolo.
Tra i consiglieri, Eugenio Patanè, citato da alcuni degli intervenuti, ha precisato che si intende presentare un emendamento già in commissione per la soppressione della scheda progetto numero 9.

Ciò era stato chiarito fin da luglio scorso, ha proseguito il consigliere del Pd, definendo strumentale un articolo di stampa citato da alcuni intervenuti e concludendo che la regione si assumerà le sue responsabilità in questa vicenda, ma che chi poteva farlo prima non lo ha fatto, per ben 18 anni.

Ha ragione tuttavia Bosi, secondo Patanè,  a dire che eliminare la scheda progetto non tocca la delibera del 2011, che concedeva le cubature; pertanto non basta il piano di assetto a risolvere il problema, ci vorrà anche un tavolo con il comune di Roma per chiudere definitivamente la questione.

Per Marco Cacciatore del gruppo misto, anche se la scheda progetto si poteva eliminare fin dalla redazione del piano, non è il caso di montare una polemica su questo; Cacciatore ha detto di ritenere la delibera del comune di Roma illegittima fin dagli inizi, in quanto scambiava delle cubature con un terreno agricolo in cui non era possibile edificare.

Cacciatore ha annunciato che lui stesso presenterà un emendamento soppressivo della scheda progetto ma che sarebbe importante a suo avviso sentire cosa pensa il comune di Roma di questa vicenda.

A cura dell’Ufficio stampa del Consiglio Regionale del Lazio

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N.B. – Secondo il resoconto “l’assessore Onorati aveva destituito di fondamento le voci circolate a proposito di un intento di edificazione all’interno della riserva, con riferimento appunto alla scheda progetto n. 9 del piano”: se la incriminata scheda progetto n. 9 è stata licenziata così come è a tutt’oggi dalla Giunta Regionale, vale a dire rimandando “a un successivo accordo di programma la definizione dei parametri urbanistici dell’intervento, pur fissando altezza media e massima dal piano di campagna, in rispettivamente 7,50 mt. e 10,50 mt.”, è contraddittorio se non  paradossale che l’assessore Onorati arrivi ad  affermare che è destituita di fondamento una scheda di questo tipo a cui ha dato anche lei il suo voto favorevole.

Il cons. Eugenio Patanè è voluto intervenire per replicare a chi l’ha ripetutamente citato e per sua stessa ammissione si è “accalorato” per ribadire l’accusa al 1° articolo del settimanale l’Espresso di “strumentalità”, sul presupposto che dovesse sapere che era stata chiarita fin dal luglio scorso la sua volontà di presentare un emendamento soppressivo della scheda progetto n. 9.

Il 1° articolo del settimanale l’Espresso, pubblicato il giorno precedente alla prima seduta iniziale della VIII Commissione sul Piano di Assetto, non poteva conoscere l’impegno assunto a livello personale dal cons. Patanè a seguito dell’incontro riservato avuto con dei cittadini: a dimostrazione che non poteva e non voleva essere di certo “strumentale”, l’articolo si chiude facendo sapere ciò che gli era  noto a quel momento, vale a dire che “il consigliere Marco Cacciatore del Gruppo Misto presenterà un emendamento per cancellare la lottizzazione”.

Il cons. Eugenio Patané ha accusato il settimanale l’Espresso di avere scritto “fandonie” perché a suo giudizio (testo integrale del suo post) “si tratta di due vicende diverse che nulla hanno a che vedere l’una con l’altra e che artatamente vengono messe insieme per creare un caso che non esiste o che riguarda solo in minima parte l’approvazione del piano d’assetto del Parco dell’Acquafredda”.

Alla seconda vicenda il cons. attribuisce i 180.000 mc. che il 1° articolo del settimanale L’Espresso cita con inequivocabile riferimento alla 1° vicenda della scheda progetto n. 9: ne è una riprova indiretta il fatto che riguardo alla 2° vicenda (a cui il 1° articolo non fa nessun riferimento e che quindi non ha artatamente messo insieme) si è sempre parlato solo e soltanto di 300.000 mc. poi abbassati a 210.000 mc. e mai di 180.000 mc..

Ne deriva in conclusione che, se strumentalità c’è stata, questa è imputabile caso mai proprio al cons. Eugenio Patanè, che non sembra essere stato minimamente colpito – al pari del resto dei consiglieri presenti alla audizione – dalla notizia della “manina” scoperta nel 2° articolo del settimanale L’Espresso.

Il cons. Patanè nel suo intervento di ieri pomeriggio è voluto tornare in modo “strumentale” (oltre che del tutto fuori luogo, perché di competenza del Comune di Roma) sulla seconda vicenda incentrata sulla delibera del 2011, per affermare che “ci vorrà anche un tavolo con il comune di Roma per chiudere definitivamente la questione”.

Sia il cons. Patané che il cons. Cacciatore si sono dichiarati convinti che la deliberazione n. 62/2011 sia illecita perché opererebbe una compensazione urbanistica di un terreno agricolo, quando così non è.

Come ritengo di avere ben chiarito nel mio intervento, sicuramente viziati di legittimità sono stati il Protocollo d’Intesa del 20 ottobre 2004, perché a monte non era più vigente a quel momento l’edificabilità della ex zona M1 di 300.000 mc. circa, in quanto cancellata e trasformata in zona H1, così come per gli stessi motivi la proposta del 2008, ma non  la deliberazione n. 62/2011 perché con sentenza n. 33743 del 22 novembre 2010 il TAR ha riconosciuto il consolidamento della “posizione qualificata” di APSA, rispetto alla conservazione dei “diritti edificatori” che ha sostanzialmente rinvenuto dalla cessione al Comune dell’area dell’Acquafredda, perché nel frattempo era stato approvato il Piano di Zona.

Dal momento che l’A.P.S.A. in forza della suddetta delibera ha già ceduto gratuitamente al Comune 60 ettari dentro la riserva regionale, per i quali  non è nemmeno lontanamente immaginabile una “retrocessione” delle aree che andrebbe peraltro a colpire gli agricoltori che si ritroverebbero più a coltivare aree del Comune, “tornare ad un tavolo di concertazione” come vorrebbe il cons. Patanè si tradurrebbe nell’obbligo di consentire definitivamente al Vaticano una edificabilità di 210.000 metri cubi al di fuori della riserva regionale in aree a tutt’oggi non reperite, che non risulta che sia stata mai sollecitata per ben 9 anni dallo stesso Stato Pontificio.

Dott. Arch. Rodolfo Bosi

 

 

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